L'importante non è cosa guardi, ma cosa vedi
 
Domenica 29 dicembre 2013: Schloss Hohenschwangau e Schloss Neuschwanstein

Domenica 29 dicembre 2013: Schloss Hohenschwangau e Schloss Neuschwanstein

Dopo una notte di quiete assoluta alla Pension Carina e una colazione a base di prosciutto, formaggio, salmone, yogurt, pane, marmellata e tè nero, carichiamo le nostre cose e usciamo alla ricerca della biglietteria dei castelli, per i quali ho già fatto la prenotazione da casa. La distanza è di circa 6 chilometri, il tempo è grigio ma non sembra che debba piovere. Tutto intorno si vedono solo montagne innevate stagliarsi contro un cielo ovattato, poco lontano un lago luccica nel gelo invernale. Cerco di seguire le indicazioni stradali e quelle del GPS insieme a Luca per essere sicuri di non sbagliare strada, quando ad un tratto alzo gli occhi e mi appare davanti come una visione magica: Neuschwanstein!

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Bianco e turrito, elegantissimo, posato in cima a uno spuntone di roccia come un nido gigantesco, circondato da nuvole e nebbia: una visione così suggestiva da sembrare frutto della magia di Hollywood! Invece era solo il sogno del Re Pazzo, trasformato in realtà tra il 1869 e il 1886. Proseguiamo verso il parcheggio e li accanto vediamo subito dopo anche il castello di Hohenschwangau, il primo costruito cronologicamente parlando, che si alza sulla collina più a destra, molto più grande e tradizionale, con mura, merli, torri e bastioni. Però, e’ giallo. Completamente giallo, di una bella sfumatura color tuorlo, elegante in effetti, ma insolito, quanto meno. Mai visto un castello così giallo, prima. Beh.

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Parcheggiamo (5€ per la giornata) e andiamo al Ticket Center a convertire le prenotazioni in biglietti. I gestori della pensione di ieri sera ci hanno dato un coupon di sconto per la visita dei castelli, e una ragazza alla biglietteria ci conferma che possiamo utilizzare anche quello. Lo Schloss Neuschwanstein è compreso nel Ticket Partner cumulativo fatto ieri, quindi non paghiamo nulla per entrare, mentre lo Schloss Hohenschwangau è privato, e’ ancora di proprietà degli eredi della ex famiglia reale dei Wittelsbach di Baviera, quindi bisogna pagare l’ingresso extra di 11,00€ a testa (con lo sconto). La prenotazione online costa 1,80€ a persona a castello, e probabilmente è indispensabile quando si viene qui in estate e ci sono code chilometriche con attese di ore, ma oggi l’afflusso di turisti è normale e si poteva benissimo farne a meno, risparmiando quei 7,20€. Pazienza, l’importante è essere qui.

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Saliamo a piedi la salita che porta al primo castello, quello giallo di Hohenschwangau, non molto lunga ma ripida, fiancheggiata da bellissime case e hotel decorati in puro stile bavarese, e incrociamo anche la carrozzella con i cavalli di cui avevo letto nel sito, che ti porta su pagando un extra di circa 6,00€ a persona. Poveri cavalli, a fare tutta quella fatica con questo freddo, e comunque a noi piace camminare per vedere tutto quello che c’è intorno. Ce la prendiamo comoda visto che abbiamo più di un’ora prima del nostro turno, e torniamo fino alla macchina a cambiarci le scarpe per essere nelle condizioni ideali per questa visita. Dato che i visitatori dei castelli sono moltissimi (una media di 3000 persone al giorno con picchi di oltre 5000 in agosto!), le visite sono solo guidate, divise a gruppi linguistici e scandite da orari precisi assegnati dalla biglietteria. Non si può assolutamente entrare prima del proprio turno, e se si fa tardi anche di pochi minuti si perde il diritto alla visita, senza né a né ba. Organizzazione molto germanica!

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Saliamo lentamente la via che porta al castello, ricostruito come residenza di caccia nel 1832-1836 da Maximilian, padre di Ludwig, sui resti di un antico castello medievale, che diventa sempre più grosso e imponente a mano a mano che ci avviciniamo. Torri, archi, merlature, mura, tutto ci viene incontro e ci accoglie con solennità regale.

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All’interno delle mura di cinta scopriamo un giardino molto armonioso, non grande ma elegante, più romantico di quanto ci saremmo aspettati. Purtroppo non ci sono fiori, per via della stagione invernale, e tutte le famose fontane con le statue e i giochi d’acqua volute da Ludwig sono coperte da strutture di legno che le proteggono dal gelo notturno. Peccato perché pare che siano molto belle, specialmente quella detta dei Leoni, ispirata a quella dell’Alhambra andalusa. Si vede che è destino che non la vediamo, questa famosa fontana, visto che anche quando siamo andati fin là per ammirare quella originale, era chiusa al pubblico per un importante restauro.

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Comunque, la cosa più spettacolare quassù è la vista, che si apre a libro sulla distesa della piana bavarese e sulle montagne tutte intorno, e soprattutto sullo Schloss Neuschwanstein, candido come zucchero, immerso nella nebbia del mattino che lo fa apparire e sparire ai nostri occhi come una visione d’incanto.

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Facciamo un giro nello shop, anche per riscaldarci un po’ dopo la lunga passeggiata nell’aria fredda, e finalmente alle 11,40 tocca anche a noi entrare. La guida che ci accompagna è una ragazza italiana che ci spiega tutto della storia del castello e delle incredibili decorazioni che ricoprono completamente le pareti e i soffitti. Gli interni, dove è vietato scattare foto, sono belli, ma decisamente insoliti. Tutto è decorato in tema medievale, in ogni sala ci sono enormi affreschi che raffigurano episodi delle saghe cavalleresche germaniche più famose, con cavalieri in battaglia, eroi dai lunghi capelli, dame in tuniche color pastello e bionde trecce, cavalli, lance, calici e corone tepestate di pietre preziose. Sembra di camminare tra le pagine di un gigantesco libro di fiabe rimasto aperto. Le stanze della regina sono completamente ricoperte da scene raffiguranti dame coi sandali che reggono in mano ciuffi di rose e cavalieri dalla lucente armatura in ginocchio ai loro piedi. Ci sono oggetti originali appartenuti al nonno e poi al padre e alla madre di Ludwig, e la guida racconta che lui stesso passò tutte le sue estati di bambino e di ragazzo in questa dimora. Probabilmente fu qui che nacque in lui la passione per il medioevo e per le antiche saghe cavalleresche, che lo portò, da adulto, a progettare quella follia architettonica che è il castello candido che si trova qui di fronte. Nella sua stanza Ludwig aveva fatto mettere molti elementi originalissimi: un letto circondato da pareti affrescate con boschi, dee della notte e laghi luccicanti, un soffitto dipinto di stelle in cui faceva infilare dei bastoncini di cristalli liquidi che rilucevano di notte, in modo che, anche se dormiva in un interno, vedeva sopra di sé un cielo stellato come fosse all’aperto. Nello studio c’e’ un pianoforte scolpito in legno di cedro del libano fatto costruire apposta per Wagner, e sul quale il grande compositore, ospite al castello per due settimane, suonò e scrisse musica esclusivamente per Ludwig.
Ma la cosa che mi è piaciuta più non sono gli stravaganti lampadari di metallo di foggia medievale, gli enormi cigni di porcellana, o la poltrona imbottita dotata di ruote, poggiapiedi estraibile e leggio mobile sistemata in un piccolo bovindo con vista sul lago e sulle Alpi bavaresi. Ludwig, appassionato del passato e Cavaliere redivivo, nello studio teneva un moderno cannocchiale di ottone puntato verso la finestra, attraverso il quale controllava i lavori in corso nel cantiere di Neuschwanstein lì di fronte. Poteva spiare la materializzazione del suo sogno a mano a mano che prendeva forma davanti ai suoi occhi – non sono fortune che capitano spesso, queste.
Comunque, anche se il castello è interessante, la storia dei suoi abitanti è triste, e Ludwig non appare mai come qualcuno da invidiare. Colto e gentile, già re a 19 anni per l’improvvisa morte del padre ancora giovane, ha vissuto male il suo ruolo e il suo tempo, e non ha neppure potuto vedere il suo sogno completamente realizzato, poiché è morto prima che Neuschwanstein fosse completato.

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All’uscita dalla visita, che dura circa 45 minuti, scendiamo verso i chioschetti per mangiare qualcosa, in attesa dell’orario pomeridiano che ci è stato assegnato per entrare nel secondo castello. Spazzoliamo un bratwurst con un bel caffè caldo, che ci rinfranca un po’ in quest’aria gelida, e poi risaliamo sull’altro sentiero insieme a gruppi di persone di varie nazionalità che si stanno facendo sempre più numerosi. Per raggiungere l’ingresso di Neuschwanstein si percorre un tratto abbastanza lungo e con molte curve che sale su in mezzo ai boschi, fino alla cima dell’altura che Ludwig considerò ideale per posarci sopra il suo giocattolo magico. Una macchina del tempo che in un attimo lo poteva portare in un passato lontanissimo, in un posto che finalmente gli piaceva e nel quale si sentiva a casa, fuori dal mondo reale. Funzionava allora e funziona ancora oggi, senza il minimo problema.

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Non importa neppure entrare, in effetti. Basta arrivarci davanti e alzare lo sguardo, per sentire di essere già in un altro posto, e in un altro tempo. Torrette merlate, guglie, scalinate, file e file di finestre, altissimi bastioni candidi come neve e possenti come pareti di roccia, e quell’insolita facciata smerlata di mattoni rossi, all’ingresso, che subdolamente prefigura un qualche assurdo che si sta per manifestare.

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Ma mai, in nessun modo, nonostante la folla di gente che parla tutte le lingue e scatta migliaia di foto in attesa di entrare, il contatore dei numeri a orologeria davanti ai tornelli dell’ingresso, il doppio San Giorgio con lancia e stendardo bavarese dipinto sull’edificio interno del cortile, o la guglia più alta col tetto grigio che ispirò perfino Walt Disney per il suo castello più famoso – e lui era uno che di fiabe se ne intendeva…. – mai niente di quello che si vede da fuori, può preparare i visitatori a quello che troveranno all’interno.

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Un caleidoscopio di colori, un fuoco d’artificio della fantasia, un altro mondo. E’ come prendere la mano di Mary Poppins e saltare nel quadro – hopla’! – siamo dentro, e la realtà scompare magicamente per lasciare il posto al mondo dei cavalieri medievali. Lohengrin e il suo cigno, dappertutto, sui mobili, sui tessuti, sulle pareti, scolpito, dipinto, ricamato, inciso, vivo, cavaliere dal cuore purissimo, nobile destinato ad aiutare i più nobili grazie al suo animo senza macchia ma legato all’incantesimo del cigno che gli vieta di rivelare la sua vera origine, pena il ritorno solitario alla Fortezza del Santo Graal, una vera personificazione di Ludwig II. Parsifal, cavaliere della Tavola Rotonda, padre di Lohengrin, amico di Re Artù e considerato tra i cavalieri più valorosi, con il suo Santo Graal presente sulle pareti, sugli oggetti, in mille scene e colori. Ogni centimetro di ogni parete è decorato in qualche modo, non c’è un solo pezzettino libero da immagini simboliche, comprese la grotta e la magnifica Sala dei Cantori, ispirata direttamente dal Tannhäuser di Wagner. Un interno in cui pare di essere all’esterno, in mezzo a un modo gotico sorprendentemente vivo e reale. Incredibile anche la Sala del Trono per sfarzo, simbologia ed eleganza, dove però manca proprio l’elemento più importante: il trono. Ci stavano ancora lavorando quando Ludwig morì, e non venne mai completato. Sotto l’abside dominata dal Cristo, in cima alla scala ai cui lati sono raffigurati gli Apostoli e i Re francesi canonizzati, a significare la sacralità della linea monarchica, resta solo uno spazio vuoto. Simbolico anche questo, forse, della difficoltà di Ludwig II ad accettare e mettere in atto il suo compito di Re.
A parte la meraviglia che fa spalancare gli occhi in ogni sala, almeno tre cose si capiscono, a visitare questo castello fiabesco. Che Ludwig era raffinatissimo, molto colto, e sapeva cosa era la bellezza. Che era devoto all’arte, alla musica, e alle radici della sua missione di re germanico. E che doveva essere davvero un po’ fuori di testa….
Perché questo castello non è solo bello, o artistico. È proprio fiabesco. Basta entrare dentro e in un attimo ti porta via, fuori dalla realtà, in un mondo immaginario fatto di cavalieri ed eroi, antiche saghe e miti oscuri, leggende e simboli, dove tutto è controllato così esattamente e dettagliatamente che l’illusione che si crea è perfetta, immediata, e potente. Progettare un castello del genere e pensare di viverci dentro, significa vivere pericolosamente al limite dello squilibrio mentale. O in un mondo di sogno.

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Alla fine della visita guidata (in inglese stavolta), usciamo dal castello e prendiamo il sentiero subito a sinistra che si inoltra tra i boschi e porta fino al Marienbrücke, il Ponte di Maria, teso su uno strapiombo in mezzo alle montagne, dal quale si ha una prospettiva visiva particolarmente buona sul castello. In effetti la strada è chiusa per via del ghiaccio, ma tutti scavalcano la barriera metallica e si inoltrano su per la via che porta al ponte, così ci avventuriamo anche noi, dopo esserci ritemprati con delle ottime pallette fritte, dolci e belle calde, prese a un banchetto lì vicino.

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La strada è davvero scivolosa e diverse persone tornano indietro, ma noi riusciamo a percorrere in qualche modo tutto il tratto ghiacciato, raggiungendo un punto dal quale si gode di una vista perfetta sulle montagne e i laghi circostanti e sul magnifico complesso giallo dello Shloss Hohenschwangau lì di sotto. Uno spettacolo straordinario. Peccato solo che non ci sia più neve, sarebbe stato veramente un perfetto scenario da fiaba.

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Dalla strada tagliamo su per il bosco e prendiamo una scorciatoia, un po’ faticosa ma fattibile, che si snoda in mezzo alle piante alte e spoglie, e finalmente arriviamo sul famoso ponte di Maria. Che merita senz’altro qualche piccolo scivolone, non c’è dubbio. La vista da qui è semplicemente spettacolare! Da un’altezza di 90 metri su uno strapiombo a picco su un ruscello che forma una cascata in fondo al bosco, il ponte si affaccia sul lato lungo dello Schloss Neuschwanstein mostrandolo in tutta la sua bellezza, con la piana bavarese alle spalle, i laghi ai lati, e le montagne tutte intorno. Una cartolina incantevole!

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Restiamo per un po’ a fare foto, al castello e a tutti quelli che ci chiedono di fargliene una per favore, e in effetti non si può pensare di arrivare fino qui, e ritrovarsi tutta questa meraviglia davanti agli occhi, e non farsi una foto ricordo da portare a casa…
La luce inizia a calare, l’aria è fredda, dobbiamo rifare tutta la strada all’indietro fino al parcheggio e cominciamo a sentire la stanchezza della lunga giornata, così, a malincuore, lasciamo lo spettacolo di questo sfondo da fiaba e riprendiamo la via del ritorno.

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Saliamo in macchina e ci muoviamo ancora verso nord diretti a Nördlingen, dove arriviamo dopo quasi 2 ore. Il paesino e’ piccolo e delizioso, tutto fatto di casette dai tetti a punta, con la piazzetta, il corso principale, la chiesa e tutto, così perfetto che sembra uscito pari pari da un presepe. L’hotel di stasera, un NH, è molto bello e centralissimo, con un comodo parcheggio sotterraneo. Dopo esserci sistemati cerchiamo un posto dove mangiare qualcosa e troviamo un locale carino indicato dalla LP, il Cafè Radlos, dove ordiniamo la cena aiutati da una cameriera gentile, che non parla inglese ma si sforza di parlarci in italiano. E alla fine ci regaliamo anche una bella fetta di torta al cioccolato, per chiudere in dolcezza questa giornata da favola.

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