L'importante non è cosa guardi, ma cosa vedi
 
Martedì 16 agosto 2016: St Catherine Island Fort – Tudor Merchant’s House in Tenby – Dylan Thomas Boathouse and grave in Laugharne

Martedì 16 agosto 2016: St Catherine Island Fort – Tudor Merchant’s House in Tenby – Dylan Thomas Boathouse and grave in Laugharne

Stamani splende il sole sul Galles occidentale, così dopo una buona colazione salutiamo la signora Tessa della bella casa nel nulla e torniamo verso Tenby, dove non abbiamo ancora finito le nostre esplorazioni.

Il posto è lo stesso ma il paesaggio appare molto diverso oggi: è la magia della marea che va e viene, portandosi dietro i panorami a suo piacimento. 

Quando arriviamo sotto al Castello non sono ancora le 11 e l’acqua si è così ritirata che l’ampiezza della spiaggia è più che raddoppiata rispetto a ieri. Le onde sono lontane in questo momento, e una lunga striscia di rocce e sassi colorati è emersa ai piedi della scogliera dell’isolotto di St Catherine. E ora, finalmente, la scala è accessibile.

Ci inoltriamo lentamente sulla sabbia umida ,e poi sui sassi e sulle rocce coperte di muschio verde, con la buffa sensazione di camminare sul fondo del mare.

Paghiamo il ticket all’omino in fondo alla scala e saliamo su, con una certa emozione nel cuore. La vista è spettacolare da questo lato, sia per la differenza di panorama che per la posizione strategica dell’isola, che regala un controllo totale sul territorio circostante a 360 gradi. In cima alla scala troviamo un piccolo avamposto militare risalente alla seconda guerra mondiale, come ci spiega un ragazzo che fa da guida sul posto, con tanto di casottino di guardia, generatore diesel di corrente e postazione di tiro. Tutto un po’ malandato, ma ancora originale.

Da lì proseguiamo lungo una breve salita fino a raggiungere il vero ingresso del forte, attraverso un bel portone ad arco. La struttura è armoniosa e possente, l’edificio doveva essere efficiente e ben organizzato, come lo sono di solito i forti militari, anche se adesso è in ristrutturazione e solo alcune sue parti sono state riaperte al pubblico da circa un anno.

All’interno l’architettura è piuttosto insolita, e si intuisce facilmente che deve aver subito diversi rimaneggiamenti rispetto alla sua destinazione originale. Ci sono finestre che affacciano su immensi panorami azzurri, caminetti con davanti seggioline foderate di velluto rosso, tavoli scolpiti in legno e strane lampade appese ovunque. Ma purtroppo l’intonaco è molto danneggiato e segnato, e tutte le parti in ferro ancora visibili sono state attaccate dalla ruggine.

In mezzo al pavimento della stanza che si estende alla destra del portone c’è un pozzo dei desideri coperto da una grata, e sul fondo è stata sistemata una piccola campana di metallo. Si lancia giù una monetina e, se si riesce a far suonare la campana, il desiderio si avvera. E intanto si raccolgono spiccioli da donare a una Charity per i bambini del Nepal. Il mare è fatto di gocce. Luca la fa suonare 2 volte.

Una signora ci racconta un po’ la storia di questo forte così elegante e isolato, che nel tempo è stato usato per molti scopi completamente diversi tra loro. La sua costruzione risale alla metà dell’Ottocento e almeno per i primi 30 anni è stato effettivamente usato come bastione difensivo contro un possibile attacco dei francesi, con una guarnigione di circa 100 uomini che manovravano cannoni enormi e rumorosi capaci di lanciare proiettili anche fino a 10 miglia di distanza.

Di fatto, i francesi non arrivarono mai. Alla fine i soldati se ne andarono, delusi, abbandonando il forte che rimase a lungo inutilizzato. In seguito divenne un edificio privato e ospitò varie famiglie, tra cui quella di uno scrittore che scelse di vivere qui per farsi ispirare dal panorama nonostante avesse il terrore delle tempeste invernali, e che alla fine dovette cedere e andarsene vendendo tutto, troppo spaventato dai ruggiti di quest’Oceano minaccioso acquattato tutto intorno al forte, e quella di un riccone stravagante che era solito organizzare feste da ballo in costume per i suoi amici nei grandi saloni militari che erano diventati la sua abitazione. Per una quindicina d’anni fu convertito addirittura in uno zoo, con scimmie, rettili e svariati tipi di altri animali che venivano esposti al publico in aree appositamente predisposte per questo scopo. Alla fine fu abbandonato del tutto e rimase negletto, a parte le poche volte in cui fu utilizzato come set per delle riprese cinematografiche, tra le quali una famosa versione del Conte di Montecristo. Da poco più di un anno è stato riaperto ai visitatori come edificio storico, e noi sappiamo bene che un paio di mesi fa sono state girate qui anche alcune scene per la prossima* S4 di Sherlock, come ci conferma la signora, che pur restando nel vago, parla di cattivi che correvano in giro armati fino ai denti e scontri drammatici, compreso addirittura l’arrivo di un elicottero atterrato sulla spiaggia qui di fronte. Ci sarà da tremare più del solito, questo è certo ormai, e il setting stavolta sarà all’altezza delle aspettative…. (NdA visita effettuata in agosto 2016)

Nel forte c’è anche una specie di carrettino che vende caffè, tè e biscotti, che si possono consumare a un grande tavolo in legno sul quale spiccano degli assurdi candelieri a bracci con tanto di candele, mentre una bancarella con una specie di bric-a-brac di antiquariato attira molti curiosi, che si possono portare a casa lanterne, lampade da carrozza, dischi in vinile a 78 giri o strani aggeggi in ferro un po’ arrugginiti di cui non saprei assolutamente dire l’utilità. Tutto contribuisce a creare un’atmosfera un po’ assurda, e insolita quanto basta da risultare piacevolissima. 

Purtroppo non ci sono altri ambienti da visitare, la gran parte del forte è chiusa al pubblico e soprattutto la grande terrazza panoramica sul tetto non è accessibile al momento, ma speriamo che un giorno lo sia perché la vista da lì deve essere davvero straordinaria. Certi cattivi sanno proprio come scegliersi i posti dove rintanarsi…..

Salutiamo il forte e torniamo verso la via che sale lungomare, fino a una stradina laterale dove si trova un altro posto che vogliamo visitare. È la Tudor Merchant’s House (curata dal NT), una casa originale del ‘500 in cui viveva un mercante di stoffe che svolgeva il suo lavoro nella splendente epoca dei Tudor. Mostriamo la tessera del FAI al signore alla cassa, che è molto contento di accoglierci e ci spiega subito un po’ di cose. Possiamo visitare tutti i locali e osservare gli oggetti, provare tutto e toccare ogni cosa, tranne il letto e un mobile originale dell’epoca.

La biglietteria si trova proprio in quello che era il negozio del mercante, dove sono esposte le pezze di stoffa, le spezie e i mobili colorati e preziosi che erano in uso al tempo in cui lui viveva qui. La cucina ha una tavola imbandita di cibi e spezie tipicamente utilizzati al tempo in una casa di gente alto borghese come questa, e un enorme caminetto contiene tutti gli accessori necessari alla servitù del tempo per cucinare i piatti migliori per i signori di casa. Anche se gli oggetti non sono originali dell’epoca le riproduzioni sono fedelissime, e l’atmosfera che creano, insieme alla signorina vestita in costume che spiega i segreti della cucina del tempo, risulta molto convincente.

Al piano di sopra si trova una bella stanza grande dalle pareti decorate di tessuti colorati, con il tavolo dei giochi, i giocattoli in legno, lo scrittoio per la corrispondenza, il caminetto per scaldarsi, e un bel tavolo da pranzo con le classiche stoviglie di peltro. Lo spazio sembra piacevole e arioso, non doveva essere male, vivere qui.

Ancora più sopra c’è la camera da letto della famiglia, con un grande letto a baldacchino, una culla dipinta che dondola, un caminetto per scaldarsi e un armadio. I figli più grandicelli che non usavano più il lettino probabilmente dormivano su pagliericci vicino al fuoco, o in letti estraibili che uscivano da sotto al letto padronale (abbiamo visto uno di questi letti nella casa natale di Shakespeare a Stratford). Come in alcuni castelli o case, anche qui ci sono abiti d’epoca a disposizione dei visitatori per rendere la visita una vera full immersion, e non me lo faccio dire due volte. Scelgo un abito rosso di lana, lungo e con l’allacciatura a corsetto davanti, e me lo infilo subito. Troppo divertente.

Alla fine del giro torniamo giù all’ingresso e parliamo un po’ col custode prima di salutarlo, e già che ci siamo gli chiediamo dove possiamo trovare una nuova memory card per la macchina fotografica, tanto per essere sicuri di non avere problemi di archivio nei prossimi giorni. ‘Semplice, da Boots!’ Giusto. Se ti serve una memoria elettronica dove la vuoi cercare, se non in farmacia? Andiamo, e la troviamo subito. Excellent. Prendiamo 2 baguette e 2 doughnut da Greggs, che ha una fila di gente fino fuori, e ce le mangiamo su una panchina con vista sulla spiaggia più grande di Tenby, dalla parte del molo, scrutando i movimenti di una marea che è ancora lontana dall’arrivare.

Dopo mangiato lasciamo Tenby, questo paesino di mare davvero carino che non dimenticheremo, e ci spostiamo nel paese di Laugharne, a meno di 20 miglia di distanza, per una visita di quelle speciali. Qui si trova una casa nota come la Boathouse, che è stata per molti anni l’abitazione del poeta Dylan Thomas e della sua famiglia. D’altronde, non potevamo non venire a casa di qualcuno, anche in questo giro.

Dylan Thomas è una specie di istituzione in Galles, un vanto nazionale, e tutto quello che lo riguarda è praticamente mitico. La casa, che si visita pagando un biglietto (no pics inside), è molto piccola ma bella, posata sul bordo dell’acqua, con un salotto rimasto esattamente com’era quando il poeta viveva qui con la sua famiglia. Uno scrittoio, delle poltrone, un tavolino, una coperta per le gambe, un caminetto, molti quadri e foto alle pareti, soprattutto di sua moglie, e libri e oggetti sparsi ovunque. Tutto molto semplice, senza pretese di lusso, ma confortevole e accogliente. Al piano di sopra sono esposte lettere e oggetti originali appartenuti al poeta, e un filmato racconta, tramite varie testimonianze di artisti che lo hanno conosciuto, la storia della sua breve vita (morì nel 1953 a soli 39 anni) e l’importanza di Laugharne nella sua opera. Questi luoghi lo hanno ispirato tantissimo e qui ha sempre mantenuto le sue radici, e ora la gente del posto ci tiene a dimostrare che non lo ha dimenticato.

Ma se la casa è interessante da visitare, la cosa più bella è gratis, e si trova lungo il vialetto che porta all’ingresso della Boathouse. È il Writing Shed, un minuscolo capanno di legno dipinto di verdino con vista proprio sul mare e sulla St John’s Hill, nel quale il poeta si ritirava a scrivere ogni giorno. Non si può entrare, è troppo piccolo e delicato per lasciarlo invadere dai turisti, ma c’è un vetro sulla porta, e se si mettono le mani di lato agli occhi e si va vicino, si può sbirciare dentro. Come spiare in un altro tempo.

Lo spazio è minuscolo, il capanno sarà 2 metri e mezzo per 1 e mezzo, con una finestra in fondo che prende tutta la parete. Sotto la finestra, la scrivania con la sedia, sulla quale sta ancora appesa la giacca dell’autore. Sopra, una confusione di fogli, pagine, libri, penne, giornali, anche una tazza di caffè, forse ancora da finire. Sulla parete di sinistra una minuscola stufa a carbone, in giro mensole cariche di libri e foto di familiari e dipinti famosi, tra i quali una piccola riproduzione di una Monna Lisa senza cornice che l’umidità ha un po’ arricciolato. Un luogo di lavoro e di studio piccolo e raccolto, con davanti il mare, e tutto il resto alle spalle. Bellissimo.

Qui in questo spazio minuscolo e chiuso come un guscio di vongola sono nate alcune delle poesie più belle di Dylan Thomas, quelle dell’ultimo periodo, ispirate dalla bellezza del panorama circostante e dalla forza del legame del poeta con quest’angolo di terra. Mi fa venire in mente il piccolo capanno da scrittura che abbiamo visto nel giardino di Virginia Woolf, in fondo al frutteto, dove lei si ritirava lontano da tutto e da tutti in un mondo tutto suo, per dare vita alle sue creature inquiete e indimenticabili. Un secolo letterario difficile, il novecento.

Prendiamo un tè e ci riposiamo un po’ giù alla mini caffetteria sul bordo dell’acqua, mentre la terra, che quando siamo arrivati era ovunque, ora pare sparita sotto una soffice coltre d’acqua, e la barca blu, che sembrava prigioniera per sempre di ettari di sabbia, ora trotterella allegra verso la riva. Magari non è tanto adatto a farci il bagno, l’Oceano, ma in cambio regala lo spettacolo incredibile della marea.

Dalla Boathouse percorriamo un sentiero nel bosco che ci porta fino alla chiesa di St Martin, che come ogni chiesa da queste parti ha intorno il suo cimitero, per venire a trovare il poeta nella sua ultima casa terrena. La chiesa è chiusa ed è in restauro, ma il cimitero ha un suo piccolo cancello di ferro a parte, e una volta dentro troviamo subito quello che cerchiamo.

La tomba di Dylan Thomas è sulla sinistra, più o meno in mezzo al campo sul prato che degrada leggermente, ed è facilmente individuabile visto che è l’unica croce bianca in mezzo a una folla di tombe di marmo nero. I poeti si distinguono sempre, anche nei cimiteri.

Sulla croce, solo il suo nome e la data, sul lato anteriore, mentre sul retro c’è il nome della moglie Caitlin, morta nel 1994 e sepolta con lui. Non c’è lapide né pietra tombale, nulla. Solo la croce bianca con la scritta nera, e due piante di erica sul piccolo cumulo di terra davanti alla croce. Lascio un penny vicino ad altri che ci sono già, come mi pare di intuire che si usi qui, ma metto anche un sasso, come faccio sempre, perché non si sa mai.

C’è il sole e fa ancora caldo, ma il bosco intorno è scuro e fresco. Sulle tombe intorno una mezza dozzina di corvi battibeccano tra loro svolazzando da una lapide a un’altra. Se solo stesse piovendo, sarebbe un tardo pomeriggio in perfetto stile gotico britannico. Salutiamo e usciamo richiudendo il cancello dietro di noi, contenti di questa visita. Non mi ha delusa questa tomba, speciale e differente dalle altre come il suo inquilino. Una bella emozione per finire questa giornata.

Da Laugharne ci spostiamo in direzione Llandeilo, dove abbiamo la camera per 2 notti. Non è un b&b ma un piccolo Inn lungo la via, molto carino e accogliente. La stanza è bella e ha un letto a baldacchino – deve essere la giornata giusta – e il piccolo pub al pianterreno ci serve un’ottima cena.

 

E domani toccherà ad altre scoperte in questo sud costiero, dove la regola rimane ancora e sempre valida: ‘Rage, rage against the dying of the light..!’

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