Il mondo di Sally

L'importante non è cosa guardi, ma cosa vedi
 
Il mondo di Sally

Giovedì 17 maggio 2012: Obidos – Sintra

La giornata è leggermente velata di nubi quando partiamo da Alcobaça, dopo una buona colazione a un tavolo con vista sul Monastero. La prima meta di oggi è Obidos, paesino medievale nella regione della Leiria, un piccolo borgo carico di fascino che nella sua storia ha avuto l’insolito destino di essere parte della dote di matrimonio di molte regine del Portogallo. Pare che la prima sia stata Santa Isabella, che se ne innamorò quando le capitò di visitarlo e subito lo ebbe in dono dal Re, inaugurando così una tradizione che si è ripetuta per molti secoli. Si tratta di un minuscolo borgo pedonale raccolto intorno a un castello difeso da possenti bastioni e torri merlate, all’interno delle quali si nasconde un centro abitato che sembra uscito dritto dritto da una fiaba.

Stradine di pietra orlate di fiori si incrociano in mezzo a casette bianche piccole come quelle delle fate, tutte insolitamente decorate da strisce di pittura azzurre, gialle e rosse lungo i bordi e gli spigoli. L’effetto è inaspettato, e delizioso: un misto di favola e isoletta greca, un’atmosfera blu marino in mezzo alle verdi campagne del Portogallo centrale.

Il paese e’ racchiuso da una cinta muraria intatta lunga circa 3 km i cui camminamenti, risalenti ai tempi in cui le sentinelle li percorrevano scrutando la vasta piana circostante per non farsi sorprendere dagli attacchi dei nemici, sono accessibili senza ticket. Basta fare attenzione a dove si mettono i piedi, perché il terreno è irregolare e lo spazio molto ridotto. Ma ad avere un po’ di coraggio, e un vago spirito di avventura, arrivi in cima alla scaletta stretta, e poi a un viottolo di sassi irregolari, e lo spettacolo del panorama ti si spalanca davanti agli occhi come un mare d’erba dalle mille sfumature verdi.

In quello che era il Castello adesso c’è una meravigliosa Pousada, un hotel di lusso dall’atmosfera magica, con vista sul piccolo borgo di casette candide bordate di strisce colorate e cespugli di fiori.

Dopo il Castello, l’edificio più interessante è senza dubbio la Chiesa di Santa Maria, in fondo alla via principale, che si affaccia su una piccola piazza dominata da un unico, altissimo albero. L’interno è minuscolo ma prezioso, con una navata fiancheggiata da colonne sottili che conduce a un bellissimo altare decorato. Nella chiesa sono conservate alcune tele di una famosa pittrice locale, Josefa di Obidos, ma l’elemento più interessante è ancora una volta costituito dai raffinatissimi Azulejos che ricoprono completamente le pareti della chiesa con il loro blu intenso.

Prima di ripartire facciamo un giro per i negozietti di artigianato locale e acquistiamo un pannello di azulejos con un disegno floreale da mettere sul nostro balcone, per portarci a casa un po’ del fascino e della bellezza di questa terra antica. Riprendiamo l’auto che abbiamo lasciato lungo la via fuori dal borgo pedonale e in breve tempo raggiungiamo Sintra, a nord-ovest della capitale portoghese, dove abbiamo prenotato un piccolo appartamento per la notte, la Casa da Pendoa, vicinissima al centro storico. La cittadina, che è patrimonio dell’UNESCO, ci appare subito affollata e piena di traffico. Ci sistemiamo in fretta e usciamo per la nostra prima visita, la Quinta da Regaleria, che raggiungiamo in auto.

Si tratta di una vasta tenuta che comprende un Palazzo nobiliare progettato dall’architetto italiano Luigi Manini ai primi del Novecento su commissione del facoltoso signore Antonio Monteiro. Il biglietto (6,00€) permette l’accesso sia alla villa che al parco circostante, che e’ uno dei più stravaganti che ci sia capitato di visitare. Il progetto, relativamente recente rispetto al resto della città, rispecchia i gusti capricciosi del suo proprietario, che chiese all’architetto di creare per lui un mondo a parte che potesse essere solo suo. E la sua richiesta fu esaudita, senza ombra di dubbio. Fin dall’ingresso si può ammirare l’architettura particolarissima della villa, un misto di stili diversi che comprende il gotico, il manuelino, il romanico e il barocco in un intreccio fantastico così sorprendente da confondere gli occhi e i sensi. Una casa di fate, un castello stregato, il palazzo turrito dove la principessa è tenuta prigioniera dal drago. Un luogo d’incanto.

Gli interni da visitare non sono molti, ma sono certamente notevoli. La sala da pranzo ha un’intera parete a finestre affacciate sul giardino dalle quali filtra una luce obliqua che illumina il grande caminetto scolpito come un merletto, e mostra un incredibile pavimento a mosaico sul quale sono raffigurate vivaci scene di caccia: uccelli, cani, oche, cervi rappresentati in ogni minimo dettaglio sono racchiusi in medaglioni dai colori delicati, decorati da tralci di fiori e piante esotiche. Le porte, laccate di rosso intenso e rifinite in argento sbalzato a imitazione dei portoni dei castelli medievali, sono incredibilmente originali, soprattutto per il contrasto evidente tra i colori chiari e vivaci e lo stile cupo delle forme gotiche.

Nel giardino si trova anche una piccola chiesetta, la Cappella della Santissima Trinità, caratterizzata da numerosissimi riferimenti iconografici di tipo esoterico, massonico e alchemico. Ovunque sono visibili croci templari, sfere armillari, triangoli con al centro l’occhio divino e simboli misteriosi di interpretazione oscura, mentre sulle vetrate colorate di una finestra è dipinto l’episodio, già rappresentato nella chiesa di Nazarè, del nobile cavaliere che per inseguire un cervo rischia di precipitare in un burrone ed è salvato dall’intervento della Vergine Maria. Una piccola cappella insolita e molto luminosa, davvero interessante.

Intorno all’edificio principale si estende il grande parco, che e’ ancora più stravagante del palazzo. Tutto un groviglio di piante e sentieri, boschetti e labirinti, laghetti e grotte, panchine monumentali e architetture dalle fogge più strane e dai nomi suggestivi: la Fontana dell’Ibis, il Terrazzo dei Mondi Celesti, il Portale dei Guardiani, il Pianerottolo degli Dei, La Grotta di Leda, il Laghetto senza Nome, e la bellissima Torre da Regaleira, elegante e misteriosa, dalla quale si gode una vista magnifica sulla città di Sintra.

Gironzoliamo per l’enorme tenuta come in un parco dei divertimenti, con la mappa alla mano solo per assicurarci di non tralasciare nulla, passando da una zona all’altra attratti soltanto dalla nostra curiosità. All’uscita dall’ennesima torretta seguiamo un percorso che arriva a una piccola cascata che sgorga dall’alto di una roccia, dietro la quale si intravede una grotta buia mentre davanti si forma un piccolo bacino d’acqua. Passiamo su un ponticello di legno e ci ritroviamo sulla sponda del laghetto, che si può attraversare camminando sopra piccole rocce piatte che affiorano dall’acqua. La curiosità e il divertimento prevalgono sul buon senso, così mi avventuro, e quando mi rendo conto che queste non sono esattamente cose adatte a me sono ormai dall’altra parte, in salvo e soprattutto ancora asciutta. La grotta dietro alla cascata si allunga in un tunnel completamente buio che percorriamo alla cieca senza avere idea di dove stiamo andando, finche’ svoltiamo in una seconda galleria illuminata appena da un filo di lucine posate a terra, e quando rivediamo la luce del giorno scopriamo finalmente il mistero: siamo in fondo al Pozzo dell’Iniziazione! Il pavimento circolare ricoperto di marmi colorati che formano figure geometriche e’ la base di un pozzo profondo in cui un giro elicoidale di finestre ad archi e colonnine si affacciano lungo le pareti cilindriche creando un effetto di leggerezza ed eleganza inaspettato. Risaliamo lentamente lungo una scalinata che passa dietro alle arcate fino ad arrivare di nuovo in cima; sembra di camminare all’interno di un flauto gigante, affacciandoci ogni tanto dai fori delle note. E’ una strana sensazione poi, uscire di nuovo fuori all’aria aperta. Abbiamo fatto il pozzo, ora siamo anche noi degli Iniziati – anche se non abbiamo idea a cosa siamo stati iniziati, effettivamente…

Ma il bello del parco non sono solo le statue o le torri o le guglie, bensì il parco stesso, le piante, i vialetti, i fiori che spuntano ovunque. E tra tutte le creature verdi che incrociamo, incontro a sorpresa una delle mie preferite in assoluto: una Sequoia americana. Non ho idea di come sia finita qui e perché, è una sorpresa, ed è fantastica. Altissima, rigogliosa, con quella sua corteccia spugnosa e soffice che fa venire voglia di accarezzarla. Certo non è immensa e magica come quelle del National Sequoia Park, quelle per il momento rimangono nella mia lista dei sogni ancora da realizzare, ma è comunque una creatura straordinaria che rende questa giornata ancora più speciale.

Alla fine, dopo tanti giri e tante emozioni dobbiamo deciderci a uscire da questa tenuta così originale, lasciando i suoi misteri e le sue stravaganze dietro al grande cancello di ferro battuto a riccioli.

All’uscita riprendiamo l’auto e saliamo ancora più su lungo la strada tortuosa che si arrampica sulla collina subito fuori da Sintra, e raggiungiamo il Palacio Nacional da Pena, uno dei più famosi palazzi del Portogallo, anche questo compreso nel Patrimonio mondiale dell’Unesco.

Il Palazzo risale alla metà dell’800, fu fatto costruire dalla regina Maria II di Braganza come dono di nozze per suo marito Ferdinando II del Portogallo ed è una costruzione assolutamente sorprendente, anche più della Quinta da Regaleira. O per lo meno, lo è in un modo tutto suo, imprevisto e spettacolare.

Il biglietto e’ doppio e comprende la visita del palazzo e del parco, che e’ molto grande, tanto che per raggiungere l’edificio principale, posato in cima alla Rocca di Sintra, si prende un piccolo bus verde che risale il lungo viale fino all’ingresso. L’impatto con il palazzo è notevole, e inatteso. Un miscuglio di stili architettonici differenti e poco compatibili, che però sembra funzionare, forse grazie ai colori incredibili che decorano i diversi edifici che lo fanno somigliare a una Disneyland romantica.

Torrette rosse, grandi facciate interamente ricoperte di Azulejos blu, cupole gialle, merlature ocra, finestre manueline con grovigli di corde e alghe e inquietanti creature di pietra grigia, archi moreschi giallo limone, edicole gotiche rosa col tetto a disegni geometrici, un caleidoscopio di forme e colori che stupisce e da l’impressione di trovarsi su un set cinematografico, in un luogo artificiale e fiabesco allo stesso tempo, che stupì perfino Lord Byron e fu capace di incantare Richard Strauss.

Il parco intorno al Palazzo e’ immenso e incantevole, seguiamo i sentieri sulla mappa incontrando laghetti, aiuole fiorite, fontane, casette di fata e punti panoramici, ci inoltriamo tanto che perdiamo completamente di vista gli edifici in cima alla collina.

Il giro è faticoso e lungo, ma ripagato dall’incontro con altre sequoie, piante giapponesi ammantate di fiori delicati come farfalle, vialetti romantici e atmosfere da bosco incantato. Sembra di essere fuori dal mondo, in un luogo magico e misterioso dove non c’è più nessun altro tranne noi quattro, immersi nella Natura originaria.

Alla fine della visita salutiamo il parco e il bizzarro palazzo colorato e torniamo verso l’uscita con il solito bus verde che ci aveva portati su, e riprendiamo la nostra auto per raggiungere la Casa da Pendoa. Ci riposiamo un po’ dalle lunghe camminate cercando sulla guida consigli per un buon ristorante per stasera, quindi usciamo di nuovo a fare un giro in centro per raggiungere l’ultima attrazione imperdibile della città, il Palazzo Nazionale. Si tratta in effetti di un complesso di edifici separati costruiti in stili molto diversi, dal manuelino al gotico al barocco, che fu utilizzato come residenza estiva da molti re e regine del Portogallo. Purtroppo è tardi e non è più possibile entrare per la visita degli interni, ma anche da fuori si riesce a percepire la raffinata eleganza di questo palazzo e la bellezza del gruppo eterogeneo di edifici che lo compone. Su tutto spiccano i due enormi coni dei camini delle cucine, vero simbolo del Palazzo Nazionale e della città intera.

Per finire la giornata ci regaliamo una buona cena a base di carne e pesce grigliato in un ristorante tipico del centro, accompagnato da Vinho Verde ben fresco. Una cena un po’ meno economica di quelle fatte nelle sere precedenti, ma comunque un buon modo per concludere una giornata molto speciale.

Mercoledì 16 maggio 2012: Batalha – Alcobaça – Nazarè

Facciamo colazione e usciamo presto, in una mattinata lucente che preannuncia una giornata di sole intenso. Per raggiungere la nostra prima tappa di oggi, Batalha, passiamo per il piccolo paesino di Fatima, dove i tre pastorelli ebbero le apparizioni della Bella Signora che affidò loro i misteriosi 3 segreti. Non ci fermiamo perché non fa parte del nostro itinerario né dei nostri interessi spirituali, ma a dire la verità sono incuriosita da questo luogo di devozione mariana dove è stata costruita una basilica che ha di fronte una piazza lunga un chilometro per poter accogliere le migliaia di fedeli che arrivano qui da tutto il mondo ogni 13 maggio. Non mi sarebbe dispiaciuto visitare la Chiesa e vederla coi miei occhi, questa Signora che ha nella Corona un frammento di una delle sue predizioni divenuta realtà. Ma forse è meglio onorare questo posto col rispetto che gli è dovuto, lasciandolo alla cura esclusiva di coloro che arrivano qui guidati solo dal cuore.

La nostra meta è il Monastero di Santa Maria de Batalha, fondato intorno alla fine del 1300 per commemorare la vittoria di una difficile battaglia in cui un esercito numerosissimo di spagnoli si scontrò con un gruppetto sparuto di soldati portoghesi. Ma i portoghesi avevano pregato la Madonna e lei li aiutò a riportare l’improbabile vittoria finale, così per ringraziarla fu costruita questa grandiosa abbazia benedettina in suo onore. Parcheggiamo la macchina in una piazzetta vicino alla chiesa scoprendo con grande sorpresa che la tariffa prevista per la sosta è di soli 60 centesimi l’ora! Lo stile esterno della costruzione principale e’ gotico fiammeggiante, tutto riccioli, ghirigori e altissime guglie, archi rampanti e pinnacoli, portali scolpiti e statue di santi e apostoli a decine, davvero impressionante per grandiosità e qualità. La pietra è ben conservata, di un color oro che mi piace sempre nelle chiese, specialmente in strutture così originali.

L’interno e’ il gotico più spettacolare, una navata stretta e lunga che va verso l’altare fiancheggiata da due file di colonne altissime, potenti e fitte, una foresta di pietra di un’altezza vertiginosa, tanto che quasi non se ne vede la fine. Volte a croce, altari, vetrate verticali attraverso le quali passano fasci di luce colorati, tutta la magia del gotico che avvolge e incanta.

Alla destra dell’ingresso si trova la Cappella del Fondatore, una cappella a pianta quadrata dalla volta altissima illuminata da una lanterna ottagonale decorata da vetri colorati, nella quale sono sepolti il fondatore del monastero Re Joao I, sua moglie Filippa di Lancaster e i loro figli, compreso Enrico il Navigatore. Le tombe della coppia reale sono di marmo bianco scolpito come un merletto prezioso, raffinatissime e regali. Sui piedistalli, decorati su tutti i lati da figure simboliche, stemmi e motti, sono distesi i due sovrani vestiti di abiti fastosi. Ma non è questo che rende speciali queste tombe. Insolitamente, le sepolture affiancate sono vicinissime, e se ti alzi un po’ sulla punta dei piedi riesci a vedere che le statue si tengono per mano. Non un Re e una Regina, ma due innamorati che un piccolo gesto unisce anche nel tempo infinito della morte. Mano nella mano per l’eternità. Può bastare poco, per dire una cosa immensa.

Nella parte adiacente alla chiesa si possono visitare una serie di chiostri bellissimi, a doppio livello, con lunghi corridoi silenziosi decorati finemente, archi, colonne scolpite, giardini e una fontana dove nuotano dei pesci rossi, splendida.

Lungo uno dei corridoi si apre la Sala Capitolare, nella quale si trova la Tomba del Milite Ignoto della Prima Guerra Mondiale a cui due soldati e una fiamma eterna fanno da sentinella perpetua, insieme a un bellissimo crocifisso ligneo parzialmente distrutto. Un Cristo ancora più doloroso e straziato del solito, simbolo perfetto dell’orrore di una delle guerre più tragiche della storia moderna. Ma la sala ha la principale attrattiva nella sua ardita costruzione architettonica, per le dimensioni notevoli della splendida volta progettata senza l’ausilio di alcun supporto centrale. Un luogo che fu considerato così precario da essere per un certo periodo riservato ad alloggio dei prigionieri condannati a morte, ma che invece è perfettamente stabile e sicuro, e magnificamente disegnato.

Quando finiamo il giro e pensiamo di aver visto tutto, ci accorgiamo che invece non abbiamo ancora visto il meglio. In una zona attigua al Monastero accessibile solo dall’esterno si trovano le Capelas Imperfeitas, il vero gioiello di questo complesso bellissimo. Sono dette imperfeitas poiché sono rimaste incompiute in quanto non vi fu mai aggiunto il tetto, ma di imperfetto non hanno veramente nulla…

Un giro di sette cappelle a base esagonale sono ordinate intorno a una struttura a pianta ottagonale, tutte decorate da ornamenti e fregi in stile gotico e manuelino di una complessità e una ricchezza straordinaria. I pilastri, gli archi, le merlature, i fregi, perfino l’immenso portale alto 15 metri, tutto è scolpito fittamente di edere, fiori, serpi, funi, angeli alati, motti e sfere armillari, in un trionfo di pietra merlettata che lascia storditi.

L’azzurro aperto della volta del cielo dona a questo giro di cappelle di pietra dorata un fascino straordinario, lasciando libera la luce di colorarle a suo piacimento nelle diverse ore del giorno.

Nelle Cappelle Incompiute si trovano le tombe di Edoardo del Portogallo e di sua moglie Eleonora d’Aragona, anche loro sepolti in un’unica tomba gotica molto più semplice di quella della Cappella del Fondatore, con le statue che li immortalano mentre si tengono dolcemente la mano.

Una visita davvero interessante a un luogo bellissimo, Patrimonio dell’Umanità dal 1983.

Dopo la visita del Monastero riprendiamo l’auto e percorriamo i circa 20 chilometri di distanza che ci separano dal paese di Alcobaça, dove dormiamo stasera. Il nostro hotel è vicinissimo al Monastero e abbiamo perfino un balcone con vista sulla piazza della chiesa di Santa Maria, veramente una posizione perfetta. Sulla stessa piazza ci fermiamo a un ristorante turistico a mangiare delle insalate fresche all’ombra di un albero, per ripararci un po’ dai 33 gradi della giornata quasi estiva. Qui un cameriere stravagante e un po’ troppo guascone ci tratta con poca cortesia e alla fine sbaglia – o prova a sbagliare – per ben due volte il conto, presentandoci un totale pari al doppio di quanto dobbiamo pagare e calcolando portate e bevande in più che non abbiamo mai ordinato. Glielo facciamo notare ma lui continua a calcolare male, e solo quando entro nel locale e parlo con la signora alla cassa riesco a far valere le nostre ragioni. E’ vero che c’era confusione e aveva molto da fare, e magari un errore ci poteva stare, ma per la prima volta non ci troviamo bene in un locale, e ci alziamo un po’ delusi.

Quello che non ci delude invece è il Monastero di Santa Maria, un monastero cistercense che fu il primo edificio gotico del Portogallo e che ha una lunga e importante storia intrecciata a quella dei reali di questa terra. Una serie di splendidi chiostri sono racchiusi in questo monastero medievale dalle linee raffinate, con giardini curati e porticati di grande eleganza. Qui si trova anche la Stanza dei Re, a pianta quadrata, che contiene una serie di statue che raffigurano la sequenza dei Re del Portogallo, mentre le pareti sono piastrellate di Azulejos che riproducono scene della storia del Monastero.

Tra i vari chiostri visitabili, il più bello è il Chiostro del Silenzio, aggiunta rinascimentale, con le colonne e gli archi decorati a motivi floreali e animali, davvero imponente. In un angolo di questo chiostro si trova una magnifica fontana di pietra scolpita in rilievo con motivi rinascimentali e decorata da stemmi e animali mitologici, mentre tutto il piano superiore dei loggiati è ornato in stile manuelino molto evoluto, veramente splendido.

L’antico dormitorio è un salone enorme con volte a croce sorrette da colonne, dove un tempo i monaci dormivano tutti insieme. Solo più tardi fu creata un’ala con celle individuali nelle quali i monaci potevano riposare e pregare in solitudine.


Un altro degli ambienti famosi di questo Monastero sono le cucine, gigantesche, capaci di ospitare cibi sufficienti a sfamare centinaia di persone. L’elemento più imponente è senz’altro il caminetto, altissimo, completamente rivestito da una piastrellatura bianca che lo fa apparire ancora come nuovo. Nelle cucine si trova anche una grande vasca di pietra nella quale arriva un canale proveniente dall’esterno che era collegato direttamente al fiume del paese, per portare pesce vivo e freschissimo fin dentro alle cucine dei monaci. Veramente stupefacente.

Il refettorio, dove i monaci consumavano i loro pasti, è un elegante salone che contiene colonne e volte, e dove il pulpito dal quale il monaco di turno leggeva passi della Bibbia mentre gli altri mangiavano in silenzio è sistemato in una nicchia molto in alto, sotto una specie di piccolo loggiato interno molto armonioso al quale si accede attraverso una scala di pietra.

Molto importante, oltre alla chiesa, era la Sala Capitolare, dove i monaci si riunivano per discutere le loro faccende e per prendere le decisioni. E’ una sala molto bella, ampia, piuttosto bassa, dalle proporzioni gradevoli, che oggi contiene una serie di statue in pietra in stile barocco.

Anche la Sacrestia, che si apre lungo uno dei corridoi del chiostro, ha un magnifico portone in stile manuelino che sembra sormontato da corde e rami di corallo intrecciati. Comincio a familiarizzare con questo strano stile architettonico così ricco e stravagante. Mi piace il modo in cui mi ricorda immediatamente il mare.

Il cuore del Monastero è ovviamente la Chiesa, che è la più grande chiesa gotica di tutto il Portogallo con i suoi 125 metri di lunghezza per 23 di altezza. Una foresta di colonne altissime e potenti, in quelle proporzioni esagerate del gotico vero che ti fanno sentire una formica che vaga in un prato.

Nel transetto, scrigno nello scrigno, si trovano altri due gioielli preziosi: le tombe di Re Pietro I figlio di don Alfonso IV e della sua amata Doña Inés de Castro. La loro storia e’ molto drammatica, e tra le più romantiche di questa terra. Racconta che Pietro era già sposato quando si innamoro’ di Doña Inés, una dama di corte spagnola che a causa di questo scandalo fu rimandata nel suo paese. In seguito Pietro rimase vedovo, e fece richiamare alla corte portoghese la donna mai dimenticata. Ma Re Alfonso non voleva che il figlio sposasse Inés perché temeva il potere e la possibile ingerenza della famiglia di lei sulla politica portoghese, e li ostacolò in ogni modo. Però i due giovani si amavano, e Pietro la sposo’ di nascosto senza che suo padre venisse a saperlo. Dopo poco tempo alcuni faccendieri agli ordini del Re organizzarono un complotto e riuscirono ad assassinare Inés, ignari del fatto che lei era ormai la moglie di Pietro, che ne ebbe il cuore spezzato e giuro’ vendetta. Quando finalmente divenne Re al posto del padre, convocò i responsabili dell’assassinio, li fece confessare e poi torturare e giustiziare. Quindi rese pubblica la notizia del suo matrimonio segreto con Doña Inés, che era divenuta di fatto Regina del Portogallo, la fece riesumare, vestire con abiti sfarzosi, incoronare e onorare nel modo più degno dovuto a una donna del suo rango da tutti coloro che l’avevano giudicata e cacciata quando era viva. Poi la fece seppellire in un magnifico sepolcro scolpito con angeli guardiani e scene che raffiguravano episodi della loro storia d’amore, sistemato nel transetto di sinistra della Chiesa del Monastero. La tomba di Pietro, ugualmente preziosa e raffinata, fu poi sistemata nello spazio uguale e opposto del transetto di destra, proprio di fronte a quella di Inés, invece che al suo lato come si era soliti fare al tempo. Questo perché così, quando verra’ il giorno del giudizio e tutti i morti si risveglieranno e si alzeranno dalle loro tombe, i due sovrani si tireranno su e la prima cosa che faranno sarà guardarsi dritto negli occhi. Un epilogo molto romantico per una storia dalle tinte gotiche.

Dopo la visita del monastero usciamo di nuovo sulla piazza e facciamo un giro per il paese, e ci gustiamo un gelato fresco per contrastare il caldo. Quindi torniamo in albergo a riposare un po’ prima di cena. Quando usciamo di nuovo è quasi il tramonto, l’aria è tiepida e la luce è finalmente più dolce. Riprendiamo l’auto e andiamo a Nazarè, un paesino vicino che fa ancora parte del comune di Alcobaça e che si divide in due parti distinte, una bassa, allungata sui bordi di una spiaggia fine, e l’altra arroccata in cima a un costone roccioso, dal quale si affaccia direttamente sull’Oceano. La chiesa della Madonna di Nazareth, che da il nome al paese, si trova nella metà in alto, ai bordi di una bella piazza decorata da palme e banchetti di prodotti artigianali. Ma lo spettacolo comincia esattamente dove la piazza finisce. Una distesa infinita di acqua blu viene a dondolarsi su una striscia di sabbia lunghissima, a pochi metri dalle prime file di case del paese, distesa quasi 100 metri più in basso della finestra naturale che ci regala questo panorama mozzafiato. L’Oceano è dappertutto davanti a noi, possiamo vederlo, e sentirne il profumo salmastro che il vento soffia fin quassù spazzando via pensieri e nuvole.

Scendiamo di nuovo giù e parcheggiamo davanti all’Oceano, disteso senza fine davanti a noi. Il sole sta tramontando, la luce cala e l’acqua risplende. La giornata sta finendo in maniera bellissima, così come si è svolta.

Per cena scegliamo un locale indicato dalla LP, “A Tasquinha”, un piccolo ristorante a gestione familiare seminascosto tra le viette interne, con un’atmosfera semplice e accogliente e le pareti decorate di Azulejos. Una signora gentilissima – un’altra, ma le scelgono apposta, qui? – ci consiglia zuppa di pesce, pesce grigliato con contorno di verdure, uno spettacolare spiedino di calamari presentato su uno spiedo verticale, Vinho Verde e coppette di dolci al cucchiaio deliziose, e alla fine ci offre persino un bicchierino di Porto bianco.

Un’ottima cena a un prezzo incredibilmente conveniente, dopo la quale torniamo felici e contenti al nostro Hotel con vista sul Monastero di Santa Maria. Una serata perfetta, che conclude una bellissima giornata di visite a luoghi di grande fascino.

Martedì 15 maggio 2012: Tomar e il Convento do Cristo

Ripartiamo da Coimbra prima delle 10 dopo una sostanziosa colazione, riposati e pronti a una nuova giornata di scoperte. La meta di oggi, la piccola cittadina di Tomar, non è molto distante, circa 87 km, che percorriamo in tranquillità evitando le autostrade per goderci il paesaggio rurale della zona. Arriviamo al nostro hotel verso le 11,15 e per fortuna lo troviamo subito senza particolari difficoltà. Le stanze sono semplici e pulite, con un piccolo balconcino, il quartiere è leggermente decentrato e possiamo lasciare la macchina in uno spazio vicino all’entrata senza dover pagare nessun costo extra per il parcheggio. I piccoli centri regalano piccoli, piacevolissimi privilegi. Ci sistemiamo in fretta e usciamo subito con la nostra mappa in mano, alla ricerca della cosa più bella che c’è da visitare qui, il Convento do Cristo.

Nata nel XII secolo come fortezza dei Cavalieri Templari completa di chiesa per officiare le liturgie sacre, fu trasformata nel Convento do Cristo dopo la metà del 1300, quando l’ordine templare fu abolito, per conservarne i tesori e le ricchezze. Per raggiungere il castello si entra in un bellissimo giardino decorato di siepi fiorite e vialetti, e ci si sposta sulla destra, dove si comincia la scalata della collina lungo un sentiero ripido che sale su attraverso un bosco, che magari col fresco sarà anche una piacevole passeggiata, ma con queste temperature estive e sul mezzogiorno mette duramente alla prova le nostre energie. Ma per fortuna il morale è alto, e la voglia di scoprire tutto prevale sulla fatica.

Comunque, alla fine arriviamo fino in cima e ci mettiamo in coda all’ingresso, dove facciamo un biglietto combinato che vale sia per questo convento che per altri due che vedremo domani, così eviteremo le file e avremo anche un piccolo sconto di 3 euro a persona sul totale da pagare. La fortezza è massiccia e imponente, con grosse mura di pietra e torri merlate che hanno saputo difenderla dagli attacchi dei mori e dei nemici dei cristiani per secoli.

Tutto il complesso appare subito imponente e molto interessante, composto da vari edifici costruiti in diverse epoche, una serie di chiostri e la grande chiesa templare.

I primi chiostri che visitiamo sono semplici e lineari, arcate pulite, colonnine sottili, Azulejos alle pareti. Nel Chiostro dei Cimiteri troviamo anche alcune tombe importanti incastonate in eleganti nicchie come pietre preziose. Una di queste è addirittura del fratello del grande navigatore Vasco de Gama, poiché dopo che fu dichiarata la fine dell’Ordine dei Templari nel 1311 il Convento fu dedicato al nuovo Ordine dei Cavalieri di Cristo, di cui uno dei Maestri fu Enrico il Navigatore, che dette notevole impulso alle grandi spedizioni marittime e alle scoperte geografiche vanto dei migliori navigatori portoghesi. Anche sulle vele delle Caravelle dei grandi esploratori, infatti, era sempre presente la croce rossa in campo bianco, simbolo dei Cavalieri Templari e dell’Ordine di Cristo.

Notevole è una minuscola cappella laterale in uno dei chiostri, stretta e lunga con la volta a botte dalle sezioni riquadrate in legno, completamente rivestita di meravigliosi Azulejos che illustrano varie scene della vita di Gesù. I disegni raffigurati sulle piastrelle azzurre sono splendidi, di grande eleganza e raffinatezza, resi ancora più intensamente spirituali dalla sfumatura delicata di blu scelta per realizzarli. E bellissime sono anche le decorazioni geometriche sui lati più bassi delle paretii all’ingresso della cappella, lievemente sfumate di giallo, composte di linee così originali da risultare modernissime.

L’elemento più spettacolare di tutto il complesso è senz’altro la Chiesa dei Templari con la tradizionale Charola, la rotonda romana originale del medioevo che riprende quella del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Otto magnifiche colonne, alte e slanciate, si collegano tra loro tramite archi gotici a formare un deambulatorio particolarissimo di grande eleganza e sofisticatezza, completamente decorato da dipinti e statue policrome, che racchiude e preserva il Crocifisso. Una visione inattesa e affascinante, decisamente diversa da qualunque altro altare di chiesa ci sia capitato di vedere in precedenza.

Secondo la leggenda templare, la forma circolare della chiesa e le sue dimensioni così imponenti permettevano ai cavalieri difensori del Tempio di Cristo di assistere alla messa direttamente a cavallo, così da essere pronti a partire all’istante in qualunque momento ci fosse stato bisogno del loro intervento in aiuto della causa cristiana. Leggende a parte, la Charola è veramente impressionante, un altare dal fascino unico e misterioso capace di catalizzare immediatamente l’attenzione e l’energia di chiunque entri nella chiesa dei Cavalieri di Cristo.

Il complesso, grande e vario, è interessante all’esterno quanto lo è all’interno, dove prevale con prepotenza lo stile architettonico manuelino aggiunto durante le ristrutturazioni del Convento alla fine del 1400 per volere del Re Manuel I. Sontuose decorazioni smerlate, rosoni, archi, guglie, statue in pietra di una magnifica sfumatura dorata e strutture imponenti e regali, fino alla sorpresa inattesa di un elegantissimo chiostro a due livelli completamente diverso da tutto il resto, progettato alla fine del 500 in perfetto stile rinascimentale, con archi, colonnine e fontane, e magnifiche scalinate a chiocciola sistemate a vista nei quattro angoli.

Tra gli elementi più preziosi del Convento, e certo il più famoso, c’è l’enorme finestra della casa capitolare, considerata una delle massime espressioni dello stile manuelino portoghese per la sovrabbondanza e la ricchezza esagerata delle sue decorazioni caratterizzate da elementi marini, corde, alghe, conchiglie e riccioli. Una formazione straordinaria che sembra originare direttamente dalla parete di pietra, un’incrostazione marina preziosa come un gioiello, cesellato dal lavorio incessante delle onde invisibili del tempo. E sopra a tutto, la croce templare. Decisamente originale.

Visitiamo anche la parte del convento in cui risiedevano i Cavalieri di Cristo, con lunghi corridoi silenziosi sui quali si aprivano le piccole semplici celle. Ci sono le cucine comuni, la cappella, la sala delle riunioni, e piccoli chiostri interni nei quali domina un’atmosfera di pace e tranquillità.

La visita del complesso templare è lunga ma molto interessante, e ce la prediamo comoda nel girovagare per questo edificio un po’ mistico un po’ guerriero che è l’attrazione principale della piccola cittadina di Tomar. All’uscita ci accorgiamo che si è fatto abbastanza tardi, e cominciamo a cercare un posto dove poter mangiare qualcosa. Non lontano dal giardino dal quale siamo entrati, in fondo al bosco, c’è uno dei locali consigliati dalla LP, così ci avviamo verso il piccolo ristorante intenzionati a verificare se anche questa volta la segnalazione è affidabile. E lo è, decisamente. I cibi sono gustosi, il locale è carino e accogliente, ma soprattutto la signora è fenomenale, e va ad allungare la nostra lista di signore adorabili dei ristoranti che stiamo incontrando qui. Il tutto per l’incredibile costo finale di 28,00€ in 4. Una sosta davvero gradevole.

Dopo pranzo rientriamo in albergo per riposarci un po’, provati dalla fatica della lunga camminata e dal caldo intenso, e usciamo di nuovo solo dopo le 5. Volevamo vedere un piccolo museo un po’ particolare in una piazzetta non lontana dal nostro hotel, il Museu du Fosforos, che vanta la collezione di fiammiferi più grande d’Europa con oltre 40.000 diverse scatole decorate in ogni modo, ma purtroppo quando arriviamo lì lo troviamo chiuso, nonostante la nostra guida indichi le 19 come orario di chiusura. Così proseguiamo fino in centro gironzolando per stradine e piazzette circondate di edifici rivestiti di Azulejos bellissimi, fino a un piccolo parco con le panchine sistemate lungo un corso d’acqua dove ci sediamo a chiacchierare al fresco.

Visitiamo anche la sinagoga, una delle sole 4 chiese ebraiche presenti in tutto il Portogallo, e anche qui una signora gentilissima ci fornisce spiegazioni dettagliate sulla storia dell’edificio, degli oggetti esposti, delle famiglie ebraiche locali (solo 2 a Tomar) e delle loro tradizioni. Parla solo portoghese e capisce che noi comprendiamo solo in parte le sue parole e non siamo in grado di comunicare con lei se non in un misto di spagnolo e italiano accompagnato da gesti vaghi, ma ci tiene tanto a farci vedere tutto e a condividere con noi quei piccoli tesori, e noi restiamo ad ascoltare i suoi racconti incantati dalla sua cortesia e dalla sua affabilità.

Nella bella Praca da Republica visitiamo anche la Chiesa del paese, e passeggiamo lungo il corso principale dove si concentrano i negozi e i ristoranti. Alla fine ne scegliamo uno con i tavolini all’aperto, dove un cameriere molto gentile ci spiega tutti i piatti del menu e ci consiglia come abbinare sapori e vini. Dopo un po’ di consultazioni e dell’ottimo formaggio locale che nel frattempo gustiamo per antipasto, scegliamo delle terrine di baccalà tritato e mescolato con pure’ di patate e panna gratinato al forno, e lo accompagniamo con vino bianco portoghese. E’ tutto buonissimo e servito con grande cortesia, e nonostante aggiungiamo anche 4 caffè finali spendiamo solo 43,00€ in totale. E il cameriere, alla fine, ci regala perfino 4 bicchierini di Porto bianco! Evviva il Portogallo!

Rientriamo in stanza col fresco della sera, decisi a riposarci un po’ in vista delle esplorazioni che ci aspettano domani. Chissà se saranno interessanti come quella di oggi.