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Sabato 16 agosto 2014: Tintagel Castle – Glastonbury Abbey and Tor – Wells Cathedral

Sabato 16 agosto 2014: Tintagel Castle – Glastonbury Abbey and Tor – Wells Cathedral

Dopo una notte tranquilla e un’abbondante full Cornish breakfast raccogliamo le nostre cose e ci muoviamo verso nord, direzione Tintagel, per la prima tappa di oggi.
Ci arriviamo in poco più di un’ora di viaggio lungo strade semi-deserte e immerse nel verde.

Nel momento in cui scendiamo dalla macchina comincia a piovere leggermente. Non ci voleva, perché il sito del Tintagel Castle si trova in cima a una rocca a strapiombo sul mare, e se piove o c’è vento le cose si fanno difficoltose. Alla biglietteria faccio vedere la nostra ricevuta di abbonamento all’English Heritage, la ragazza alla cassa è italiana e ci conferma che probabilmente le tessere ci arriveranno a casa presto, ma anche se non sono arrivate in tempo e’ tutto ok, abbiamo diritto all’ingresso Free. Il tempo di cominciare la salita su per la lunghissima scalinata di pietra che porta al castello e non solo smette di piovere, ma dalla coltre di nuvole esce il sole.

Il setting in cui ci troviamo è veramente straordinario, sulla costa occidentale della Cornovaglia, circondati da immensi promontori rocciosi tappezzati di erba verdissima ed erica violetta e con le rovine del castello medievale distese tutto intorno a noi.
Si racconta che questo era il vero castello in cui nel VI secolo nacque il mitico Artù, il cavaliere che fu educato dal potente Mago Merlino a diventare il più coraggioso e il più valoroso di tutti i Re inglesi – ammesso di credere alla leggenda. Non ci sono prove della sua reale esistenza storica, il suo nome si ritrova solo nelle pagine delle antiche cronache medievali sulla ‘Storia del Regno Britannico’ di Geoffrey of Monmouth e poi nella ‘Morte d’Arthur’ di Thomas Malory, che ne hanno narrato le gesta in opere letterarie di enorme successo popolare, ma ad oggi non sappiamo molto di più riguardo alla sua vera storia.
Non che a noi serva, è ovvio. Ci crediamo fermamente senza bisogno di prove e siamo venuti a rendergli omaggio fino a qui, nella sua terra leggendaria e magica, per camminare passo dopo passo sul sentiero del suo mito immortale.

E a quanto pare, il sentiero comincia con una salita. Più che una camminata è una vera arrampicata lungo la scala contorta che porta in cima all’isola di roccia, collegata alla terraferma da un lungo ponte di legno. Sulla sommità della collina si trovano ormai solo rovine di pietra di varie epoche, medievali quelle più in superficie e molto più antiche quelle che sono state scoperte nel sottosuolo e non ancora riportate alla luce.

Se quel che resta degli antichi edifici è così poco che è necessario un certo lavoro di fantasia per far scattare l’effetto meraviglia, lo scenario che ci circonda è invece spavaldamente spettacolare, da lasciare ammutoliti. Siamo così in alto e in un luogo così aperto e libero, che vediamo chiaramente la curvatura dell’orizzonte disegnarsi davanti a noi. Un panorama all’altezza dello sguardo di un Re.

Intorno a noi sembra che il mondo sia scomparso, lasciando solo chilometri di costa nera e verde, grotte profonde come gole dove riecheggia la voce cupa del mare, gabbiani che gridano nel vento profumato di salmastro, e Oceano a perdita d’occhio. Negli antri più oscuri di una di queste grotte pare vivesse proprio Merlino, il potente Mago maestro di Artù e ideatore della Tavola Rotonda, alla quale sedevano 12 cavalieri così perfetti e valorosi da essere gli unici degni di cimentarsi nella ricerca del Santo Graal, arrivato a Avalon dalla Terra Promessa.

Infinite leggende sono nate e sono circolate per secoli in tutta Europa su Artù e i suoi cavalieri, storie di conquiste e cadute, avventure e battaglie, eroi valorosi e gesta epiche, tante da creare un intero universo mitologico al quale quello storico non può più fare a meno di ispirarsi. Non importa se quello che stiamo facendo è un viaggio nel tempo o un salto nel libro, l’emozione non cambia, e il numero di persone che arrivano fin quassù da ogni parte del mondo, ogni giorno, tutti i giorni dell’anno, ne è la riprova. Una verità abbagliante come una magia.

Risaliamo anche lungo il costone opposto della piccola isola, dove ci sono tracce di un’antica costruzione difensiva con una hall principale, una chiesetta e alte mura perimetrali in parte precipitate in mare nel corso dei secoli, e anche da li la vista è assolutamente spettacolare.

Ci sono molti visitatori, ma il sito è grande e si può vedere tutto senza essere disturbati. Il sole va e viene tra le nuvole, ma si sta bene e il mare è un tappeto infinito, verde e lucido come uno smeraldo. Deve essere spettacolare, qui, durante le tempeste invernali.

Quando, alla fine, scendiamo dalla rocca, facciamo un breve giro nel paesino di Tintagel, che è veramente piccolo e tutto focalizzato sulla leggenda arturiana, con unico extra un antico Post Office di pietra gestito dal National Trust. Facciamo qualche spesa per negozietti, quindi riprendiamo la macchina e partiamo per una lunga tappa, la più lunga fatta fino ad ora, verso Glastonbury.

Ci arriviamo in due ore circa, grazie a una bella strada veloce e comoda che si chiama Atlantic Highway. A Glastonbury, una piccola cittadina che è considerata la culla della Cristianità inglese, vogliamo vedere un paio di cose in particolare, la Glastonbury Abbey e il Glastonbury Tor. L’Abbazia benedettina è gestita dalla Chiesa, quindi si paga un biglietto d’ingresso (7,00£ a testa), ma in questo caso possiamo dire che sono veramente soldi ben spesi. Sapevo che era bella, ma non me l’aspettavo così meravigliosa.

Purtroppo non resta molto della struttura originaria, ricostruita nel XIII secolo dopo un incendio che distrusse completamente gli edifici sassoni dell’VIII° secolo. Restano in piedi solo una parte della parete occidentale, una cappella laterale dedicata alla Madonna, la Lady Chapel, parte dell’ingresso e porzioni delle arcate del transetto, ma senza più volte ne’ coperture. È un’altra di quelle affascinanti abbazie con l’erba che ci cresce dentro, e qui è un perfetto prato all’inglese.

Eppure, quel poco che rimane è sufficiente a dare l’idea di quanto doveva essere meravigliosa quando era al massimo del suo splendore. L’architettura è magnifica, imponente ed elegante allo stesso tempo, sofisticata, con un sistema di archi intrecciati di rara bellezza. Poche volte ho avuto un’impressione così netta di armonia e grazia in un edificio di queste dimensioni e con colonne tanto imponenti. È un vero peccato che sia stata così pesantemente danneggiata nel tempo, poterla vedere completa doveva essere un’esperienza incredibile.

Intorno alla chiesa ci sono ancora tracce degli edifici monastici che si trovavano qui intorno, il refettorio, la cucina, le celle dei monaci, e poco lontano si può visitare una cucina medievale perfettamente ricostruita con tanto di accessori, stoviglie, forni ed esempi di portate che si consumavano al tempo.

Ma l’elemento che attira più turisti in questo luogo è ancora legato alle leggende arturiane. Si racconta che intorno al 1300 alcuni monaci che vivevano qui ebbero delle visioni riguardanti la sepoltura di Re Artù in quest’area e pare che, quando si decisero a scavare nei dintorni, trovarono due tombe preziose e ancora intatte: una fu identificata come quella di Artù e l’altra come quella della Regina Ginevra, i lunghi capelli biondi ancora visibili tra i veli laceri che avvolgevano i suoi resti. Sul prato non lontano dalla chiesa una targa segna il punto in cui avvenne questo miracoloso ritrovamento.

Una volta scavate le tombe, i monaci spostarono i due sovrani all’interno della chiesa e li seppellirono proprio davanti all’altare maggiore, dove sarebbero stati omaggiati da tutti nel modo più degno possibile. Ancora oggi una lapide segna la posizione di quest’antica sepoltura alla fine della navata centrale. Enrico VIII poi al suo tempo, da buon fondatore della Chiesa Anglicana e Difensore della Fede, fece distruggere tutto e uccidere l’ultimo abate che ancora viveva nell’Abbazia, e non si è mai saputo che fine abbiano fatto le sepolture dei due sovrani anglosassoni. Un altro mistero arturiano.

Nel cortile vicino all’uscita troviamo un’altra cosa che volevo tanto vedere qui: l’albero detto Holy Thorn, la Spina Santa. La leggenda dice che Giuseppe di Arimatea, dopo la morte di Gesù, tornò qui dove viveva da ragazzo e dove aveva delle proprietà terriere, portando con sé il messaggio cristiano e, forse, il Sacro Graal, che pare sia nascosto in fondo a un pozzo qui vicino. Giuseppe infilò il suo bastone nel terreno e da quel bastone miracolosamente nacque la pianta della Sacra Spina, che è coltivata solo in una ristretta area di questa zona del Somerset e che fiorisce solo due volte l’anno: a Natale e a Pasqua. Ogni anno per le Feste un ramoscello di questa pianta santa viene tagliato e inviato a Buckingham Palace, per ornare la tavola di Natale della Regina Elisabetta II. È un piccolo albero dalla chioma ampia, semplice, ben vegeto, sostenuto da pali in legno fissati ai lati. Bello come solo gli alberi sanno esserlo. Un paio d’anni fa ha perfino subito assurdi atti di vandalismo che hanno rischiato di distruggerlo completamente, invece eccolo qua, florido. E’ sistemato in un angolo riparato e tranquillo da dove si potrebbe godere una bella vista sulla facciata dell’abbazia, se questa ancora ci fosse. Sono contenta di averlo visto, e toccato.

Dall’Abbazia facciamo un salto fino al vicino Glastonbury Tor, una torre massiccia a base quadrata che sorge su una collina vicina, visibile anche dalla strada. Non saliamo su in cima perché è tardi e sta per chiudere, ma anche perché, dopo l’arrampicata al Tintagel Castle, non ce la potrei fare a salire anche questa infinita scalinata da 45 minuti. Lo vediamo dal basso il famoso Tor, che secondo alcuni è proprio Avalon, il luogo letterario mitico in cui fu portato a riposare il corpo addormentato di Artù in attesa del suo risveglio, il giorno in cui l’Inghilterra avrà nuovamente bisogno del suo Re migliore e della sua spada Excalibur.

Da Glastonbury raggiungiamo la vicina cittadina di Wells, dove visitiamo la famosa Wells Cathedral. La sua fama è grande nel Paese, e assolutamente meritata. La sua bellezza è pari alla sua imponenza e lascia incantati, con una facciata tra le più ricche e preziose che ci sia capitato di vedere finora in un magnifico stile gotico fiorito. Il colore giallo della pietra contribuisce a renderla unica, ma certo le torri laterali, la raffinatezza delle centinaia di sculture e le sue incredibili decorazioni la fanno classificare tra le migliori di tutta l’Inghilterra.

L’ingresso è gratuito, si può lasciare un’offerta a piacere, e l’interno è magnifico quanto l’esterno. La navata, fiancheggiata da pilastri fitti come filari di alberi, è enorme e spettacolare, lunga oltre 125 metri fino oltre il coro, e larga 45 nel transetto, con un spazio molto luminoso.

Ci sono immense finestre dalle vetrate istoriate (alcune ancora originali), cappelle laterali scolpite e un organo notevole, ma la cosa più impressionante è la croce del transetto, sostenuta da un sistema di archi speciali chiamati scissor arches. Si tratta di una serie di archi rovesciati appoggiati sui classici archi acuti, che crea un effetto visivo simile a delle enormi forbici aperte, un’incredibile geometria che regala all’immensa struttura grande armonia e leggerezza, oltre a essere una soluzione architettonica ideale. Le colonne del transetto infatti, dal tempo della prima costruzione del XII secolo, cominciarono a sprofondare nel XIV secolo dopo l’aggiunta della torre centrale sopra al coro, il cui enorme peso stava divenendo insostenibile per l’insieme della struttura. Per questo l’architetto dell’epoca pensò di mettere in atto questa soluzione tecnica straordinaria, che riuscì ad ottenere un doppio risultato: stabilità e grande bellezza.

C’è anche qui un antico orologio con un quadrante solare e lunare e un meccanismo vecchio di secoli, e, diversamente dalle chiese già visitate, qui troviamo anche un Crocifisso, anche se non è sull’altare e non è antico come il resto delle sculture. Il coro non è visitabile perché i cantori stanno facendo le prove, ma possiamo vedere abbastanza dell’interno attraverso la porta d’accesso, mentre ci godiamo le loro voci. Quando usciamo restiamo ancora colpiti dall’imponenza e dalla bellezza di questa cattedrale, che ci ha colti quasi di sorpresa alla fine di questa giornata già piena di meraviglie.

Anche il vicariato, poco fuori dal perimetro della cattedrale, è incantevole. Un posto di una pace assoluta, con piccolissimi giardini fioriti davanti a ogni casa e una stradina tutta di pietra.

Qui a Wells abbiamo prenotato quello che ci aspettiamo possa essere uno dei B&B più belli del tour, e la realtà non delude le aspettative. The Old Parsonage, a Farrington Gurney, e’ un’antica magione nobiliare del 1600 costruita in pietra e circondata da un giardino, con una grande facciata coperta di edera e un cortile privato dove parcheggiamo la nostra auto.

I proprietari ci accolgono con grande gentilezza e ci mostrano la stanza dove dormiremo, nell’ala sud della casa. La camera è molto bella, con carta da parati settecentesca e tende azzurre alle finestre, un grande letto in legno con un piumone candido, un caminetto (spento) e mobili antichi, quadri di pregio, statuine di porcellana Wedgwood e Royal Danimarca sparse in giro, bagno privato e un parquet scricchiolante coperto da una spessa moquette.

La signora ci fa sistemare e, visto che è ora di cena, ci consiglia alcuni locali dei dintorni e ci prenota un tavolo al The Old Station Inn, che ci è piaciuto sul dépliant. E’ un pub tipico inglese pieno di vecchi oggetti di ogni tipo appesi ovunque, con un bellissimo bancone e molti riferimenti agli anni 60. Deve il suo nome al fatto che una delle stanze del pub è stata ricavata da una vecchia carrozza ferroviaria in legno portata fin qui e trasformata in sala ristorante, con sedili al posto delle sedie, piccole abàs-jour vicino ai finestrini e un servizio davvero particolare.

Il cibo è ottimo, la birra anche, e nonostante sia un po’ affollato l’atmosfera è allegra e piacevole. E’ un peccato venire via, anche se non vediamo l’ora di goderci un po’ la nostra elegante camera azzurra prima del giro di domani.

Proprio magnifico, per il momento, questo angolo di Somerset.

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