Ci svegliamo alla solita ora stamani, nella nostra stanza che si è rivelata molto comoda nonostante le dimensioni ridotte. E’ stata una buona scelta.
Raccogliamo tutto e usciamo per l’ultima volta (purtroppo) alla ricerca di un posto dove fare colazione, visto che la domenica Speedy’s è chiuso. Anche se ci restano poche ore da passare in città abbiamo un piano per sfruttarle al meglio, e cercheremo di seguirlo fedelmente. Ci spostiamo con la Tube verso Baker Street (because of course…), quindi risaliamo in superficie e prendiamo per Marylebone, dove troviamo un Ceffè Nero aperto che ci serve ottimi cappuccini e croissant. Si sta molto bene oggi, c’è perfino un bel solicchio che illumina le strade semi deserte della domenica mattina, è davvero un peccato dover andare via tra poche ore.
La prima tappa del giro ci porta in fondo alla via, di fronte al Langham Hotel. Si tratta di un massiccio edificio di mattoni color biscotto, un’architettura imponente fatta di balconi aggettanti, finestre ad arco e cornicioni scolpiti, un hotel storico assai elegante nel quale molto probabilmente non dormiremo mai. Ma a noi basta vederlo da fuori, per fare una foto a una placca speciale che ricorda un momento importante nella storia della letteratura inglese: nel raffinato ristorante di questo albergo, il 30 agosto 1889 Arthur Conan Doyle e Oscar Wilde cenarono qui insieme all’editore del Lippincott’s Magazine. Un incontro amichevole e proficuo, che fu seguito pochi mesi dopo dall’uscita di due romanzi divenuti famosissimi tra i lettori vittoriani (e non solo), “Il segno dei quattro” e “Il ritratto di Dorian Gray”. Oh God, che avrei dato per poter essere un calice di vino sopra a quel tavolo, e ascoltare la conversazione avvenuta durante la cena tra quei gentiluomini…
Dal Langham ridiscendiamo giù per Regent Street e facciamo un sosta per fotografare il bellissimo palazzo di Liberty, uno degli store più antichi e famosi di tutta Londra che ha sede in un incredibile edificio ristrutturato a inizio ‘900 in stile Tudor, che purtroppo di domenica è chiuso. Cominciò come piccolo emporio fondato da un certo Mr Liberty, che vendeva merci in arrivo dall’Oriente e dal Giappone in particolare, e in poco tempo divenne il negozio più alla moda e più esclusivo della città allargandosi in tutti gli edifici vicini fino a occupare quasi tutta la via con le sue vetrine.
Qui si vendevano (e si vendono ancora) gli abiti e gli arredi più eleganti di Londra; lo stesso Oscar Wilde veniva qui a comprare i suoi completi da dandy, e ripeteva spesso che uno non poteva dirsi un vero gentiluomo se non si vestiva da Liberty. Molti degli stravaganti e innovativi artisti dell’Arts and Crafts si vestivano qui, e anzi alcuni disegnavano modelli e fantasie di tessuti esclusivi nel nuovo stile Art Nouveau per questo store così famoso che faceva concorrenza alla moda francese e italiana, tanto che in Italia l’Art Nouveau divenne conosciuto anche come Stile Liberty. Speriamo di riuscire a trovarlo aperto la prossima volta, perché l’interno è ancora più spettacolare dell’esterno. Anche se non credo che noi potremo mai fare i nostri acquisti qui, sorry Oscar darling…
Oltrepassiamo l’arco sormontato dall’orologio dorato, riattraversiamo Regent’s Street (facendo uno sforzo per resistere alle sventolanti insegne rosse di Hamleys, che oggi è regolarmente aperto…) e continuiamo la nostra passeggiata lungo un’altra strada famosa le cui vetrine resteranno sempre per noi solo luoghi da ammirare dall’esterno: Savile Row.
Una piccola via a guardare bene, ma in realtà un punto di riferimento internazionale per quanto riguarda la moda maschile. Dai Reali ai campioni dello sport, dai Presidenti alle stelle del cinema, dagli imprenditori di multinazionali fino a James Bond e Mycroft Holmes, tutti gli uomini più eleganti del mondo sono passati almeno una volta di qui per farsi fare un abito tre pezzi tailored come Dio comanda (non per niente Martin è un frequentatore abituale di questa strada). Una sequenza di negozi dall’apparenza semplice e sostanzialmente simili tra loro, niente affatto pretenziosi o sfarzosi, con le classiche vetrine abitate da un paio di manichini in giacca e cravatta, file di adorabili pecorelle di lana a garanzia della qualità originale della materia prima, e porte a vetri che danno accesso a laboratori artigiani di altissimo livello, dove tutto è fatto ancora a mano con una sapienza e un’attenzione che arrivano da una tradizione antica. E’ stato proprio in un vecchio articolo che parlava di questa via che ho imparato l’espressione “bespoke suit”. Chissà quante e quali celebrità hanno calpestato questo stesso marciapiede sul quale passiamo noi oggi, alla ricerca del loro completo perfetto. Perché magari chi sostiene che l’abito non fa il monaco, forse non ha mai fatto acquisti da queste parti…
Grandi sartorie a parte, io ricordavo che in questa via, precisamente al numero 7, abitava nientemeno che Phileas Fogg, quello del Giro del mondo in 80 giorni, avventura mitica per lettori di tutte le età in cui un altro personaggio di carta diventa un abitante reale di Londra con tanto di indirizzo preciso. Ma cercando conferma della cosa nel mio cellulare scopro che qui si trovavano anche gli studi della Apple Records (quella dei Beatles, moooolto ante-Jobs…), che fecero il loro ultimo concerto proprio sul tetto di questo palazzo davanti a una folla in delirio. Mi ricordavo che era successo nei pressi di Piccadilly, ma non che si trattasse proprio di questa via. Ma vedi te. Questa è veramente una città infinita in cui a ogni angolo puoi scoprire qualcosa di straordinario, e io non smetterò mai di amarla per questo.
Proseguiamo il nostro giro fino a Soho, dove ci sorprende un negozietto di generi alimentari italiani che, oltre a farine, marmellate e pomarole varie, ha in vetrina la pasta Rummo di Benevento (molto buona) e i fusilli di Pisa del pastificio Martelli di Lari, che sarà a 5 km da casa nostra. Che bella! L’avevamo trovata anche in Galles, è sempre un piacere scoprire che è conosciuta e apprezzata anche lontano da casa.
In pochi minuti siamo nel West End, e passiamo davanti al Prince Edward Theatre, una cara vecchia conoscenza, che però ha cambiato il suo cartellone in questo periodo. Infatti, invece dei tappeti volanti e delle lanterne magiche di Aladdin e del suo Genio blu (bellissimo musical Disney, da vedere assolutamente), nelle grandi locandine adesso campeggia la foto di una signora dall’aria stravagante con un soprabito rosso e una grossa borsa in una mano, che vola sui tetti di Londra appesa al suo ombrello dal manico a becco di pappagallo: è Mary Poppins!
Sapevo che lo stavano preparando, ma purtroppo lo show aprirà solo a fine ottobre e non ho potuto acquistare i ticket, peccato. Sarà per la prossima volta. E’ già una bella emozione vedere la locandina, e sapere che finalmente il vento è cambiato e Mary è tornata a Londra!
Poco distante, a Greek Street, c’è la nostra prossima tappa: House of MinaLima. Un negozietto che a vederlo non ci si crede da quanto è tipico: infissi di legno dipinti di vernice rosso lacca e scritte dorate, un paio di piccole vetrine ai lati di una porticina aperta, da una parte una marea di oggetti ammassati come alla rinfusa, libri, statuine, quadretti, cartoline, penne, fotografie… di quelle che da lontano non riconosci nulla e non capisci che negozio sia, dall’altro lato invece tutto vuoto, solo un fondale blu punteggiato di stelle e un poster appeso con la foto in bianco e nero di un uomo dall’aria minacciosa, con i capelli lunghi e scarruffati che tiene in mano una placca con un numero in stile foto segnaletica da ricercato. Sopra la foto, l’inconfondibile frase: HAVE YOU SEEN THIS WIZARD? Lui è Sirius Black naturalmente, e questo è il negozio di magia Potteriana più famoso di Londra dopo quello che si trova sul binario 9 e 3/4. Ho scoperto della sua esistenza in un articolo qualche mese fa e l’ho subito messo in lista come luogo da visitare alla prima occasione, perché sono proprio curiosa di vedere com’è dentro.
Il nome MinaLima deriva dai nomi dei due designer (Eduardo Mina e Miraphora Lima) che hanno lavorato a tutta la parte grafica di libri, giornali, mappe, messaggi e confezioni di oggetti in tutti i film di HP, e qui sono in vendita articoli e disegni originali legati alle riprese degli 8 episodi della saga. Insomma, questi due sono quelli che hanno creato la Gazzetta del Profeta, la Mappa del Malandrino, il biglietto dell’Hogwarts Express, la mitica lettera di accettazione a Hogwarts che Edwige porta a Harry, le foto da ricercati di Bellatrix, Sirius e Harry stesso, l’Indesiderabile n°1, il fantastico albero genealogico della famiglia di Sirius Black nella sua vecchia casa, sede dell’Ordine della Fenice, tutti gli annunci e i messaggi agli studenti nelle bacheche della scuola, per non parlare delle scatole delle Cioccorane, delle caramelle Tuttigusti più Uno e di tutto quello che viene venduto nei negozi di Diagon Alley.
E in effetti entrare qui è un po’ come entrare in uno di quegli strani negozietti magici, pieni di roba stravagante e familiare allo stesso tempo. Locandine a centinaia, libri, disegni originali appesi alle pareti in cornici di ogni tipo, poster e stampe si susseguono alle pareti salendo su per le strette scale di tutti e 4 i piani di questo bellissimo edificio, in cui si trova anche una stanza con un’enorme immagine della mappa del malandrino come pavimento, un’altra con strisce di carta da parati con il bellissimo Family Tree di Sirius appese in giro, e una riproduzione del salotto di Privet Drive con il caminetto invaso da una cascata di lettere di accettazione per Harry. Un luogo incredibile, affascinante e curioso come nessun altro negozio che abbiamo mai visitato, e certamente imperdibile per i veri fan del maghetto più famoso della terra. Facciamo solo un piccolo acquisto, ma vorrei davvero portare via di tutto da qui, hanno cose bellissime. Vabbè, magari un’altra volta…
Continuiamo fino a New Oxford Street per dare un’occhiata alle vetrine di un altro negozio storico della città, che più tipico di così non si potrebbe: James Smith & Sons. Situato all’angolo di un grosso palazzo in pietra color avorio, qui si vendono bastoni da passeggio e ombrelli dal 1830. Come dire, la cosa più venduta in Inghilterra dopo le bustine del tè. Un posto adorabile, così vecchio stile con le scritte nere e oro sulla porta, i bastoni di legno con i pomi scolpiti infilati nelle rastrelliere, i frustini da cavallerizzo in cuoio intrecciato e gli ombrelli aperti nelle vetrine che sembrano grossi fiori colorati. Pare che persino Mary Poppins abbia trovato qui il suo famoso ombrello con il manico a becco di pappagallo parlante. Bisognerà proprio venire a farci un giro…
Da qui torniamo verso Covent Garden ed entriamo in una stradina piccola piccola vicino al Noel Coward Theatre, proprio una piccola ruga che si chiama Cecil Court, dove troviamo altri due luoghi da visitare: uno è il portone di un palazzo qualsiasi sul quale una Blue Plaque testimonia che lì, tra l’Aprile e l’Agosto 1764, soggiornò Mozart con la sua famiglia durante il suo primo Grand Tour europeo. Un bimbetto di 8 anni che entrava e usciva da questa porta insieme a suo padre, per andare a sfoggiare il suo talento geniale nei palazzi di nobili e reali inglesi. Wow.
Poco più avanti troviamo finalmente il secondo posto che stavamo cercando: “Alice through the looking glass”. Ci sono delle impalcature per il restauro della facciata del palazzo soprastante, per cui non è immediatamente facile da vedere lungo la viuzza piena di negozi, ma alla fine lo scoviamo. Una grande vetrina, infissi bianchi e azzurri, e una piccola grata che segnala l’ingresso dell’unica libreria di Londra completamente dedicata alla bambina più strana e straordinaria della letteratura inglese: Alice.
La vetrina è piena di vecchie edizioni (in varie lingue) delle sue avventure nel paese delle meraviglie, con disegni, cartoline, quadretti e figurine dei vari personaggi sparsi qua e là, ma ci sono anche molti altri famosi libri per ragazzi, come l’immancabile serie di Harry Potter, ma anche Christopher Robin e Winnie the Pooh, Tolkien, Sherlock Holmes, Peter Pan, Dr Who, Shakespeare, e persino una bella edizione di Pinocchio, che mi fa davvero piacere vedere qui. C’è anche una vecchia raccolta di storie illustrate con i disegni dei gatti dai grandi occhioni teneri di Louis Wain che mi piace moltissimo e che avrei sicuramente acquistato al volo, soprattutto ora che Ben sta lavorando a un biopic su di lui. La libreria è fantastica e forse è un bene che sia chiusa, perché se fossi potuta entrare ci avrei sicuramente lasciato una fortuna!
Torniamo verso Piccadilly, piena di gente a passeggio sotto ai mega schermi ricurvi che la colorano, oltrepassiamo il Criterion (chissà se il Dr Watson è tornato qui con Stamford per un buon Sunday lunch) e continuiamo lungo la Piccadilly per un centinaio di metri fino ad arrivare da Hatchard’s, dove finalmente entriamo.
Questa è la più antica libreria della Gran Bretagna, che vende libri a londinesi e non dal 1797. Una vera istituzione cittadina che vanta diversi Royal Warrants, come si vede da quello esposto bene in vista sopra il portone d’entrata. C’è parecchia gente dentro, sparsa nei 5 piani nei quali sono suddivise le sezioni tematiche degli scafali, ed è sempre un piacere vedere tanto movimento in una libreria. Facciamo un giro a curiosare tra i reparti e dopo un po’ mi fermo nel settore che cercavo per fare una specie di meta-acquisto: comprare un libro su Londra a Londra. Ne prendo 2 alla fine, e sono contenta perché mi danno la vaga illusione di portare via con me un pezzetto di questa mia amata città.
Perché ci siamo, purtroppo. Il tempo è passato in fretta e alla fine è arrivato il triste momento di lasciare il centro per raggiungere Heathrow, dove dovremo prendere il volo che ci riporterà a casa. All’altra casa, I mean. Camminiamo nuovamente verso Piccadilly Circus, dove dobbiamo prendere la Piccadilly Line che ci porterà diretti al Terminal 3, ma prima di scendere giù lancio un ultimo sguardo alla piazza animata ormai così familiare, con i musicisti di strada, i ballerini di hip-pop che si esibiscono per i passanti, i grandi schermi luminosi con le loro pubblicità coloratissime in alta definizione, e i doubledecker rossi che girano lenti agli angoli delle grosse vie scomparendo tra i palazzi come gigantesche lumache dondolanti. E naturalmente alla fontana Shaftesbury, con quel suo bellissimo angelo nero posato delicatamente sulla punta di un solo piede che somiglia un po’ a quelli che si mettono in cima all’abete di Natale. Avevo sempre creduto fosse Eros, finché non capitò una lezione di inglese in cui imparammo che invece era suo fratello gemello Anteros, riconoscibile da ali più grandi e capelli più lunghi e che, invece di scagliare frecce qua e là per far innamorare la gente a casaccio, è il dio protettore dell’amore maturo, altruista e consapevole. Mi sa che è stata proprio una sua freccia a colpirmi tanti anni fa (quella che a lui manca?), e a farmi innamorare perdutamente di questa meravigliosa città che non mi stanco mai di percorrere in lungo e in largo, in qualunque stagione. Un altro pezzetto l’ho scoperto in questo breve viaggio d’autunno.
Alla prossima, allora. E non importa se magari pioverà. Perché per noi la verità è che…