Il mondo di Sally

L'importante non è cosa guardi, ma cosa vedi
 
Il mondo di Sally

Lunedì 20 giugno 2011: Golden beach – Stegna beach – Faliraki – Anthony Queen bay – Terme di Kallithea – Maria’s Tavern – Captain’s House

Il solito splendido sole ci sveglia all’alba anche stamattina, incredibile come qui il cielo sia un telo azzurro sempre uguale un giorno dopo l’altro. Facciamo colazione con calma e decidiamo che oggi andremo a cercare qualche spiaggia bella verso nord, lungo il tratto di costa compreso tra Lindos e Rodi. Oltrepassiamo la bellissima Vlycha, che già conosciamo e, non molti chilometri dopo, svoltiamo al bivio che porta alla Golden Sand, così chiamata perché la sua sabbia ha un colore quasi dorato ed è finissima. Quello che sembra un semplice bivio in realtà è una discesa tutta curve e strapiombi che arriva fino a una baia ampia raccolta intorno a una piscina di acque color smeraldo. Vista dall’alto, dove ci fermiamo per fare qualche foto, è certamente spettacolare, la spiaggia è davvero di sabbia fine ed è di un giallo intenso quasi dorato.

Scendiamo fino al parcheggio, già sulla sabbia, e diamo un’occhiata più da vicino. La spiaggia è una luna più profonda che larga in parte attrezzata, anche se le strutture sembrano alquanto semplici, e c’è già un bel po’ di gente. Questo dettaglio, insieme al fatto che il fondale sabbioso non è tra i miei preferiti, ci convince a risalire in auto e continuare a cercare un posto che ci piaccia di più. Facciamo ancora qualche chilometro e svoltiamo a destra all’altezza dell’indicazione della spiaggia di Stegna, nei pressi del villaggio di Archangelos, anche questa segnalata come una tra le più belle della zona. Per raggiungerla passiamo in mezzo al centro abitato, del quale avevo letto buone recensioni, ma rimaniamo un po’ delusi da ciò che vediamo. Il paesino è piccolo e caotico e molto desolante a dire la verità, ci sono lavori in corso sulla strada e sporcizia in giro, circolano decisamente troppe auto in queste stradine strette e non vediamo niente di attraente da nessun punto di vista. Magari questa è l’ora sbagliata, o magari siamo passati un po’ troppo nella periferia, però sono contenta di non aver scelto questo posto come base per la nostra vacanza, non c’è paragone con il fascino e la bellezza di Lindos. Raggiungere la spiaggia è più complicato del previsto, ma alla fine la troviamo e parcheggiamo proprio dietro alla striscia di sabbia semi attrezzata. C’è poca gente qui, e anche gli ombrelloni da noleggiare sono pochi, se uno vuole può portarsi il proprio e sistemarlo dove più gli piace senza alcun problema. La spiaggia è lunga e abbastanza pulita, l’acqua è semplicemente fantastica, come dappertutto qui, ma quello che mi piace di meno è ciò che c’è intorno: case basse un po’ vecchiotte costruite proprio a ridosso della spiaggia, una taverna poco curata, poche piante e un disordine generale che non rende il posto troppo accogliente. Non ci va molto di passare tutta la giornata qui, e comunque preferisco di gran lunga le spiagge di ghiaia, dove l’acqua è cristallina, così ci limitiamo a fare qualche foto e ritorniamo su sulla via principale, proseguendo la nostra esplorazione in direzione nord.

Più avanti vediamo l’indicazione per la famosissima spiaggia di Tsambika, una delle più grandi e belle di tutta la costa, ma visto che siamo già arrivati fin qui decidiamo di provare a proseguire ancora dritto e arrivare fino alla Anthony Queen Bay, a una trentina di chilometri da Lindos, per vedere com’è realmente questa baia così famosa e soprattutto quanta folla c’è. La strada è scorrevole e il traffico non è eccessivo, s’intensifica solo un po’ nel momento in cui arriviamo a Faliraki, uno dei centri più frequentati dai giovani dell’isola e dai turisti per via dei suoi mille locali dove si può bere e ballare fino all’alba. Passiamo nella zona esterna del paese, e subito resto impressionata dalla quantità di edifici stravaganti e kitsch che si concentrano in poche centinaia di metri. Un castello di cavalieri medievali, un luna park, un ristorante-caverna dei Flinstones, una pagoda cinese, un locale tipo far-west, una piazza con una copia enorme del Bacio di Rodin sistemata in mezzo agli ibischi, e via così con assurdità simili per un bel tratto – e questa è solo la zona periferica! Sarà che è giorno, la luce è forte ed è tutto quasi deserto, ma l’impressione che suscitano questi edifici è davvero bizzarra. Ribattezziamo questo paese la Las Vegas di Rodi e proseguiamo la nostra marcia lungo la via principale, rallentati solo da alcuni chilometri di lavori in corso.

In effetti ci sono i segni dei lavori in corso, ma di fatto non si vede nessuno che sta lavorando in questo momento, e lo stesso vale anche per molti complessi che notiamo lungo la strada a mano a mano che procediamo verso nord. Dove la concentrazione di case e negozi diminuisce, si sgranano resti di edifici in costruzione che in realtà sembrano abbandonati, con strutture in cemento armato nude come scheletri spolpati, enormi alberghi a file e file di piani ancora da completare, detriti e ferraglie a mucchi lungo la via, e nessuno che ci stia lavorando. Una buona parte dei grandi complessi alberghieri, compresi quelli già finiti e attivi, è stata costruita davvero molto vicino al mare e con totale sprezzo per una qualunque ricerca minimamente estetica che potesse preservare almeno in parte la bellezza naturale del luogo. Casermoni squadrati grandi e fitti come alveari, condomini di periferia dall’aria squallida che qualche tinta colorata, due fiori e uno sventolio di bandiere non bastano certo a rendere tollerabili. Si ha come la sensazione che le parole “piano regolatore” e “tutela del territorio” in greco non esistano, o se pure esistono, qui a Rodi lo ignorano. Ed è un vero peccato, perché tanto è brutta e irritante l’opera degli uomini lungo questa costa, tanto spettacolare e meravigliosa è la natura, che qui ha dato davvero prova di quanto può essere straordinaria quando ci si mette. Il mare è meraviglioso ovunque, azzurro carico e specchiato nel cielo terso, immobile e denso come un olio luminoso. La linea costiera è tracciata con una matita morbida che ha disegnato solo piccole curve armoniose e insenature dolci, sembrano fatte apposta per spiegare a chi le guarda che cos’è una baia. Le colline di roccia dorata spruzzate qua e là di cespugli verdissimi e olivi dalle chiome rotonde non sono né troppo brulle né troppo sfacciate, solo la cornice ideale per racchiudere l’immagine di questo Mediterraneo splendido che qui si mostra al meglio di sé. Ci sono anche molte capre lungo la strada, libere e tranquille, stese all’ombra o inerpicate su in alto a cercare i cespugli migliori da sgranocchiare, e qualche asino legato a una corda in mezzo a un campo perché non possa arrivare fino alla strada. Vediamo qua e là vecchi edifici in disuso che stanno ormai crollando a pezzi nell’indifferenza – o nella miseria – generale, e ogni tanto, carcasse di auto lasciate ad arrugginire sotto un albero. Ora, se c’è una cosa che mi deprime sono le carcasse di auto abbandonate in giro nell’incuria generale, sono il segno che l’indifferenza e la mancanza di controllo hanno ormai superato il livello di guardia, per questo mi dispiace particolarmente vederle qui. E però non ci sono solo cose brutte lungo la via, ci sono anche tante cose belle, come le moltissime piccole chiesette perfettamente tenute, dedicate ai vari Giovanni, Paolo, Nicola, Giorgio o chissà quanti altri, tutte perfettamente bianche, con il loro piccolo tetto colorato dai bordi all’insù, le pietre di rifinitura sistemate una ad una, e la scala di accesso con i fiori intorno. Ce ne sono proprio tante lungo la strada, una ogni pochi chilometri, se ti serve un bagno qui puoi essere nei guai, ma se hai bisogno di dire una preghiera urgente non c’è problema, rallenti un po’ e trovi sicuramente il bivio giusto – basta girare la maniglia, e sei davanti a Dio.
La Anthony Queen bay si raggiunge facilmente grazie a dei cartelli vecchiotti ma sufficientemente visibili, che indicano la svolta a destra della via una quindicina di chilometri prima di Rodi. Basta seguire le frecce per raggiungere il parcheggio (gratuito), dove lasciamo l’auto per andare a vedere se abbiamo finalmente trovato la nostra spiaggia per oggi.

Ci affacciamo in cima alla scala che porta giù alla baia per vedere com’è, e d’un tratto ci ritroviamo davanti allo spettacolo mozzafiato di un paradiso naturale straordinario, dove l’acqua cambia colore ancora una volta per diventare verdissima e cristallina, circondata da rocce e piante folte. Un angolo incantevole e tranquillo dove sicuramente verrebbe voglia di passare non solo una giornata, ma un’intera vacanza. C’è già un po’ di gente perché siamo in tarda mattinata, e questo è un posto dove in alta stagione o si arriva presto o non c’è verso di entrare, ma per fortuna in giugno le cose sono decisamente più gestibili. Nella zona centrale della baia ci sono ancora degli ombrelloni liberi, e per i soliti 8,00€ la signora ce ne affida addirittura due, vicinissimi, e due lettini. La zona è rocciosa, difficoltosa sotto diversi punti di vista, ma ovviamente questo non basta a fermare la quantità di persone che arrivano qui ogni giorno desiderose di godersi questa meraviglia naturale.

Il fatto – noto a tutti visto anche il nome della baia – che su questa spiaggia siano state girate alcune scene di un film importante come “I cannoni di Navarone” interpretato appunto da Anthony Queen ha certamente il suo fascino, ma il motivo per cui tutti vogliono venire qui non ha bisogno di incentivi cinematografici: il fatto è che questo è un posto bellissimo, uno spettacolo della natura, e nessuno ci vuole rinunciare. Questa è, senza alcun dubbio, la più bella baia dell’isola, nonostante le sue dimensioni ridotte, e non c’è bisogno di averle viste tutte per poterlo affermare.

Sistemiamo le nostre cose all’ombra, al riparo dal sole intenso delle ore del picco, e ci godiamo il paradiso naturale che abbiamo davanti con tutta calma. C’è un po’ più di gente rispetto alle altre spiagge già viste, ma niente d’insopportabile in effetti, e quando andiamo a fare il primo bagno siamo quasi soli in questo specchio di smeraldo.

La concentrazione di italiani qui è particolarmente alta, piccoli gruppi familiari o coppie vanno e vengono senza fare troppa confusione – con qualche piccola eccezione – ma avevo letto che in agosto la situazione diventa quasi invivibile, e sono contenta che la nostra giornata invece scorra al meglio. Al secondo bagno anche Luca non resiste a quest’acqua spettacolare e resta dentro più a lungo del solito ignorando il rischio scottature, e finalmente si cimenta in una delle sue originalissime creazioni trovando una soluzione tutta sua alla mancanza di sabbia da modellare. Non me ne accorgo subito, presa a cercare di scattare qualche foto che possa rendere un minimo di giustizia alla bellezza straordinaria di questo posto, così quando lo raggiungo in acqua scopro che è già all’opera. In mancanza di sabbia – e… di neve – ha iniziato a creare un “omino di sassi” nell’unico posto dove può provare a farlo, direttamente sott’acqua! Sta venendo proprio bene, mi piacciono i piedi grandi e il cappello colorato, ma soprattutto mi piacciono quella fantasia e quella creatività tutte sue che lui ci mette sempre quando s’inventa queste cose.


Ci vuole un po’ a finire l’omino, il movimento lieve delle onde continua a spostare i piccoli sassolini dei bottoni e della faccina che vanno continuamente rimessi a posto, e sono risate alla ricerca del sassetto dalla forma e dal colore più giusto, ovviamente una scusa banale per stare a mollo in quest’acqua calda e chiara come luce, mentre gruppetti di piccolissimi pesciolini quasi trasparenti vengono via via a scuriosare vicino alle mani di Luca per vedere come procedono i lavori. Quando usciamo dall’acqua lasciamo l’omino sommerso inquadrato nella sua piccola cornice di sassolini, e nella grande cornice di bellezza naturale nella quale è racchiusa questa baia cristallina.

Restiamo in spiaggia il più possibile, tra bagni e chiacchiere sotto gli ombrelloni blu, ma alla fine non ci resta che cominciare a raccogliere le nostre cose. Dobbiamo percorrere oltre 30 chilometri per tornare a Lindos, e prima vogliamo fare un salto a vedere le Terme di Kallithea che sono proprio qui vicino. Ma è dura lasciare questo luogo incantevole, questa è una di quelle spiagge che da sola vale il viaggio fino a quest’isola azzurra.


Torniamo al bivio con la via principale e proseguiamo ancora per pochi chilometri verso nord, fino alle indicazioni che portano direttamente al parcheggio delle Terme di Kallithea. Le descrizioni sulla guida ci hanno incuriositi tanto che abbiamo deciso di venire a vederle di persona, nonostante ci sia un piccolo biglietto d’ingresso da pagare (3,00€ a testa). Si tratta di una struttura termale costruita per volontà e cura del Governatore nel 1929, durante il periodo di dominazione italiana sull’isola, su disegno di un architetto italiano che cercò di creare un posto che avesse il fascino e l’eleganza di un complesso termale in chiave marina. Dopo un primo successo, in seguito agli eventi storici che rivoltarono l’Europa intera, lo stabilimento fu abbandonato e andò praticamente in rovina, e solo recentemente è stato completato un attentissimo lavoro di restauro che ha finalmente riportato questo luogo così particolare al suo antico splendore. L’ingresso è definito da due alte torrette e da un cancello lavorato che da accesso a una rotonda dominata da una grande fontana, dietro alla quale si trovano la biglietteria e il vero corridoio di entrata agli stabilimenti. Sotto un grande pergolato ornato di fiori si srotola come una guida un bellissimo pavimento in acciottolato bianco e nero disegnato a piccole losanghe geometriche, per un ingresso di grande effetto scenico.

Alla fine del corridoio, una scalinata decorata a figure marine con la stessa tecnica tipica dei ciottoli bicolori degrada fino al giardino e al primo edificio di rilievo del complesso, la piccola rotonda delle terme, con il tetto a cupola traforato che lascia entrare sottili fasci di luce come un cielo stellato, con una vasca rotonda al centro circondata da sedute in pietra, raggiungibili attraverso scale che scendono giù da archi dalla forma di fiore vagamente moresca. Un luogo fresco e raffinato circondato di palme, che da certamente un’impressione di benessere e relax.


Tutto l’ambiente ispira relax ed eleganza in effetti, dalla piccola baia circondata di piante ai giardini curatissimi e pieni di fiori che si estendono tutto intorno, visitabili percorrendo sentieri di ghiaia e candidi colonnati che permettono di passeggiare nell’ombra fresca del tardo pomeriggio.

Da un sentiero a destra dell’ingresso si arriva alla grande rotonda, un vasto spazio semi-aperto delimitato da colonnati e arcate e coperto da una grande cupola bianca alta oltre 14 metri, che è l’edificio centrale di questo complesso così attentamente recuperato, dove un tempo sorgeva proprio la fonte delle acque termali. Una parte della struttura, di forma circolare e splendidamente pavimentata, è oggi adibita a mostre fotografiche o pittoriche, e in questi ambienti si svolgono molte delle attività culturali organizzate sull’isola.

Nella parte più interna della grande rotonda si percorre un corridoio circolare le cui arcate si aprono bianche ed essenziali sull’azzurro intenso del mare, lasciando entrare il vento profumato di salmastro che arriva direttamente dalla baia. Diverse porte si aprono ad arco su stanze riservate a esposizioni e mostre di vario tipo, compresa una storia fotografica dettagliata del restauro di questi luoghi e una serie di magnifici ritratti di attori che hanno partecipato a film importanti girati sull’isola di Rodi, oltre a regalare una vista splendida sui giardini e sui i fiori che circondano la struttura da ogni lato.


E’ solo al cuore della rotonda, dopo aver percorso innumerevoli pavimenti magnificamente decorati e aver goduto di scorci panoramici bellissimi che occhieggiano a sorpresa da ogni lato, che troviamo lo spazio più importante dell’intera area, proprio sotto la cupola, uno spazio circolare e aperto circondato di arcate nel cui centro si trova la Fontana dell’Amore, una fontanella in pietra simbolo delle acque termali sormontata dalla statua di un piccolo angelo sorridente. Lo spazio è bellissimo e le proporzioni tra chiuso e aperto, con l’azzurro del cielo che entra dappertutto e si mescola al rosa intenso delle buganvillee in fiore, regalano un’impressione di leggerezza e piacevolezza insieme. In questo spazio così particolare sono sistemate alcune file di sedie per i visitatori che le occupano in occasione di concerti, conferenze, presentazioni e altre manifestazioni culturali.

Finito il giro torniamo sui nostri passi e dopo poco ci ritroviamo nei giardini esterni, a camminare sotto colonnati e lungo vialetti circondati di piante fiorite, uno spettacolo decisamente diverso dalla vegetazione bassa e cespugliosa che abbiamo visto finora in giro per l’isola, certamente figlia di una carenza cronica di acqua durante i lunghi mesi estivi.

All’uscita riprendiamo la nostra Jimny, ed è abbastanza tardi quando arriviamo a Lindos. Il sole sta calando lentamente e l’aria è come rarefatta, eppure, nonostante la sera stia lentamente scendendo, la luce fa fatica ad arrendersi e a lasciare la distesa liscia del mare, che continua a riflettere la cupola del cielo come uno specchio d’argento. Lasciamo l’auto al grande parcheggio sotto al paese, dal quale si vede la zona recintata dove rientrano gli asinelli dopo la loro lunga giornata di scalate e discese dall’Acropoli. Finalmente hanno un po’ di tempo per loro, per mangiare e riposare prima che sorga di nuovo il sole e un altro giorno tra i turisti ricominci. E vicino agli asinelli, ci colpisce l’immagine inaspettata di un campo da calcio costruito praticamente sul bordo del mare, con le porte e l’erba e l’impianto di illuminazione e tutto, ma senza tribune né curve né un qualche minimo spazio per gli spettatori. Intorno all’erba verdissima e ben curata, solo le rocce, e il mare. Un campo speciale per uno spettacolo riservato solo al cielo, e a qualche divinità che abbia voglia di affacciarsi a dare un’occhiata.

Il tramonto tinge di luce dorata la rocca e l’Acropoli, l’atmosfera si fa veramente magica in questi minuti della giornata, e tutto appare ancora più affascinante e fatato. La bellezza antica di questo luogo risplende diversa e limpida ad ogni ora, regalando ai visitatori uno spettacolo d’incanto infinito.


Ci prepariamo e usciamo nuovamente per andare a cena, è un po’ tardi ma qui è la norma cenare ad orari avanzati. Stasera scegliamo una taverna semplice in una delle traverse laterali della via principale del paese, da Maria’s, che è uno dei pochi locali senza la terrazza sul tetto ma con un bel salone arredato in meniera tradizionale e dotato di aria condizionata. Scegliamo piatti locali anche qui, zuppa, Moussaka e stufato, e anche un po’ di formaggio con olive e pita, ed è tutto saporito. Ad un certo punto della cena un ragazzino sordomuto entra a fare il giro dei tavoli offrendo piccoli oggetti in cambio di un’offerta minima per la sua associazione, e noi scegliamo di tenere un buffo coniglietto di gomma che si illumina dall’interno. Lo chiameremo Rhodos, e ci ricorderà sempre dei giorni bellissimi che stiamo vivendo su quest’isola immersa nella luce.

Dopo cena facciamo un giro per le vie del paese, molti turisti sono ancora in giro e i negozi sono quasi tutti aperti. Arriviamo fino alla magnifica Captain’s House, adesso sede di un bar molto conosciuto, e decidiamo di entrare per un drink. Questo è uno degli edifici più antichi di tutta Lindos, e uno dei più belli. Fa parte delle costruzioni tradizionali che appartenevano ai capitani di marina del XVI e XVII secolo, abitanti tra i più ricchi del tempo e tra i pochi in grado di potersi permettere case del genere. L’edificio è meravigliosamente decorato sia sulla facciata d’ingresso che su quella più interna, dove si trovava l’abitazione vera e propria, e su entrambe spiccano le cornici di pietra dei portoni scolpite con decorazioni a cordoni. Anche i pavimenti sono disegnati con soggetti a tema marinaro con la tecnica tradizionale delle pietre bicolori, con un effetto generale davvero notevole.

Prendiamo due cocktail alla frutta, freschi e profumati, e facciamo un giro anche all’interno della casa vera e propria, dove ammiriamo l’arredamento tradizionale del tempo con i letti sollevati su soppalchi, i complementi in stile marino e il soffitto di assi di legno minuziosamente ricoperte di motivi policromi.

Restiamo un po’ seduti al fresco a goderci l’ambiente tranquillo, ma dopo un po’ cominciamo a sentire la stanchezza della giornata. E’ tardi, così ci avviamo verso casa mentre anche tutti i negozianti stanno mettendo dentro le loro cose per chiudere bottega. Abbiamo bisogno di riposarci un po’ e rimetterci in forma, perché abbiamo deciso che domani andiamo a fare un giro a Rodi città, e avremo certamente moltissime cose da vedere.

Domenica 19 giugno 2011: Agia Panagias – Acropoli di Lindos – Baia di Pallade – Festa Medievale

Dopo una serata molto bella la notte è stata complicata, non sono abituata a tanti brindisi e forse il caldo ha contribuito a farmi stare male. Per questo ci riposiamo più a lungo del solito al fresco della casina, ho bisogno di stare un po’ distesa e di riprendermi completamente prima di affrontare un’altra giornata all’aperto, e solo in tarda mattinata proviamo ad avventurarci di nuovo per le vie del centro.

Scendiamo fino all’Antico Teatro greco, scavato nella roccia della collinetta proprio di fronte alla piazza, e notiamo subito che in giro c’è più movimento del solito.

Le ragazze del posto stanno allestendo dei piccoli banchetti, dove espongono antichi oggetti di legno tipici della tradizione artigianale dell’isola, telai, fusi, mastelli, strumenti per fare l’olio e il vino e suppellettili varie di rame e terracotta. Stanno sistemando tutto come se preparassero un mercatino o una festa per la serata, così decidiamo che stasera torneremo certamente a dare un’occhiata.

Torniamo verso la via principale e raggiungiamo la chiesa di Agia Panagias, dedicata all’Ascensione della Vergine, che finalmente è aperta. Superiamo il cortiletto, dove si innalza il bellissimo campanile bizantino in pietra, e raggiungiamo l’ingresso, c’è poca gente e quell’oscurità fresca che solo le chiese sanno conservare. Dentro non si possono fare foto purtroppo, ed è un vero peccato perché l’interno è quello tipico delle chiese ortodosse, tutte fitte di icone d’argento, ritratti di santi, affreschi, incensiere, lampadari, arredi in legno scolpito e statue votive, ma la cosa assolutamente più particolare e splendida di questa chiesa a navata unica è il pavimento, realizzato con le classiche pietre bianche e nere che si alternano a formare una losanga a zig zag orizzontale di straordinaria raffinatezza. Non manca neppure qui la vasca di sabbia dove bruciano candele sottili color fango, sistemata vicino alla grande cesta del pane per i fedeli. Visitiamo anche il museo (1,50€), di fatto una grande stanza attigua alla chiesa dove sono conservati alcuni bei pezzi in argento tra candelabri e messali, e un paio di affreschi di santi molto antichi e ancora intatti. All’uscita dal museo proseguiamo in direzione dell’Acropoli risalendo i vicoli in direzione della rocca, tra scalinate di pietra e case talmente bianche da sembrare appena dipinte.

Il sentiero prosegue oltre la fine del villaggio, da dove si trasforma in una salita fatta un po’ di scale e un po’ di sterrato, abbastanza dura da fare ma dalla quale si godono scorci panoramici assolutamente spettacolari su tutta Lindos e la sua baia, tanto che non si sa più se il fiato manca per la fatica o per la vista…

Una volta in cima oltrepassiamo la stazione degli asinelli, dove si fermano coloro che scelgono questo mezzo per arrivare fin quassù, e attraversiamo il primo arco d’ingresso, rimanendo sorpresi di vedere quanto siano grandi i merli in pietra del muro di cinta della fortezza, e come siano in ottimo stato. Paghiamo il biglietto d’ingresso (6,00 € a testa) ed entriamo, non c’è troppa folla per fortuna, l’orario più caldo e la stagione ci aiutano in questo senso, e ci prepariamo ad affrontare la visita delle diverse aree dell’Acropoli.

La prima zona dove ci fermiamo è subito dopo il piazzale d’ingresso, un’area alberata elevata di pochi gradini dalla quale si può ammirare in tutta la sua potenza questo castello fortezza costruito dai Cavalieri di Rodi nel IVX secolo. Siamo subito all’interno delle mura, la cui merlatura è visibile praticamente da ogni angolo di Lindos, ma ancora al di fuori del castello e non ancora in vetta alla rocca sulla quale si erge il tempio di Atena. Da qui si gode una vista spettacolare sulla baia e sul piccolo porto del paese, e si può osservare in ogni dettaglio la serpentina del sentiero percorso dagli asinelli col loro carico di turisti non arrampicatori.


Per entrare nel castello si deve salire un’altra scalinata scavata nella pietra, ripida e lunga, addossata alla parete a strapiombo della fortezza, dall’alto della quale la vista è sempre più spettacolare. Fa caldo ma per fortuna non c’è troppa gente, così possiamo muoverci liberamente.

Dalla scalinata passiamo direttamente dentro il primo edificio, dove troviamo finalmente un po’ d’ombra e di fresco, e dove restano ancora le tracce degli antichi gradini scavati nella pietra che erano proprio quelli usati dai cavalieri per accedere a questi locali.

All’uscita da questo primo edificio troviamo un altro grande spazio aperto nel quale sono sparsi resti di capitelli, colonne, pezzi di mura che facevano parte degli antichi magazzini, e un nuovo tratto ancora intatto di fortificazione che rende perfettamente l’idea di quanto imponenti e massicce fossero le mura costruite a difesa di questo castello piazzato in cima alla rocca, a oltre 100 metri sul livello del mare.

Tra i resti di capitelli e le tracce di tre grandi cisterne per l’acqua troviamo iscrizioni incise e qualche targa esplicativa, e più avanti saliamo una nuova scala in pietra molto irregolare e arriviamo a uno spazio ampio e aperto. Sulla destra ci sorprende la vista dei resti di un’antica chiesa bizantina dedicata a San Giovanni, con la sua abside esagonale perfettamente in piedi, le finestre ad arco, le pareti in pietra e le tracce delle navate ancora ben visibili. E’ bella, e strana da trovare quassù.

Perché, di fatto, basta voltare lo sguardo per trovarsi di colpo catapultati 1000 anni ancora più indietro, nell’antica Grecia ellenistica, quella delle colonne coi capitelli dorici, dei filosofi, e dei templi dedicati agli Dei, non serve neppure muoversi, basta solo girare la testa, et voilà, una lunga fila di colonne si erge davanti a noi elegante e solenne, di fronte allo spazio rettangolare dell’antica Stoà. Non ho mai visto strutture di questo tipo dal vivo prima d’ora, resto letteralmente incantata di fronte a questa linea di colonne allineate, armoniose, perfette, assolutamente “classiche”.


Dietro alle colonne, una scalinata monumentale ci porta ancora più in alto, fino ai Propilei che fanno da preludio al tempio vero e proprio. Sistemati ai lati della scala, immersi nella luce intensa, si staccano sullo sfondo blu del cielo come fantasmi pietrificati di un mondo lontano.

E finalmente arriviamo in cima alla rocca, nel luogo più sacro e speciale, nel quale sorge lo splendido tempio di Atena Lindia. Un giro di colonne quasi completo racchiude lo spazio magico riservato al culto di Atena, adorata quassù fin dal IV secolo a.C.. Un luogo bello abbastanza da essere dedicato a una Dea, sulla vetta di una rocca circondata dal mare e sprofondata nella luce. Difficile trovare un luogo più suggestivo e più adatto a una divinità.


Lo spettacolo del panorama dall’alto della rocca è formidabile, lascia senza fiato. Mare azzurro e luce ovunque, templi e colonne, scalinate, atmosfere antiche e divine, la sensazione di trovarsi in un luogo unico e senza tempo.

Sulla destra del tempio il bastione più estremo della fortezza si affaccia direttamente sul villaggio di Lindos, disteso ai piedi della rocca come un fazzoletto bianco. Dopo aver visto tante volte l’Acropoli dal paese, adesso siamo quassù, a vedere la distesa delle casette candide e la bellissima baia di San Paolo dall’alto degli spalti delle mura.

Lentamente giriamo intorno alla zona del tempio fino ai magazzini, dove sono conservati resti di vasi e oggetti votivi dedicati alla dea, poi ancora strutture che fanno parte del castello dei cavalieri, e un’ultima parte di cinta muraria.

Torniamo all’edificio dal quale eravamo entrati, lasciandoci le colonne, il mare e una grande pianta di olivo alle spalle. Riattraversiamo l’ombra dell’ingresso e ridiscendiamo la lunga scala che porta ai piedi della fortezza, ma è con dispiacere che abbandoniamo il magico spazio dell’Acropoli. Stare quassù, immersi in tutta questa luce e questa bellezza, è stato come viaggiare nel tempo.

Al di sotto dell’uscita dall’Acropoli c’è un piccolo bar con le panchine al fresco, così ci fermiamo a prendere un gelato e a risposarci un pò. Mentre mangiamo un gelato arriva un bellissimo gattino rosso, curioso di sapere cosa stiamo facendo, e in neanche 5 minuti lo raggiungono anche i suoi fratellini insieme a mamma gatta. Sono molti i gatti in giro per Lindos, socievoli e simpatici.

Dopo la sosta riprendiamo la discesa del sentiero, diretti di nuovo verso casa. Fa molto caldo e cominciamo ad accusare un po’ di stanchezza. Le ore di sonno perso della notte passata cominciano a farsi sentire e sommate alla lunga scalata sotto il sole ci convincono a riposarci un po’. Abbiamo bisogno di recuperare energie e di lasciar sedimentare tutta quella bellezza appena incamerata dai nostri occhi.
Sono quasi le cinque quando usciamo di nuovo, rinfrancati e pronti ad esplorare ancora i dintorni del villaggio. Decidiamo di scendere in auto verso la Baia di Pallade, tanto per vedere se anche da vicino è così bella come appare dall’alto, perché è un vero peccato avere questo mare a due passi e restargli lontano. Scendiamo giù per una discesa terribile lungo una stradina semi-sterrata che se solo avessi saputo che era così l’avrei fatta certamente a piedi, per fortuna c’è almeno un parcheggio decente in fondo alla via, e dato l’orario del tardo pomeriggio è quasi tutto libero. La spiaggia è a pochi metri, una baia ampia di acqua color smeraldo che splende alla luce del sole che scende. La striscia di sabbia non è molto profonda ma ci sono solo due o tre file di ombrelloni, niente di troppo fitto, e a quest’ora restano pochissimi bagnanti. Chiedo al bar se possiamo sistemarci sui lettini e un signore mi risponde che possiamo pure metterci dove vogliamo, perché dopo le 5 non si deve più pagare nessun noleggio. Fantastico.

Ci sistemiamo vicino alla riva – ma qui è tutto vicino alla riva – e poco dopo stiamo già facendo il bagno. L’acqua è calda e poco profonda, ci sono un po’ di sassi ma la maggior parte del fondale è sabbioso e liscio, per questo forse l’acqua è un po’ meno limpida ma è comunque bellissima. Restiamo a mollo a lungo, per rinfrescarci dopo tutto il caldo sofferto sull’Acropoli e goderci la visione fantastica del promontorio e della baia viste dall’acqua. E’ tardi quando decidiamo di raccogliere le nostre cose e tornare verso la macchina, sulla spiaggia non c’è quasi più nessuno. Sulla via invece c’è molta confusione, e un paio di vigili si stanno dando da fare per gestire un numero di auto e di persone a piedi insolitamente alto. Intravediamo anche alcuni ragazzi vestiti alla maniera dei cavalieri, e alcune bambine con degli abitini da antiche contadinelle, il che ci fa ricordare della festa di stasera. Torniamo a casa e ci prepariamo in fretta, quindi usciamo incuriositi, per andare a vedere di cosa si tratta esattamente. Sentiamo la musica per le vie, ci sono torce e candele dappertutto al posto delle luci elettriche, e più ci avviciniamo alla piazza del Teatro più la folla si infittisce e la confusione aumenta. Passiamo davanti al Symposio e Marco ci saluta cordiale, e alle nostre domande ci spiega che si tratta della prima edizione della Festa Medievale di Lindos, per ricordare i tempi in cui il villaggio era uno dei più importanti dell’isola sia politicamente che economicamente, e in cui i Cavalieri di San Giovanni erano personaggi molto influenti per la vita della popolazione locale. Sulla piazza i banchetti sono allestiti con grande cura, le ragazze degli stand indossano abiti tradizionali e versano vino bianco che distribuiscono come omaggio di benvenuto a tutti. Ci sono banchetti dove si possono acquistare dolci tipici, vasetti di miele, biscotti, bottiglie di vino o di olio locale e addirittura piccolissime piante di olivo da mettere nel giardino di casa. Se non ci fosse il problema dell’aereo me la porterei sicuramente via, una di queste meravigliose piantine con le foglioline argentate e il legno profumato, perché non c’è albero più bello dell’olivo per me, e non c’è olivo più bello di quelli che crescono sulle isole, con le radici nella sabbia e le fronde profumate di salmastro.

Nel centro della piazza un gruppo vestito in abiti tradizionali suona musica greca su strumenti tipici per accompagnare il canto di una ragazza dalla voce bellissima, mentre due asinelli mangiano tranquillamente il loro fieno pochi metri più in là. Di fronte a questo piccolo palco improvvisato una tribuna di personaggi un po’ stravaganti pare ascoltare l’omaggio di questi canti con grande compiacimento, bambini di ricchi e di contadini, dame, popolane, e soprattutto Cavalieri, e poi ragazze in abiti di velluto, signori con pizzi e parrucche, soldati con elmi e mantelli siedono in mezzo alla folla con un’aria di festa negli occhi. Visti più da vicino i costumi non sono poi così precisi, gli accessori sono spesso in plastica o cartone e alcuni abiti sono quantomeno cronologicamente anomali (che ci fanno dei perfetti damerini del ‘700 a una serata medievale?), ma non dev’essere stato facile organizzare una festa simile su un’isola così piccola. L’impressione è che tutto il paese sia stato coinvolto in questa cosa, e quel che è più bello è la soddisfazione che si può leggere sui volti dei partecipanti per questa notte vissuta da protagonisti. Passa persino una specie di sfilata storica, con la banda musicale e tutto, mentre gente in costume si disperde per le viette del centro affollate di curiosi arrivati da tutta l’isola per assistere alla festa.

Camminiamo tra la folla fitta, che mi fa pensare a quello che deve essere l’assalto dei turisti di agosto, e arriviamo fino alla creperia di George, dove abbiamo deciso di cenare. C’è pieno anche lì, sono tutti impegnatissimi con questo evento, ma dopo un po’ ci trovano un tavolo e ci possiamo sedere per mangiare. Assaggiamo le sue crepe salate, che sono profumate e ottime, e ce ne concediamo anche una dolce, con nutella e fragole, seguita da un buon espresso.

E’ quasi mezzanotte quando usciamo, ma c’è ancora molta gente in giro. Passeggiamo fino a casa per le vie illuminate dalle torce, in un’atmosfera ancora più incantata del solito. Siamo stanchissimi, ma nonostante l’inizio difficile, anche questa è stata una buona giornata.

Sabato 18 giugno 2011: Prassonissi – Gennadi Beach – Symposio

Sveglia all’alba anche oggi, in questo giorno così speciale che è la vera ragione per la quale siamo qui. Alle 8 il sole splende già potente in un cielo di porcellana così azzurra da fare male agli occhi.

Mentre facciamo colazione al tavolino della nostra veranda decidiamo una specie di itinerario di massima per la giornata che ci porterà verso sud, fino alla famosa punta di Prassonissi, dove finisce l’isola, per vedere il punto in cui i due mari che la circondano, il Mediterraneo e l’Egeo, non hanno più terra che li separi, e possono incontrarsi di nuovo. Non è molto lontano, ci mettiamo meno di un’ora con la nostra Jimny lungo una strada liscia e tranquilla, scortati da un panorama di rocce brulle e spettacolari baie color smeraldo, piccoli centri fitti di negozietti e grandi strutture turistiche che neppure un certo tentativo di cura estetica riesce a rendere eleganti quanto pretenderebbero. Solo l’ultimo pezzo di strada è un po’ più difficoltoso, pieno di curve e sterrato, ma alla fine il colpo d’occhio è indubbiamente notevole. L’isola finisce davvero in una punta, la terra si restringe in un cono piatto di sabbia che si allunga in una lingua sottile, appena percettibile dall’alto, per poi allargarsi di nuovo in un promontorio tondeggiante che si solleva sul livello del mare, grossa goccia di terra gonfia che sembra continuamente sul punto di staccarsi, secondo i ritmi e la volontà delle maree. A poterla vedere da dove volano i gabbiani, deve essere ancora più spettacolare.

Scendiamo la serpentina di curve fino giù al parcheggio che è già spiaggia, lo spazio a disposizione è occupato da parecchie auto e camper sistemati in file regolari. Alle spalle della spiaggia ci sono due taverne sempre aperte e diverse strutture dove dormire o fare spese, così che anche chi decide di venire a fare la sua vacanza quaggiù allo sprofondo non è proprio in mezzo al deserto. Scendiamo e ci inoltriamo a piedi verso la punta, spinti da un vento forte e teso. La spiaggia sulla destra è quella della costa occidentale, che finisce così come arriva da su, battuta dalle onde e bianca della schiuma del mare agitato, la spiaggia sulla sinistra invece è una lingua di sabbia accarezzata da onde piccole e dolci, limpidissime, luccicanti nel sole. L’unica cosa comune è il vento, forte e continuo, che spazza a suo piacimento ogni angolo di questa distesa piatta. C’è molta gente in giro, alcuni passeggiano altri sono addirittura distesi a prendere il sole, ma nonostante la particolarità del luogo non m’interesserebbe passare una giornata intera qui. La spiaggia è poco tenuta e un po’ sporca, la sabbia è scura e grossolana, lo spazio a disposizione è vasto e tutto libero ma non è certo l’ideale per stendersi, il vento forte ti soffia la sabbia addosso, e chi si stende deve adattarsi a sistemare l’asciugamano in posti poco puliti. Ma se sei un serfista, allora devi stare qui, non c’è posto migliore in tutta l’isola. Decine di kitesurf volano in aria come farfalle colorate con le ali gonfie di vento, trascinandosi dietro ragazzoni robusti che hanno l’aria di divertirsi un mondo. Loro sì, che sono uno spettacolo da non perdere.

La cosa più bella per me, comunque, quella per cui sono venuta apposta fin quaggiù, è vedere il punto esatto dove i due mari si incontrano. O meglio, si scontrano. Perché l’impressione che danno, qui, queste due onde contrarie che vanno a sbattere una contro l’altra all’infinito, non è quella di un abbraccio, né di mani che si toccano dai due lati di un confine, ma di uno scontro semmai, un urto, un tentativo trattenuto ma pronto a farsi più intenso di prevalere una sull’altra. C’è inquietudine in questo movimento infinito, nervosismo, persino in questa giornata di mare liscissimo. Però la striscia di sabbia lungo la quale i due versanti di onde si avvicinano è bellissima, terra di nessuno neutrale e silenziosa, meridiano indifferente, testimone paziente della più inutile delle battaglie. Sentire l’acqua che ti sfiora i piedi è bello, ma sentire due onde diverse arrivare a tirarti i piedi da due direzioni opposte è strano, e nuovo, lascia confusi, e disorientati. Insomma, da che si vede il mare per la prima volta, da piccoli, si impara che quello lì dove mettiamo i piedi è il bordo più vicino a noi di quello sconfinato elemento acquatico che si srotola libero fino dall’altra parte del mondo. Voltarsi e trovare un altro confine esattamente uguale al primo distendersi dalla parte opposta è decisamente insolito, e sconcertante. Una visione che confonde, un corto circuito per gli occhi e per il cervello. Perché se c’è una cosa che per tutti è una è il Mare, e qui di colpo ci si trova di fronte a due. Molto singolare.

La lingua di terra che divide la spiaggia dal promontorio si infila sott’acqua per una distanza di qualche decina di metri, la profondità non è eccessiva, forse intorno a 2 metri, e diverse persone tentano il guado del tratto a piedi per arrivare di là ignorando completamente i cartelli di pericolo. Però non è una buona idea, anche se le acque non sono profonde le correnti sono molto forti e ti possono trascinare via in un attimo. Dopo un ultimo giro torniamo verso l’auto, lasciandoci i due mari e il vento alle spalle.
Risalendo verso nord lungo la via costiera vediamo un cartello che indica la “Fabbrica della seta”, al bivio con una stradina sterrata che porta tra i campi, verso quel che resta di un grosso edificio diroccato. Svoltiamo incuriositi e lo raggiungiamo in pochi minuti. Si tratta effettivamente del rudere di una grande struttura recintata con un ingresso ad arco elegante, che però all’interno non conserva assolutamente più niente di quello che era. Qualche muro divisorio, una nicchia, erbacce dappertutto dove un tempo, chissà come e perché, si fabbricava il tessuto più morbido e lucente che esista.

Continuiamo lungo la stessa stradina sterrata, superando capre curiose e casupole sperdute, e costeggiamo i resti in pietra di un’antica struttura che un tempo era una chiesa dedicata a San Paolo, che secondo la leggenda su quest’isola fece effettivamente naufragio e che qui svolse parte della sua opera di evangelizzazione.

Raggiungiamo di nuovo la via principale, e poco più su ci fermiamo ancora nel cortile di una chiesa che avevamo notato all’andata per vedere meglio di cosa si stratta. Sembra una chiesa in pieno restauro, anche se al momento non c’è nessuno che sta lavorando. Il cartello dice che è dedicata a San Marco, la struttura è abbastanza grande ma essenzialmente la forma è quella classica, mura bianche e tetto rosso a botte, portale di mattoni ad arco sulla facciata semplice, e un campanile di mattoni a fianco sul quale è in funzione un orologio, proprio sotto alla campana. All’interno i lavori in corso sono ancora più evidenti, l’ambiente unico è completamente vuoto, il pavimento è ingombro di calcinacci, l’altare è coperto da teli di nylon impolverati, tutto è stranamente candido nella luce smorzata che entra dalle finestre.

A fianco della chiesetta una porta conduce a un piccolo chiostro, un portico quadrato con arcate che si aprono verso il centro sorrette da colonne e capitelli decorati da croci, molto bello ma in pessime condizioni. Ci sono molte macerie a terra e diverse parti fortemente pericolanti, le mura sono scrostate e imbrattate di scritte e la zona centrale, che di solito comprende un prato o delle piante, è una nuda gettata di cemento segnata da crepe. Non si capisce se i lavori di ristrutturazione riguarderanno anche quest’area, ma ci auguriamo di sì perché sarebbe bello che quest’angolo così affascinante fosse recuperato al meglio.

Continuiamo ancora lungo la strada che ci riporta in direzione di Lindos, fa caldo e il sole splende quasi al massimo della sua forza, però prima di arrivare alla spiaggia che abbiamo scelto per oggi vediamo un’altra indicazione verso una piccola chiesetta, e non resistiamo alla curiosità di fermarci anche qui. Parcheggiamo vicino alla zona esterna delimitata da pietre e piante, perfettamente tenuta, e ci avviciniamo alla minuscola cappella che sembra deserta. Diversamente da altre, questa non è bianca ma in pietra invece, piccola ma molto bella, con il tetto rosso a croce. Sembra tutto chiuso, ma ormai ne abbiamo viste diverse per sapere che basta abbassare la maniglia per entrare. Così è anche qui. L’ambiente unico è semplicissimo e molto curato, tappeti, sedie, qualche icona appesa, e il piccolo altare addossato alla parete sul fondo.

Non mancano un porta candele e un bel leggio in legno per la Bibbia, e il solito tavolo con olio e accessori vari necessari a tenere tutto in perfetto ordine. Fa molto caldo all’interno, eppure l’atmosfera è intima e semplice, ideale per favorire un momento di raccoglimento in chiunque abbia la voglia o l’occasione di passare di qui. L’impressione è che la devozione di chi si occupa di queste minuscole case di Dio sia davvero grande nella sua umiltà, senza fronzoli inutili né sfoggio vanitoso di orpelli superflui. Forse è questo che rende questi piccoli posti così piacevoli da visitare.

Finalmente, dopo pochi altri chilometri in direzione nord, raggiungiamo la spiaggia di oggi, Gennadi beach, indicata sulla guida come una delle più belle di questa parte di costa. Parcheggiamo e scendiamo verso la riva, che ci conquista subito a prima vista. Il posto è grande e tranquillo, c’è solo una fila di ombrelloni bianchi e gialli sulla ghiaia colorata, e sono quasi tutti liberi. Non vediamo nessuno per pagare così ci sistemiamo dove più ci piace, ormai sappiamo che prima o poi verrà qualcuno a riscuotere direttamente qui. La baia è molto ampia, praticamente una striscia di diversi chilometri che si perde ai due lati opposti, e noi siamo all’incirca a metà della lunga linea di costa. La spiaggia è di ghiaia colorata, sassolini piccoli e tondeggianti che scivolano fino al bagnasciuga dove l’acqua fresca li fa luccicare.

Facciamo il bagno poco dopo essere arrivati, Luca resta meno in acqua perché è più fredda del previsto e il sole scotta, ma io non resisto a tanta meraviglia e ignoro il rischio di bruciarmi pur di stare il più a lungo possibile in questo mare meraviglioso. Faccio un bagno lunghissimo in quest’acqua cristallina, quasi incredula di avere tanta bellezza tutto intorno a me.

Tutte le sfumature possibili dell’azzurro si dispiegano tra la riva rosata e l’orizzonte, per sciogliersi nel blu intenso del cielo. Quello disteso di fronte a noi è il Mediterraneo, e chi non l’ha mai visto deve venire qui, per conoscerlo. Questa è la vera bandiera della Grecia, questo azzurro e questa luce bianchissima sono i due soli colori in grado di rappresentare questa terra antica fatta di isole sparpagliate nel mare più bello che esista.

Dopo il bagno mangiamo la nostra frutta e ci riposiamo all’ombra, un ragazzo è passato a ritirare i suoi 7,00€ per la giornata, e difficilmente si potrebbe spendere questa cifra meglio di così. Restiamo a fare bagni e riposare fino a tardi, peccato solo che l’acqua sia decisamente più fredda rispetto a quella di Vlyha, ma forse l’impressione è dovuta anche al fatto che oggi l’aria è particolarmente calda. Sono quasi le 7 quando raccogliamo le nostre cose e ci prepariamo a tornare verso Lindos, la spiaggia è così calma e bella a quest’ora che lasciarla non è facile. E di certo ne porteremo il ricordo sempre con noi.

Rientriamo a casa e ci prepariamo per la cena di stasera, che dovrà essere un po’ più speciale del solito. Facciamo un giro in centro alla ricerca di un locale carino che ci ispiri, e alla fine scegliamo il Symposium, un bel ristorante lungo la via principale, con i tavolini all’aperto, un salone a pianterreno e la solita terrazza sul tetto. Il cameriere è un ragazzo italiano, Marco, che ci fa scegliere il tavolo che preferiamo nella sala che ci piace di più, giù vicino alla finestra, in un’atmosfera tranquilla e romantica, molto caratteristica, tra candele e arredi in legno e pietra.

Non appena gli diciamo che questa è una serata speciale si occupa di noi con grandissima gentilezza e competenza, e ci consiglia piatti e vino in maniera impeccabile. Cominciamo con degli antipasti squisiti a base di pesce freschissimo, dal sapore delizioso, accompagnati da crostini guarniti da salsine profumatissime.

Per secondo scegliamo ancora pesce naturalmente, gamberoni giganti e soprattutto granchio al forno, presentato in maniera molto scenografica, con il titolare del ristorante che viene personalmente a tagliare e svuotare le grosse chele profumate al nostro tavolo. Una vera squisitezza, così come la crème brûlé che Marco ci porta a sorpresa a fine cena, morbida e piacevole come questa serata.

Ci ricorderemo di questa giornata, e di questa serata così speciale nella quale siamo felici di brindare a un altro anno bellissimo passato insieme. Il brindisi è facile, in fondo: al prossimo. Ya mas!