Il mondo di Sally

L'importante non è cosa guardi, ma cosa vedi
 
Il mondo di Sally

Margherita Dolcevita

Sarà che io adoro Benni e potrei ascoltarlo raccontare per ore, sarà che i suoi ragazzini meravigliosi e puri mi incantano ogni volta che mi capita di incontrarli, che siano orfani o maghi, diavolesse o alieni, sarà che alcuni di loro sono proprio come avrei voluto essere io da bambina e anche – forse ancora di più – da grande. Di fatto c’è che io proprio non resisto alle sue storie, e ogni volta che ho la possibilità di infilarmi dentro ad una nuova avventura raccontata da quella sua voce arguta non riesco a fare a meno di perdermici, e la cosa più difficile alla fine è uscirne fuori, e lasciare quei mondi fantastici per tornare alla realtà. E’ accaduto di nuovo anche con questa storia, naturalmente. Avevo il libro nella mia libreria da un po’, lì tranquillo in attesa del momento giusto per saltarci dentro e lasciare tutto il resto fuori, e quando finalmente ho sentito che era tempo di farlo l’incanto ha funzionato subito, il mondo magico mi ha accolta e quello reale è sparito in un secondo, cancellato dalla visione dell’avventura di questa ragazzina deliziosa che scorreva davanti ai miei occhi come un film a colori.
Margherita Dolcevita ha un carattere forte e una famiglia stramba, di cui fanno parte un padre modesto, una madre esaurita che fuma finte sigarette guardando telenovelas in tv, un fratello adolescente ottuso, un fratellino piccolo genio, un cane botolo un po’ puzzolente e un vecchio nonno che elabora teorie tutte sue, e che le insegna a vedere i segreti del mondo esposti sotto gli occhi di tutti come la vita nella polvere che danza in un raggio di sole. Nonostante le stramberie e i difetti che riconosce in ognuno di loro, Margherita li ama per quello che sono e li difende con tutte le sue forze dagli inquietanti vicini che si sono trasferiti a sorpresa nel prato oltre la loro casa. E non può essere altrimenti, perché Margherita è una creatura adorabile, fantastica, dolce, intelligente, ironica, sensibile, un fiore di ragazzina. Una con un cuore talmente pieno di amore e di affetto da faticare lui stesso a starle dietro, e da sembrare perfino un po’ difettoso, proprio il suo, che pare essere l’unica ad avere un vero cuore in tutta la storia.
Una storia che parte quasi come una favola e che, via via che il rapporto tra la famiglia di Margherita e i misteriosi “Del Bene” si intensifica, si fa sempre più inquietante e cupa, per finire in un crollo così oscuro e tenebroso da essere quasi incomprensibile. L’ultimo capitolo è a momenti indecifrabile in effetti, ed è forse un po’ deludente rispetto al resto del romanzo, ma comunque nulla toglie alla meraviglia e allo spessore della piccola protagonista, capace di conquistare completamente chi ha la fortuna di incontrarla. Lei è decisamente uno di quei bambini straordinari di Benni dotati di lucidità assoluta e infinita capacità di amare, quelli che non si possono dimenticare e che si vorrebbe continuare a tenere con noi anche dopo che il libro è finito. Il linguaggio è quello del miglior Benni, acuto e fantasioso, creativo e divertente, che porta dalle risate alla commozione alla riflessione nella stessa pagina e con lo stesso piacere. Un vero spasso, talmente piacevole che alla fine gli si perdona in fretta anche quello strano finale apocalittico e oscuro. Ce ne fossero in giro, di Margherite Dolcevite….
La mia scena preferita: l’incontro notturno con Angelo all’albero-croce, lui e Margherita seduti nell’erba, il racconto del momento più bello della vita – un uomo che canta dietro la porta, il regalo assurdo di un astuccio con 86 matite di diversi colori – ma i colori del mondo sono di più, la gara a chi trova più verdi, moltissima emozione nell’aria e in quei due cuori rallentati, e anche tanto dolore, perché “se incontri un angelo, non avrai pace ma febbre”.
La frase che ricorderò – almeno due, stavolta:
“Il mondo si divide in:
quelli che mangiano il cioccolato senza pane;
quelli che non riescono a mangiare il cioccolato se non mangiano anche il pane;
quelli che non hanno il cioccolato;
quelli che non hanno il pane”

“Se ti arrendi a quattordici anni, ti abituerai a farlo tutta la vita”.

Gallina

Tra i nostri animali preferiti c’è sicuramente la gallina, che per noi è proprio simpatica per natura. Sarà per quei suoi occhiettini piccoli e neri, per le gambette sottili sotto al corpo cicciottello, o per il suo modo di fare curioso e fifone insieme, come una di quelle donnine ficcanaso che vogliono mettere il becco dappertutto ma poi si tirano subito indietro indispettite se provi a rimproverarle, non so. Fatto sta che per noi le galline sono proprio buffe, e ci piacciono sempre sotto qualunque forma si presentino, che siano vere, di ceramica, di stoffa, di maglia, cinematografiche o… da leggere.
Per questo, ogni qualvolta mi capita di trovare un pattern con una gallina non manco mai di salvarlo nella mia cartella riservata ai “knitted toys”. E visto che sono convinta che i colori perfetti di questo animale, bianco rosso e arancione, siano assolutamente dei colori portafortuna, ho deciso di realizzare questo delizioso progetto di Jacqui Turner per mia cugina, perché questa piccola gallina le porti fortuna durante i suoi esami all’Università.

Il pattern è molto semplice e molto veloce, e assolutamente divertente da lavorare. Si comincia dal fondo, con lana bianca e ferri di 3mm, e si procede aumentando via via le maglie per rendere il corpo tondeggiante, fino a calarle di nuovo per dare forma al collo e alla testa. Alla fine si lasciano le ultime maglie sul ferro senza chiuderle, si infila l’ago con lo stesso filo col quale si lavorava sui ferri e lo si passa attraverso le maglie aperte tirando il filo fino a chiuderle, in modo che formino la parte superiore della testa. Da qui si procede cucendo con tecnica “a tappezzeria” per unire i due lembi del retro della gallina, cominciando contemporaneamente a imbottire la testa e il collo e continuando a riempire il resto del corpo a mano a mano che si scende con la cucitura verso il basso. Una volta finito di chiudere il corpo si passa alle ali, che sono lavorate su ferri di 3mm a giri corti e lunghi, procedendo a montare, chiudere e rimontare le maglie dopo solo un giro, per creare la forma sfrangiata delle piume.

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Allo stesso modo si realizza la coda, che però ha piume più lunghe e più numerose. Foto 501 Una volta attaccate le ali e la coda e fatti i piccoli dettagli di occhi, becco, bargigli e cresta restano solo da fare le zampe, per le quali ho utilizzato una tecnica indicata nelle istruzioni che non avevo mai usato prima. Si chiama “I-cord” e consiste nel lavorare le maglie sempre sulla stessa linea con ferri a due punte facendole scivolare da un lato all’altro del ferro spostando solo il filo, ma senza voltare mai il lavoro. Il risultato è un piccolo tubolare perfettamente chiuso e preciso che non ha bisogno di altre cuciture né rifiniture, il che aiuta molto ad ottenere un effetto finale pulito, soprattutto in casi di parti così piccole.

Una volta attaccate le gambine al loro posto con pochi punti il gioco è fatto, e la gallina è pronta per cominciare a svolgere il suo prezioso compito. Basta solo trovare qualcuno che si merita di ricevere in regalo una creaturina così simpatica e tantissimi auguri di buona fortuna, e per me questa volta è stato semplice perché io la mia destinataria ce l’avevo già in mente fin dall’inizio. Spero solo che l’effetto magico funzioni, e che questa Gallina le porti tutta la fortuna del mondo.

In fondo è venuta bene direi, e visto che le galline mi piacciono tanto, credo proprio che la prossima sarà per me, e sarà questa

Alfy the bass player

Siccome il nostro “Alfiere” è il talentuoso bassista di un gruppo Indie-rock che sta piacendo molto dalle nostre parti, e siccome il suo gruppo partecipava a un music contest importante e tutti noi in ditta facevamo il tifo per lui, ho pensato di modificare il pattern di un topolino sul quale avevo già lavorato e di combinarlo con un altro pattern dal quale trarre le indicazioni per gli accessori, per creare un topo bassista da regalargli per l’occasione. Quando ho bisogno di un aiuto valido so bene che posso sempre contare sul genio di Alan, e anche questa volta il suo lavoro mi ha permesso di realizzare quello che volevo senza nessuna difficoltà – e con grande divertimento.
Per il corpo ho usato nuovamente lo schema del basic mouse dei Tales of Yore che prevede un abbigliamento con i “pantaloni” adatto al mio progetto, ed ho usato ferri di 3,5mm e lana celeste per farli assomigliare il più possibile ad un moderno paio di jeans.

All’altezza della vita ho fatto due giri a legaccio con la lana arancione per creare la cintura, e ho continuato con il verde menta per la maglietta, che è il colore simbolo del gruppo “The Absinth”. Nel centro della maglietta ho lavorato un intarsio con lana bianca e nera a formare una specie di grande occhio, il logo del gruppo, e alla fine ho ricamato un sottile bordo nero tutto intorno per definirlo meglio. Avevo preparato il piccolo schema da sola, e tutto sommato, una volta realizzato, si è dimostrato delle giuste dimensioni e proporzioni.

Quindi sono passata a fare le braccia ed ho scelto di fare la maglietta a maniche corte, più consone alla circostanza, semplicemente passando alla lana nocciola dopo solo pochi giri di maglia rasata verde. Ho usato la stessa lana nocciola anche per la testa, le orecchie e la coda, mentre per i piedi mi sono inventata un’altra soluzione tutta mia. Non volevo che il topino musicista sembrasse a piedi nudi come i topolini di Yore, così ho usato uno scampolo di lana arancione per fare delle scarpe basse tipo Converse e ci ho ricamato sopra dei lacci intrecciati bianchi per creare l’effetto delle stringhe, che ho legato con un fiocco. Il risultato mi è piaciuto molto, soprattutto perché somigliava davvero a quella che era la mia idea iniziale.

Una volta assemblato e imbottito il corpo e ricamati i dettagli della faccina sono passata alla parte più difficile, lo strumento musicale. Mi ricordavo che nel bellissimo pattern degli Hula Hamsters compreso nel numero 57 di Simply Knitting di agosto 2009 uno dei criceti hawaiani suonava una specie di chitarra che poteva fare al caso mio, ed è su quello schema che ho realizzato il basso di Alfy. Ho lavorato le due parti del corpo dello strumento (anteriore e posteriore) con lana ecrù e ferri di 3mm e le ho cucite insieme per formare la cassa armonica, poi con lana marrone un po’ più sottile ho fatto la parte superiore del manico. In cima a questa ho ricamato il piccolo ponte e le chiavette con cotone color beige chiaro, quindi ho aggiunto i vari dettagli delle parti cave ricamandoli con l’ago e della lana nera piuttosto fine. Come ultima cosa ho cucito il basso alle mani del topolino, sistemandolo in maniera che sembrasse pronto per essere suonato, e la dimensione si è rivelata perfetta per lo scopo previsto.

Per dare un ultimo tocco personale al mio piccolo bassista ho preparato un cordoncino di lana rossa trillata e gliel’ho legato intorno alla fronte, come usano portare i più scatenati divi del rock, e direi che come dettaglio finale è risultato veramente azzeccato.

Alla fine il gruppo dell’Alfio non ha vinto quel contest musicale, ma non ha molta importanza dopo tutto. Si sono divertiti tutti al concerto, e un piccolo premio lui lo ha ricevuto lo stesso. Un topino fatto con il cuore, e regalato con l’augurio che nella sua vita la musica non finisca mai.