L'importante non è cosa guardi, ma cosa vedi
 
Domenica 2 gennaio 2011: – St Sebastian Friedhof – Kapuzinerberg –  Steingasse – Candela – Christmas in Salzburg – Zum Mohr

Domenica 2 gennaio 2011: – St Sebastian Friedhof – Kapuzinerberg – Steingasse – Candela – Christmas in Salzburg – Zum Mohr

Al risveglio stamattina apriamo le tende e scopriamo che il cielo ci regala una bella sorpresa, fuori nevica a fiocchi tanto grossi e fitti da non riuscire quasi a vedere la strada di fronte alla finestra. Ce l’aveva promessa tante volte, in questi giorni, una nevicata vera, ma poi era sempre finita in pochi fiocchetti sparsi, col grosso che cadeva durante la notte. Entusiasti della novità inaspettata ci prepariamo in fretta per affrontare questa giornata di camminate nella neve, invece, il tempo di fare colazione e uscire e scopriamo che sta già smettendo. Una delusione, anche se il cielo è bianco latte e la speranza che presto ricominci non è così vana.

Scendiamo a piedi lungo la Reinergasse e, già che è aperta, entriamo a dare un’occhiata alla St Andreas Kirche, proprio nella piazza che si trova di fronte all’ingresso dei giardini dello Schloss Mirabell. La chiesa è semplice, con due grosse torri dell’orologio a sezione quadrata ai lati e una scalinata che porta a un piccolo loggiato dal quale si ha accesso ai portali d’ingresso. Non c’è nessuno all’interno, non c’è neppure la musica, il silenzio è quello speciale che si sente solo dentro le chiese. Persino quello nevoso della città semiaddormentata ha un suono differente da questo, nel grande piazzale bianco e deserto che riattraversiamo poco dopo.

Lasciamo perdere il parco del Mirabell per oggi, e proseguiamo dritto fino a incrociare la Linzergasse, a metà circa della quale ritroviamo la St Sebastian Kirche con annesso il St Sebastian Friedhof, luogo di sepoltura di alcuni membri della famiglia Mozart. Stamani è aperto, lo conferma un cartello con su scritti gli orari invernali, nel quale si legge anche il monito ai visitatori di rispettare questo luogo evitando di fare chiasso e scattare fotografie. Spingo piano il portoncino d’ingresso sapendo già che stavolta trasgredirò in parte alle regole. Ci ritroviamo nell’angolo di un magnifico porticato barocco assai elaborato che si affaccia su un giardinetto nel quale sono visibili lapidi e croci sparse, sommerse da una coltre di neve. Al centro, un mausoleo a base rotonda sormontato da una cupola indica la sepoltura di uno dei Principi Vescovi che guidarono la città nel XVIII secolo.

Resto sorpresa da questo loggiato così raffinato color bianco e oro, sotto al quale cominciamo a passeggiare nel silenzio innevato. Non ci mettiamo molto a capire che queste eleganti arcate raccolgono le tombe dei personaggi più in vista della città, quelle delle famiglie economicamente più ricche che ai loro morti illustri hanno potuto dedicare sepolture elaborate e a volte quasi grandiose ornate da sculture e dipinti enormi, statue di angeli dolenti o scheletri minacciosi, e nessun fiore. Una di queste tombe, dalla forma di obelisco e sistemata nell’angolo vicino alla porta laterale della chiesa, è quella di Paracelso, scienziato rinascimentale precursore della medicina moderna che morì in questa città nel 1541.

Facciamo il giro osservando tutto con calma, mi aspettavo di trovare tra queste la tomba dei Mozart invece non è così, le nostre ricerche in questo senso non hanno alcun esito. Una volta completato il giro ci inoltriamo nel Camposanto all’aperto, dove le tombe sono molto più semplici, segnate solo da croci di metallo o di pietra, ricoperte da un mantello bianco che pare proteggerle dal resto del mondo e conservare per loro il silenzio clemente della morte fino al giorno del disgelo. Facciamo pochi passi in direzione del mausoleo centrale del Principe Vescovo, incuriositi da tanta grandiosità, e d’un tratto, ora che non la stiamo cercando, la tomba di Constantia appare alla nostra sinistra, vicino agli alberi. E’ composta da un semplice cippo in pietra sul quale si legge il nome dei Mozart a caratteri dorati, più sotto Weber, il suo cognome da nubile, e poi Wissen, il nome di famiglia del suo secondo marito sposato quasi vent’anni dopo la morte del genio della musica.

In questa stessa tomba riposano anche le spoglie di Leopold Mozart, famoso violinista e padre di Wolfgang, e soprattutto colui che fece conoscere a tutto il mondo il talento suo e quello di sua sorella Nannerl. Le due persone che più influenzarono la vita del grande compositore, forse quelle che lui amò di più in assoluto, condividono qui l’eternità della loro fama riflessa. Fa tenerezza pensare che proprio qui sotto c’è la vera Constantia, la donna che vide con i propri occhi Mozart scrivere la sua musica e dirigere le sue opere, che gli diede dei figli, che rimase vedova non ancora trentenne senza avere neanche una tomba dove andare a posare un fiore. Perché per quanto strano possa sembrare, se oggi qui, e a Vienna, e in tutta l’Austria il genio di Mozart è vivo e presente come e più dei tempi in cui lui camminava per queste strade e abitava queste case, non c’è nessun luogo dove possa riposare in pace. Il suo funerale fu quello dei più poveri della città, la sua ultima dimora una fossa comune, i suoi resti terreni gettati via nell’indifferenza totale dei potenti del tempo, incapaci di riconoscere lo straordinario privilegio che era stato concesso loro di vivere – essere i primi ad ascoltare quella musica immortale. Qualunque tomba commemorativa che in seguito è stata eretta non è che una scatola vuota, un misero tentativo ritardatario di rimediare a una disattenzione imperdonabile – aver smarrito una scheggia di divino. Salutiamo in Constantia e Leopold gli unici segni tangibili rimasti dell’avventura umana del genio di Salisburgo, e ci dirigiamo verso l’uscita.
Lungo la Linzergasse, andando al cimitero, abbiamo visto un cartello che indicava un Viewpoint della città dall’alto del Kapuzinerberg così, appena arriviamo di nuovo all’altezza dell’Arco che da accesso alla salita, ci infiliamo sotto e cominciamo la nostra scalata di questa collina che sorge proprio di fronte alla rocca sulla quale è stata costruita la Festung Hohensalzburg.

La prima parte è ripida ma facile, e il sentiero è reso interessante dalla presenza lungo la via di una serie di cappelle settecentesche a forma di nicchia, chiuse da grate, all’interno delle quali sono custodite statue che rappresentano scene della passione di Gesù.

In cima alla strada troviamo la Chiesa dei Capuccini, che però è chiusa, e il punto panoramico promesso. Pur non trovandoci troppo in alto, l’effetto della vista sulla città è davvero notevole. Vista da qui, Salisburgo è tutta dorata e bianca, elegantemente raccolta di là dal fiume, tranquilla e silenziosa, con la sua rocca più candida della neve a proteggergli le spalle. Una visione da cartolina.

Proprio sul lato opposto della piazzola panoramica notiamo una specie di piccolo tempio recintato, alla fine di una scala ripida, nel quale, sotto ad un altare in legno, sono disposte alcune statue che rappresentano in maniera sobria e potente insieme la scena della Crocifissione.

Ci avviciniamo per vedere meglio questa composizione particolare, e scopriamo che le tre croci di Gesù e dei ladroni, alte e finemente scolpite, sono completate dalle due statue in pietra di Maria e della Maddalena immobili ai loro piedi.


Nel silenzio innevato del bosco osserviamo da vicino le statue di queste due donne che sono tutte le donne e tutte le madri, pietrificate dal dolore nel momento più lacerante della loro esistenza, con la testa reclinata, le braccia aperte, immerse nelle vesti ampie e pesanti che sembrano farle affondare in una verità insostenibile cui neanche il Cielo può più porre rimedio. Due donne cristallizzate in una sofferenza eterna, e però bellissime, con i volti dolcissimi accarezzati dal tocco delicato e muto della neve.

Continuiamo a gironzolare per i sentieri del bosco del Kapuzinerberg immersi nel silenzio, lungo tutto il perimetro della cinta muraria che si affaccia su Salisburgo e sulla sua fortezza, su quel panorama imbiancato intatto e nuovo come il nuovo anno appena cominciato.


Siamo praticamente soli su questa piccola montagna cittadina, incrociamo solo un paio di persone che scendono dal bosco spuntando tra gli alberi come per magia, provenienti dal nulla che si perde nel bianco della salita alle loro spalle.

Saliamo scale, costeggiamo muretti e panorami, oltrepassiamo siepi e aiuole che in estate devono regalare colori a volontà nell’ombra di questi alberi altissimi e ogni tanto ci fermiamo a riposare gambe e occhi sulle panchine sparse lungo i sentieri, perfettamente tracciati anche dopo la nevicata.

Raggiungiamo una piazzola particolarmente curata dove troviamo l’ennesimo busto dedicato a Mozart, uno bello finalmente, e dove affrontiamo un bivio che richiede una decisione definitiva: tornare giù verso la città o proseguire in su verso il convento dei Cappuccini, ovunque questo si trovi in mezzo al bosco?

Una scelta facile in realtà, basta guardarsi intorno. Come si può lasciare tutta questa bellezza?

Imbocchiamo la salita e continuiamo a esplorare sentieri e scalinate, risaliamo dossi e disegniamo curve, ci lasciamo incantare dal candore che ci circonda tutt’intorno e dai cristalli di ghiaccio che scintillano sui rami.

Scopriamo rari cartelli che indicano la strada per il convento e il ristorante, ma proseguiamo più che altro a naso, vagando tra gli alberi spogli, scivolando a tratti sul terreno gelato, respirando l’odore bianco e freddo della neve. Ci mettiamo fatica e risate ad arrivare in cima, e ogni foto è una buona scusa per una piccola sosta.

Alla fine, dopo oltre un chilometro di passi girovaghi, raggiungiamo la vetta del Kapuzinerberg dove, in uno spiazzo aperto su un belvedere, sorge un bell’edificio che somiglia a un piccolo castello fortificato, con tanto di feritoie e mura squadrate. Una specie di ponticello di legno conduce a un portone in legno massiccio sormontato da un grande bassorilievo nel quale è raffigurato San Francesco in ginocchiato, con sulle mani già i segni della sua santità.

Tutto è silenzioso e tranquillo intorno, c’è solo un’altra coppia di persone che ammira il belvedere ma così a prima vista non sembra proprio di essere arrivati ad un ristorante. Forse oggi è chiuso, o forse in inverno non lavora. Mi avvicino di più e noto, all’inizio del ponte e seminascosta nella neve, una lavagnetta con indicazioni di orari e menu del giorno. Sembra un buon segno, ammesso che non stia lì dall’estate scorsa… Arrivo al portone e ascolto, non un suono proviene dall’interno, ma quando provo a spingere la maniglia sento che cede, e la porta si apre. All’interno non c’è nessuno. Chiamo Luca e riproviamo, e anche i signori che erano sulla piazzetta si avvicinano interessati, forse anche loro pensavano che fosse tutto chiuso. Entriamo dentro e ci troviamo in una stanza illuminata solo dalla luce che entra da una grande portafinestra che dà sull’altro lato del giardino, nella penombra scorgiamo un albero di natale decorato con semplicità, un pianoforte a mezza coda sistemato in un angolo, e un grande lampadario di ferro battuto in stile medievale, spento. Nell’angolo a destra dell’ingresso una stretta scala a chiocciola porta giù, verso uno spazio dal quale provengono luce e suoni di voci umane. Scendiamo. L’ambiente è caldo e accogliente, tutti i 5 o 6 tavolini sono occupati da gente intenta a mangiare e chiacchierare, mentre una cameriera ci passa velocemente davanti portando piatti fumanti in direzione di in’altra stanza. Appena torna ci saluta e ci fa accomodare proprio nella stanza dalla quale è appena uscita, all’ultimo tavolo libero dei 4 disponibili. C’è anche una tavolata di austriaci che festeggiano qualcosa, sembrano una grande famiglia o forse un gruppo di una ventina di amici di varie età, tutti a chiacchierare e mangiare in allegria e soprattutto a bere, a giudicare dalla quantità di boccali vuoti sparsi sui tavoli. La stanza è semplice e bella, mura bianche e rifiniture in legno, piccole decorazioni di corna di animali alle pareti e un bel lampadario a bracci in ferro battuto dal quale pendono nastri rossi infilati in grandi biscotti natalizi dalle forme di renne e cuori. Anche le finestrelle che danno sul giardino imbiancato di neve hanno tendine appese a bastoncini di ferro dai quali scendono cuori ed animali di biscotto appesi ai nastri, che creano un’atmosfera molto familiare.

Il contrasto tra il calore interno e il freddo esterno è notevole in effetti, e in pochi minuti ci liberiamo di giacconi e maglioni sentendoci finalmente le mani ritornare calde per la prima volta in tutta la mattinata. Ordiniamo zuppa e carne e due boccali di birra da bere, e ci rilassiamo sfogliando uno dei libri illustrati a disposizione dei clienti mentre aspettiamo che ci portino il nostro pranzo. Le zuppe arrivano in enormi scodelle di metallo smaltate, così belle che me le porterei a casa, e sono decisamente gustose. La carne è presentata nei tradizionali padellini di ferro, un bello spezzatino speziato il mio, mentre lo spiedino di Luca è arrotolato come una buffa salsiccia-lecca-lecca, ma a dispetto della foggia stravagante si rivela molto buono insieme alle patate e le verdure che lo accompagnano.

Mangiamo con calma per gustare tutto e approfittare di un po’ di tempo per rilassarci, e Luca gioca con i funghetti portafortuna sparsi sul tavolo mentre io finisco il mio caffè. Si sta così bene qui, al caldo e tranquilli, che è difficile decidersi ad andare via. La tavolata di amici si è già svuotata da un po’, il tavolino vicino al nostro ha cambiato già due diverse coppie di ospiti e ora è di nuovo vuoto, la cameriera ci sorride mentre sparecchia come per chiedere se abbiamo bisogno di altro o se può portare il conto, così ci decidiamo ad alzarci. Paghiamo e usciamo a dare un’occhiata al giardino posteriore, raccolto intorno a pochi alberi e affacciato sul bosco che scende giù sul pendio del monte. E’ tutto così silenzioso e bello che pare di essere entrati in un altro mondo, e perfino lo sguardo curioso che ci lancia il piccolo cucciolo di drago accovacciato sulla soglia della porta non ci sorprende più di tanto. Risaliamo la scala a chiocciola, attraversiamo la stanza del pianoforte e usciamo di nuovo nel gelo esterno.

Sta cominciando a nevicare a fiocchi, l’aria è così bianca da sembrare violetta, tutto è immobile sotto la neve che scende lenta. Ci incamminiamo lungo il sentiero, giù per le discese ghiacciate e le scale – mai scale mi sono sembrate così fuori posto come in mezzo a un bosco – e mai così utili. Nevica piano ma non sentiamo freddo, scendiamo lentamente lungo sentieri diversi da quelli percorsi per salire su, scoprendo nuovi scorci sul bosco e sulla città che ci aspetta ai piedi della montagna.

Quando arriviamo in fondo non nevica più, tutto è bianco e luminoso, è quasi strano ritrovare tanta luce uscendo dagli alberi. Passiamo di nuovo accanto a Mozart, alla chiesa dei Cappuccini, alla piazzetta panoramica, e ridiscendiamo il Calvario al contrario fino alla nicchia dell’Annunciazione, spuntando infine fuori dall’arco che immette sulla Linzergasse. C’è molta più gente a passeggio adesso, i negozi sono aperti e anche i suoni sono tornati.

Abbiamo voglia di camminare ancora, il bosco ci ha dato energia, così decidiamo di andare a dare un’occhiata alla famosa Steingasse, che corre tra i piedi della collina del Kapuzinerberg e il fiume Salzach, un’antica strada aperta addirittura dai romani e famosa per essere la via lungo la quale nel medioevo veniva trasportato il famoso sale delle miniere che danno il nome alla città. E’ una via molto bella, non molto larga ma fiancheggiata da edifici alti ed eleganti tra i quali s’intravedono molti giardini, grazie alla vicinanza dell’acqua del fiume che in passato ne facilitava la cura. Fu anche chiusa ai lati da due porte per un lungo periodo, per difenderla dalle frequenti piene del fiume che ne allagava case e strade. Qui, in un edificio in fondo alla via sopra una stretta scala, si trova la casa natale di Joseph Mohr, che nel settecento compose le parole della famosissima canzone di Natale “Stille Nacht”. Ci sono anche un paio di edifici particolari le cui lanterne rosse di carta di riso appese all’esterno attirano decisamente l’attenzione, ma per una ragione ben diversa. Sono di fatto antichi bordelli, legali e ufficiali in città e attivi ancora oggi, anche se per il momento tutto sembra deserto e silenzioso.

Torniamo indietro lentamente e quando arriviamo in fondo alla via continuiamo oltre il ponte, e di nuovo verso il centro della città vecchia. La Getreidegasse è affollata e i negozi sono aperti sotto le loro bellissime insegne di ferro battuto, ancora una volta m’incanto di fronte alle vetrine di Trachten Stassny dove sono esposti in bella mostra splendidi abiti tradizionali, lunghe gonne in taffetà di seta e grembiuli ricamati dai colori cangianti, lilla, viola, verde, ocra, giallo acido, sfumature magnifiche per abiti tipici elegantissimi. Mi piacerebbe moltissimo indossare uno di questi vestiti per vedere che effetto fa trovarcisi dentro, ma i prezzi esorbitanti che leggo nelle vetrine mi convincono subito che stavolta questo dovrà restare un sogno…

Un altro dei negozi tipici è “Perfect”, conosciuto da tutti i turisti, dove si possono trovare decorazioni per la casa e oggetti da regalo davvero particolari, soprattutto in questo periodo natalizio. Ghirlande di fiori e nastri, cuscini e borsette a forma di animali, sciarpe e guanti di lana colorata, fermaporte di metallo dalle fogge più strane, statuine di cervi antropomorfi di tutte le altezze curatissime in ogni minimo dettaglio e assolutamente spettacolari, ma anche portafoto, alberelli, portacandele, bicchieri e oggetti in vetro e cristallo colorato a formare un bric-à-brac di oggetti assurdo e incredibilmente divertente. Mi va bene che è già chiuso, o qualcosa da acquistare lo avrei trovato certamente, qui.

In fondo alla via visitiamo la Sk Blaise Kirche, l’unica chiesa gotica ancora originale della città, con la facciata altissima e appuntita e il portone di legno bugnato. All’interno si sta svolgendo la messa, così aspettiamo di poter fare la nostra visita seduti sulle panche in fondo alla chiesa, al di qua del cancello di ferro lavorato che separa la navata dal fondo. L’interno è tipicamente gotico, pietra nuda e colonne sottili e altissime a innalzare sguardi e anime verso Dio. La navata centrale è larga quanto quelle laterali, occupata da file di semplici panche di legno perfette per l’ambiente sobrio. Dopo la fine della messa facciamo un giro fino all’altare, raccolto tra due colonne e decorato da statue di marmo di bella fattura. L’atmosfera è intima e raccolta nonostante la dimensione ampia dell’ambiente, forse sono i fiori e gli alberi decorati di lucine a rendere tutto più accogliente.

Quando usciamo dalla chiesa l’aria è scura e fredda, ma il centro brilla delle mille luci dei negozi e dei locali dove poter entrare per riscaldarsi un po’. Facciamo un giro per le viette interne, tra i passaggi coperti e le piazzette illuminate, e resto incantata davanti ad un negozio di decorazioni natalizie fatte di fiori secchi e nastri. Decine di ghirlande affollano il bancone e le pareti del piccolo negozio, che ha parte della sua esposizione anche all’esterno su un carrettino di legno protetto da un ombrellone. Ci sono ghirlande decorate da frutti e bacche, nastri e fiori che sono semplicemente meravigliose, ne comprerei almeno 3 o 4 se non avessero dei prezzi tanto proibitivi. Sono fatte alla perfezione, e capaci di creare da sole una bella atmosfera di festa in casa, ma sono decisamente troppo costose, quindi mi limito a fotografarle.

Arriviamo anche dal mitico “Candela”, nel portico sotto la Mozart Gebursthaus, dove, in un negozietto stretto e lungo, è stipata una quantità di decorazioni natalizie assolutamente impressionante: palline, angeli, campanelli, babbi sulla slitta, cuccioli di animali, frutti…. c’è di tutto, e tutto in quantità esagerata! Le vetrine esterne sono bacheche che contengono oggetti di ogni dimensione, dai minuscoli ciondoli di metallo smaltato a scene della natività grandi abbastanza per stare ai piedi di un altare, ci sono le loro famosissime palline a forma di frutta e verdura, perfettamente identiche a vere carote, melanzane, cetrioli, limoni, pere o fette di cocomero, coloratissime e divertentissime, ma anche più classici angeli di mille tipi e misure. C’è una varietà impensabile di campanelle portafortuna, e soprattutto ci sono le palline di vetro soffiato trasparenti appese ai nastri di raso, sulle quali sono state dipinte a mano semplici scene natalizie. Un angelo, una chiesetta, un albero di Natale, un bambinello, una cometa, un ciuffo di fiori rossi, c’è di tutto, e sono tutte decorazioni bellissime. Il negozio è così piccolo e pieno di oggetti che bisogna fare assolutamente attenzione a non urtare nulla per non causare disastri, ma è impossibile restare fuori senza andare a curiosare in tutte quelle ceste di meraviglie. Alla fine scelgo un piccolo angelo per la collezione di mia mamma, e Luca mi regala una bellissima pallina trasparente dalla forma particolare, rotonda e piatta come un medaglione, con su un lato l’immagine dipinta della Stille Nacht Kirche. Avrei voluto prenderne molte altre, e portarne alcune a casa in regalo ai nostri familiari, ma purtroppo questo non è il negozio giusto dove fare shopping in quantità…
Quasi in fondo alla Getreidegasse, verso Mozart Platz, raggiungiamo anche “Christmas in Salzburg”, probabilmente il negozio di decorazioni natalizie più famoso della città e tra i più famosi di tutta l’Austria, e naturalmente entriamo a fare un giro anche qui. Al contrario di “Candela” questo negozio è molto grande e spazioso, e anche questo è pieno zeppo di decorazioni di tutti i tipi e tutte le forme, un vero paradiso per gli amanti del genere come me.

Qui, oltre a un’infinità di palline luccicanti e coloratissime, angeli di vetro e di metallo, alberi di filo dorato e renne di tutte le misure, ritroviamo le uova decorate che avevamo visto a Innsbruck, ma in una quantità sbalorditiva! Ci sono interi scaffali, tavoli, ceste, alberi di queste uova, ce ne sono persino appese a grossi rami che pendono dal soffitto, tutte dipinte con motivi differenti e tutte una più bella dell’altra, rosse, blu, argentate, dorate, con i lustrini, gli strass, i nastri, i fiocchi…. una meraviglia per gli occhi.


Sono molte le persone che gironzolano per le grandi stanze del negozio con in mano i cestini dove riporre le palline scelte, ma l’ambiente è tranquillo e piacevole. Le stanze sono divise in macroreparti, c’è quello delle palline in vetro soffiato dipinte a mano, bellissime e carissime, quello degli angeli in vetro e dei decori color argento, la zona delle decorazioni rosse, quelle fatte di fili metallici dorati e anche la stanza degli ornamenti tradizionali tirolesi in paglia intrecciata abbelliti da semplici fiocchetti rossi.


E’ tutto così bello e luccicante che incanta, e quando finalmente ci decidiamo a cominciare a scegliere qualcosa si è fatta l’ora di chiusura, e dobbiamo uscire. Vorrà dire che domattina verremo qui, come ultima tappa prima di lasciare la città, a comprare qualche regalo da portare ai nostri familiari, tanto per addolcire la tristezza della fine del viaggio. Anche gli altri negozi della Getreidegasse stanno via via preparandosi alla chiusura, così torniamo verso Mozart Platz e cominciamo a pensare alla scelta di un ristorante dove gustare la nostra ultima cena austriaca. Proviamo a raggiungere il “Wilde Mann”, un po’ nascosto ma consigliato dalla guida, che però è chiuso la domenica, così torniamo lentamente verso il centro. Sono le sette e mezzo passate quando arriviamo di nuovo alla Judengasse, nel quartiere ebraico, e decidiamo di scendere le scale che portano da “Zum Mohren”, locale storico della città dove anche Mozart e Schubert in persona amavano venire a cena, e che è facilmente individuabile per la statua del Moro che regge l’insegna posta sopra all’ingresso. L’interno sembra tranquillo, l’illuminazione è discreta e la zona dove ci sistemano è poco affollata, vicino a una grossa stufa di maiolica arancione tradizionale. I modi di fare dei camerieri sono quelli un po’ bruschi e distaccati tipici dell’Austria, ma ormai ci stiamo abituando anche a questo e non ci facciamo troppo caso. In compenso il cibo è buono, in particolare la mia zuppa di zucca, ma anche la minestra a base di carne di Luca ha un ottimo sapore, e il cestino del pane permette di scegliere tra una grande varietà di formati e gusti diversi, una cosa che mi piace sempre molto. Anche il pesce con le patate è buono, accompagnato da una scelta di salse e verdure in agrodolce davvero sfiziose che gustiamo con piacere.

Mentre mangiamo le nostre portate vedo passare su un vassoio un piatto di tortellini pericolosamente pallidi sul punto di annegare in un laghetto di panna liquida, e ringrazio la nostra curiosità e adattabilità che ci fanno sempre scampare questo tipo di pericoli. Visto che è l’ultima sera qui, ci concediamo anche il dessert per festeggiare e tenere alto il morale, una classica Sacher con panna per Luca e un buonissimo strudel tiepido con marmellata e gelato per me, entrambi deliziosi. La tiriamo in lunga finché possiamo mangiando e chiacchierando, ma alla fine ci dobbiamo arrendere, e chiediamo il conto.

Quando usciamo è tardi e fa freddo, ma il centro è ancora illuminato. Solo nel tratto di strada più vicino all’hotel le vie sono più buie, ma il traffico è davvero scarsissimo e passeggiamo senza problemi. Vicino alla rotonda che porta al nostro albergo incontriamo due ragazze dai tratti orientali che trascinano le loro valigie con un’aria smarrita, e che ci fermano per chiedere indicazioni. Sono appena arrivate dalla stazione e stanno cercando il loro hotel, ma è buio, non conoscono affatto la zona e non hanno una cartina da poter consultare per orientarsi. Apriamo subito la nostra guida e la piccola mappa della città che mi porto dietro da giorni e tutti insieme cerchiamo di capire dove siamo e quanto dista la via che devono raggiungere. Veniamo a capo della cosa in pochi minuti di consultazioni e scopriamo che devono camminare ancora neanche cento metri per arrivare finalmente a destinazione. Le ragazze ci ringraziano più volte e sembrano molto contente di aver trovato aiuto a quest’ora di sera in questa zona semideserta, e anche noi siamo felici di poter essere stati utili a quelle giovani giapponesi per le quali la vacanza salisburghese sta solo cominciando. E’ come se stessimo passando loro il testimone di questo viaggio che loro proseguiranno al posto nostro, meravigliandosi di tutto quello che ha meravigliato noi e riempiendosi gli occhi di questa bellezza austera che ci ha lentamente conquistati.
E’ una bella sensazione, che rende meno triste e definitiva la nostra partenza. La vacanza è finita e tra poco riprenderemo la routine quotidiana, ma di certo conserveremo bellissimi ricordi di queste città illuminate da migliaia di luci e del loro fascino antico. E soprattutto, porteremo con noi la magia dello spettacolo della neve, con la speranza che sotto questa magnifica coltre candida covi un anno pieno di cose buone.

4 commenti

  1. rik

    Bellissimo post, anzi per stare in tema… wunderbar!
    Foto precise e nitide, luoghi incantevoli e testo che “guida” davvero bene all’interno di uno scenario pressochè da fiaba.
    La fine di Mozart, purtroppo, è stata davvero una vergogna per l’arte e per l’umanità.
    Lo so, sembrerò retorico ma lo penso davvero… in fondo fu sepolto come se fosse stato un delinquente.
    Ogni volta che lo ascolto (benchè io sia più dedito al rock ed al blues) mi sento trasportato in un mondo senz’altro migliore di questo, un mondo in cui l’arte e la Bellezza contano veramente ed appunto l’arte è (per citare Stendhal) “una promessa di felicità “.
    Rinnovo quindi die Komplimente per il post!
    P.s.: come ci si trova col tedesco?
    .

  2. Grazie mille del tuo gentilissimo commento! :o)
    Mi fa piacere che il post sia riuscito a rendere un pò l’idea di quanto speciali fossero quei luoghi.

    Non sei affatto retorico, è davvero una vergogna che Mozart abbia fatto quella fine, si stenta a credere che sia andata proprio così. Insomma, non era mica uno qualunque… lui era un Genio!
    Per fortuna ci è rimasta la sua musica magica, quella ormai non la potremo perdere più.

    Per quanto riguarda il tedesco, a Salisburgo parlano dappertutto inglese e anche un pò di italiano, per via dei moltissimi italiani che frequentano la città, e comunque io un’infarinatura di tedesco ce l’ho, per cui nessun problema. :o)

    Grazie ancora per le tue parole, mi hanno fatto molto piacere.
    A presto. :o)

  3. Eleonora

    Ciao, un resoconto veramente dettagliato, io sono stata a Innsbruck e salisburgo questa estate, e soprattutto quest’ultima è piaciuta molto a me e al mio ragazzo, tanto che abbiamo deciso di tornarci a capodanno con degli amici.Il tuo post mi ha dato una dritta su come organizzare il tempo in quei giorni.
    un paio di domande tecniche diciamo, per coprirvi dal freddo avete usato vestiario particolare, tipo termico, o soltanto più pesante? le autostrade per raggiungere la città erano “pulite” da neve e ghiaccio?

  4. Ciao! Salisburgo è davvero una bella città e con la neve assume un fascino molto speciale che la rende magica! :o)

    Contro il freddo abbiamo usato un normale abbigliamento pesante, tipo piumino, cappello e guanti, e a volte i pantaloni da neve quando ci siamo inoltrati proprio nei boschi dove la neve era alta, ma non in città. Però dipende dal tempo, a volte può nevicare molto o piovere e allora è necessario coprirsi, soprattutto appena cala il buio. L’importante è avere scarponcini caldi e isolanti, che non facciano bagnare i piedi!

    Le strade erano in perfetto stato, senza ghiaccio né neve sulla carreggiata, ce n’era solo ai bordi, dunque nulla di non affrontabile con una normale prudenza di guida. Servono comunque pneumatici da neve o catene a bordo, in caso di controlli.

    Buona vacanza e buon Capodanno a voi! :o)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *