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Le 5 Terre

Le 5 Terre

Ci saremmo venuti lo stesso prima o poi perché questa era una delle voci del nostro lungo elenco dei posti da visitare assolutamente, ma di sicuro la primavera capovolta di quest’anno che ha portato una sfilza di settimane fradice di pioggia ha contribuito ad abbattere il nostro morale, e a farci desiderare di mettere in atto una piccola fuga in un posto che fosse rilassante, romantico e soprattutto di mare. E noi un posto così ce l’abbiamo a meno di 2 ore di auto da casa, per di più garantito dal sigillo di Patrimonio Mondiale dell’Umanità di cui lo ha investito l’UNESCO. Così le 5 Terre sono balzate di colpo in cima alla nostra lista, e sono bastati pochi click in internet perché da luogo sognato siano diventate la nostra meta per un fine settimana speciale. La località è raggiungibile facilmente da qui, e una volta arrivati si fa quello che si vorrebbe fare ogni giorno: mollare la macchina nel parcheggio e dimenticarla lì fino al momento della partenza, per dedicarsi completamente al tempo lento delle passeggiate e a quello regolare dei treni scandito dai lunghi fischi ferrosi. Una comoda stanza con balcone sulla via principale di Manarola

è la nostra base di partenza, da dove ci spostiamo per visitare questi fazzoletti di terra unici al mondo. La primavera si fa perdonare di tutta l’umidità e il grigiume degli ultimi tempi regalandoci le prime giornate assolate e calde dell’anno, in un’esplosione di profumi, luce e colori assolutamente spettacolare che esalta ancora di più la bellezza estrema di questi luoghi.

Ce lo insegnano fin dalle elementari che la Liguria è una lingua di terra stretta tra le montagne e il mare, ma bisogna venire qui per vedere quanto questa definizione sia davvero esatta, e come questa terra rocciosa e aspra scivoli direttamente dalle cime dei monti fin nel mare più azzurro, incurante di chi deve cercare di riuscire a viverci sopra.

Queste tra Riomaggiore e Monterosso sono tra le coste più alte del mondo, una linea sinuosa di montagne di roccia che tra baie sassose e piccoli golfi si distendono lungo il Mediterraneo, che qui si chiama Mar Ligure ed è profondo e cristallino come quando lambisce le isole. E però non sono montagne brulle o spoglie, ma verdissime invece, ricoperte di vegetazione brillante e rigogliosa interrotta solo qua e là da minuscole macchie colorate che sono le case, posate leggere tra gli alberi come uccellini su un ramo.

Dove i colori si avvicinano e si radunano in un gruppetto tondeggiante, ecco lì il nido dei borghi, assurdamente sistemati sull’orlo della linea costiera e aggrappati alla montagna con tutte le forze, con la vista sul mare più spettacolare che ci sia, ma anche esposti al rischio che una notte di vento più forte possa spazzarli via.

Viste da lontano sembrano le casette di cartone del presepe, però poi ci si arriva vicini e si resta sorpresi dalla dimensione di queste case-torre, alte e strette e tutte attaccate spalla a spalla le une alle altre come per farsi forza a vicenda, barriere colorate con le spalle al monte e la facciata esposta all’umore incostante del mare.

E sono tutte così, incredibilmente simili come se appartenessero ad un unico paese nonostante si dividano nei 5 micro borghi di Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso, estesi su un’area che si allunga per circa una decina di chilometri o poco più. A collegarle, una meravigliosa rete di sentieri costieri e interni percorsi da migliaia di visitatori ogni giorno, fila ininterrotta di formichine che si spostano da una Terra all’altra godendosi scorci panoramici mozzafiato su mare e monti, e profumi intensi di salmastro e campagna.

Perché la cosa forse più straordinaria che si può vedere qui, in questo scenario magnifico dove la natura da spettacolo potente di sé, è la traccia inconfondibile dell’azione della mano dell’uomo. Queste montagne alte e impervie non solo sono abitate da centinaia di anni, ma sono anche coltivate a distesa con una precisione e una caparbietà stupefacenti. Questa è gente di mare che ha la barca parcheggiata sottocasa al posto della macchina, ma allo stesso tempo è anche gente contadina che da secoli vive del lavoro duro della terra.

Non ho idea di chi e soprattutto perché, vedendo i costoni rocciosi di questi monti, ha pensato che ci si sarebbero potuti coltivare dei vigneti, ma di fatto è quello che è successo, e ora i fianchi di questi giganti rocciosi sono ricoperti di filari regolari di vigne verdissime che regalano vini bianchi straordinari e il mitico “Sciacchetrà”, uno dei migliori passiti del mondo. Ma poiché il terreno non è per sua natura tra i più adatti alla coltivazione, c’è stato bisogno di ingegno e dura fatica per piegarlo allo scopo al quale è stato destinato.

Si capisce molto del carattere ruvido della gente di qui guardandosi intorno, osservando con quanta caparbietà e determinazione hanno strappato la terra alla montagna e l’hanno piegata alla loro volontà. Una rete fitta di muretti a secco disegna linee grigie sui fianchi verdi dei monti, e in questi terrazzamenti stretti e lunghi sono coltivate le vigne basse e curve, tenute giù per proteggerle dall’assalto del vento. Quando si percorrono gli stretti sentieri che le fiancheggiano ci si rende conto che il terreno dove affondano le radici si trova rialzato a circa un metro da terra, un metro delimitato da pietre scure ammucchiate le une sulle altre a formare una barriera difensiva. Ogni volta che piove con una certa intensità l’acqua si porta via rivoli di terra, e anche un po’ di pietre, spesso, e allora qui si mettono a rappezzare, riempire, tappare, aggiustare, testardamente, pazientemente, con grande fatica e dedizione, fino alla volta successiva. Da secoli. Il risultato è un paesaggio unico al mondo, testimonianza reale che con la forza di volontà e la costanza si può ottenere l’impensabile.

Un giro nel minuscolo Museo dello Sciacchetrà, dove sono esposte foto antiche di contadini che durante la vendemmia scalano quei sentieri ripidissimi con le ceste piene di grappoli d’uva in bilico sulla spalla, o sulla testa le donne, con la pelle scurita dal sole e scarponi sgangherati ai piedi, può far a malapena intuire l’enorme fatica e lo sforzo che generazioni di famiglie hanno dovuto – e devono – sopportare. Perché oggi come allora, nonostante l’evoluzione della tecnologia, non esistono mezzi meccanici in grado di percorrere questi viottoli stretti e ripidi per alleviare almeno un po’ il loro lavoro. Il treno arriva invece in aiuto di chi si stanca di passeggiare lungo i sentieri, con il suo fischio acuto e le sue soste regolari, e permette di raggiungere ognuno dei 5 borghi con estrema facilità. Basta scendere alle pensiline delle vecchie stazioni e attendere insieme ai molti turisti provenienti da tutto il mondo, con davanti agli occhi la distesa lucente del mare e il grido dei gabbiani che risuona alto.

Da Riomaggiore, decorata di murales colorati, si arriva a Manarola

grazie al sentiero conosciuto come la Via dell’Amore, con il suo tunnel con vista sul mare dove persino le piante di agave sono incise fitte fitte di cuori e nomi intrecciati.

Poco più avanti si trova Corniglia, il borgo più piccolo e letteralmente arroccato in cima alla montagna, tanto che per raggiungerlo bisogna inerpicarsi su per la Lardarina, una scalinata di mattoni rossi con decine di rampe, così lunga che pare un Everest ai nostri passi cittadini.

Un’altra breve fermata del treno lungo il tratto di binari probabilmente più spettacolare d’Italia, così sistemato com’è in bilico sul cornicione roccioso stile film del terrore,

e siamo a Vernazza, magnifico borgo raccolto intorno al delizioso porticciolo a mezzaluna,

romantico e intimo come una nicchia, dove profumi e colori sono così intensi da lasciare incantati. Visitiamo la rocca e ci fermiamo a cena sul porto, per gustare alcune delle prelibatezze che questa terra generosa dona a profusione a chi si avventura alla sua scoperta.

Il borgo più lontano, e più grande, è quello di Monterosso,

con l’unica grande spiaggia sabbiosa frequentata dai turisti che si godono il primo sole, la passeggiata a mare che porta in centro,

la ferrovia che passa a pochi metri dalla spiaggia,

la piazza centrale addobbata a festa con i meravigliosi limoni coltivati qui, enormi e profumati,

la rocca dominata dalla statua di San Francesco, l’antico monastero inerpicato sulla vetta del colle dei cappuccini con una vista spettacolare sul mare

e una crocifissione di Van Dyck nella chiesetta trecentesca di San Giovanni Battista. Questa terra speciale è anche terra di grande cultura, ce lo testimonia la targa in pietra all’ingresso del minuscolo cimitero del monastero, sulla quale sono incisi i famosi versi

di uno dei più grandi poeti italiani del 900, che aveva fatto di questi luoghi dalla bellezza sfolgorante e capaci di riconciliarti col mondo, la sua casa e la sua ispirazione. La poesia che ricorderemo di più però, stavolta non è quella di un premio Nobel, ma una più semplice e piccola, che scopriamo scritta con il pennarello su un grosso sasso lungo il sentiero costiero che va da Manarola a Corniglia, un piccolo gioiello trovato per caso, come succede spesso con le cose preziose, che è la lezione che riporteremo a casa con noi da questo viaggio in queste Terre magnifiche.

2 commenti

  1. Luca & M. Luisa

    Noi ci abbiamo lasciato il cuore alle 5 Terre, soprattutto a Vernazza.
    A dire la verità il cuore l’abbiamo lasciato un pò in tutta la Liguria, terra aspra ma bellisima.
    Un abbraccio e a presto.

  2. Terra bellissima davvero, che vale esplorare a fondo.
    Il tempo poi ci è stato amico, e quei luoghi già belli sono apparsi splendenti nella luce viva della primavera.
    Un abbraccio a voi, e a prestissimo! :o))

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