Colazione presto stamani e partenza sulla nostra Jimny per Rodi città, situata sulla punta all’estremo nord dell’isola a poche miglia marine dalle coste della Turchia. Vogliamo vedere il più possibile della cittadella medievale fortificata che pare sia perfettamente conservata, tanto da essere stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1988. Il viaggio procede senza particolari problemi, il traffico è scarso e in buona parte dovuto solo al movimento dei turisti che si spostano da un punto all’altro, e anche i lavori stradali non rallentano troppo lo scorrimento dei veicoli sulla via principale. Fa molto caldo, nel cielo azzurrissimo domina un sole potente che già di mattinata si fa sentire, ma l’aria è abbastanza secca e non c’è afa. Impieghiamo circa un’ora per raggiungere la città, e almeno venti minuti prima di trovare un parcheggio dove lasciare l’auto. Il movimento di veicoli, camion e autobus è decisamente più intenso qui, il traffico è caotico e i parcheggi sono pochi e quasi tutti occupati, oltre che a pagamento. Quando finalmente ne troviamo uno scopriamo che l’unico modo per pagare è con il parchimetro, e a 1,50€ l’ora dovremmo avere una improbabile quantità di monete in tasca per poterci fermare tutta la giornata. Dopo un altro paio di giri dalle parti della spiaggia principale, molto grande e bella ma un po’ affollata, troviamo finalmente un posto libero lungo la passeggiata a mare, non troppo lontano dal centro e soprattutto gratis. Ci abbiamo messo un po’, ma almeno siamo sistemati, e possiamo cominciare la nostra esplorazione del centro. Una breve passeggiata ci conduce direttamente al famoso porto di Mandraki, delimitato da un ampio arco che termina nelle due colonne sormontate dai cervi simbolo della città.
E’ in questo punto che pare fosse sistemato il famoso Colosso di Rodi intorno al 300 a.C., una immensa statua bronzea alta oltre 30 metri dedicata al Dio Helios, talmente spettacolare da essere annoverata tra le 7 meraviglie del mondo dell’antichità. La leggenda dice che la statua del Dio, che risplendeva di bronzo lucido sotto il sole sorgente, stava a cavalcioni dell’entrata del porto e le navi dovevano passare sotto le sue gambe per arrivare ai moli. Rimase in piedi oltre 50 anni, e si racconta che quando precipitò in mare a causa di un violento terremoto, la gente veniva ad ammirarne i resti immersi nelle acque trasparenti del porto, tanto era ancora magnifica la sua vista. Da studi più recenti si sa che probabilmente la sua vera collocazione non era questa, e neppure la posa era quella classica a cavallo del porto, ma resta comunque un’opera importante che, oltre ad aver dato un nuovo significato alla parola “colossale”, ha ispirato molti artisti nei secoli successivi alla sua creazione, come testimonia tra le altre la corona di raggi di luce sulla testa della Statua della Libertà di New York. Non restano testimonianze visive di questa statua colossale purtroppo, e neppure minimi resti archeologici che ci facciano toccare con mano almeno un pezzetto del mito, ma è una bella sensazione trovarsi in questo luogo leggendario.
Dal porto, oltre alla fortezza di San Nicola alla fine del molo, già si vedono gli spalti delle mura medievali turrite e orlate di merli, e prima ancora una serie di edifici pubblici costruiti durante il periodo di controllo italiano dell’isola, negli anni dal 1912 al 1943, che recano tracce evidenti di stili architettonici tipici del tempo, da quello di regime a quello veneziano, fino al Liberty.
Sulla grande piazza di fianco al porto, dalla quale si vedono i mulini bizantini di là dalla baia, troviamo la chiesa più grande che abbiamo visto finora, la Chiesa dell’Annunciazione, con una bella facciata in pietra la cui linearità è spezzata solo da una linea a V rovesciata che passa sopra il portale di’ingresso, e un bel campanile a sezione quadrata con trifore all’ultimo piano, sopra all’orologio.
L’interno è molto ampio e ricchissimo di decorazioni, le tre navate sono separate da arcate posate su colonne in marmo e completamente ricoperte di pitture policrome di grande effetto nelle quali sono rappresentate scene della vita dei santi, mentre nell’icona principale all’inizio della navata centrale è rappresentata proprio la scena dell’Annunciazione, evento al quale la chiesa è dedicata. Non si può arrivare fino all’altare maggiore, l’accesso è chiuso, ma anche dal fondo si percepisce il fascino di questo luogo luminoso e colorato che accoglie e protegge i viaggiatori in arrivo dal mare.
Dalla piazza della chiesa continuiamo verso le mura, attraversando una specie di piccolo parco cittadino che si affaccia proprio sulla parte esterna dei potenti bastioni, da cui si può vedere perfettamente anche il grande fossato che circondava le mura, mai riempito d’acqua ma testimone di attacchi e cannoneggiamenti in diverse occasioni di assedio della cittadella medievale.
Attraversiamo un ponte di pietra e poi l’arco della Porta di Amboise, una porta di accesso sormontata da una torretta di avvistamento, e siamo dentro le mura. La cittadella medievale fu costruita nel XIV secolo dai Cavalieri di San Giovanni che arrivarono qui dopo le battaglie in Terra Santa, diventando i Cavalieri di Rodi fino al momento in cui si trasferirono definitivamente a Malta. Ci ritroviamo in un ingresso ampio e lungo da percorrere verso l’interno della fortezza, e qui notiamo uno strano albero dal tronco irregolare sul quale sono stati dipinti due occhioni che lo fanno assomigliare a un simpatico asinello. Il cortile prosegue fino a sfociare nell’inizio della via principale che porta in centro, già da qui affiancata dagli edifici più antichi della città.
Il primo che incontriamo sulla sinistra è anche il più importante di tutti, il Palazzo del Gran Maestro dei Cavalieri, che decidiamo di visitare subito (6,00€ a testa). All’interno troviamo un magnifico cortile porticato a due livelli, con scale, torri e alcune statue, ma l’elemento più bello è senz’altro la qualità della pietra con la quale il palazzo – composto di più edifici – è costruito, di un meraviglioso color miele sfumato che, nel sole intenso della tarda mattinata, regala un’impressione di solidità e calore insieme. Niente a che vedere con i cupi castelli medievali del nord Europa, né col grigio dal fascino un po’ lugubre delle antiche pietre di Scozia. Questo sembra fatto di biscotto ed è caldo di sole, ma tutto senza perdere un grammo della sua imponenza e austerità.
L’ingresso è ancora più sontuoso di quanto ci si aspetti, con un immenso scalone dal soffitto a volta, altissimo e illuminato in maniera perfetta grazie a un recente restauro che ha saputo valorizzare ogni minima caratteristica di questo luogo dal fascino così particolare. Di fatto, solo porzioni delle torri e delle mura sono ancora originali, il resto è stato ricostruito in seguito a danni causati da esplosioni ed eventi naturali.
I primi saloni ai quali abbiamo accesso sono ugualmente elegantissimi, con pareti in pietra dai colori sfumati e soffitti a cassettoni di legno pregiato, archi e colonne sottili, caminetti decorati, lampadari in ferro battuto lavorati come opere d’arte, statue e arredi preziosi. La luminosità e lo spazio accessibile sono perfettamente armonici e piacevolissimi da indagare.
La cosa più spettacolare in mezzo a tanta raffinata magnificenza sono comunque i pavimenti, sui quali sono stati posati preziosi mosaici policromi di origine romanica ritrovati in alcuni siti archeologici sull’isola di Kos. I soggetti sono i più svariati, meduse, animali marini, decorazioni geometriche e floreali di una bellezza straordinaria, fino a composizioni più complesse raffiguranti bellissimi volti di donne patrizie, guerrieri in lotta con animali feroci e divinità impegnate in diverse occupazioni. Piccoli quadratini di pietra colorata in grado di ricreare mondi interi con una precisione e un fascino straordinari, e con un livello di raffinatezza artistica difficilmente uguagliabile.
Nel cuore del Palazzo troviamo le sale dedicate ai cimeli dei Cavalieri, dove sono esposte divise militari, armi, ritratti, stendardi e onorificenze di vario tipo, oggetti appartenenti a epoche diverse stratificate in un’atmosfera così fuori dal tempo da sembrare irreale.
Il giro, davvero interessante, termina dov’è iniziato, allo scalone d’ingresso decorato da lance e croci, e alla fine della visita siamo di nuovo fuori, sotto il porticato di miele decorato con i simboli della città.
Si è fatta una certa ora, così decidiamo di fermarci a mangiare qualcosa prima di proseguire nella nostra visita della città. Poco più avanti lungo la via ci sono una serie di ristoranti e locali che non aspettano altro che i turisti che passano, c’è solo l’imbarazzo della scelta, così ci infiliamo in uno che ha la terrazza panoramica dove pranzare, per godere di un po’ d’aria fresca e di una vista superba all’ombra del gazebo. Il cameriere è un ragazzo gentilissimo di nome Sebastian che ci consiglia alcuni piatti tipici in buon italiano – qui lo parlano davvero tutti. Io non resisto ad antipastini misti e Moussaka, mentre Luca opta per una enorme insalata colorata di pesce che è una bellezza già solo a guardarla. E’ tutto gustoso, e non è niente male neppure il caffè.
Proprio di fronte al ristorante si trova un altro dei monumenti famosi della città, la Torre dell’Orologio, di epoca ottocentesca e bella fattura. Offre soprattutto un punto di vista ideale sulla città, ma purtroppo non abbiamo il tempo di fare tutto e lasciamo perdere la salita sulla torre per dedicarci all’esplorazione di questo importante quartiere, detto Kollakio, che era quello riservato ai Cavalieri.
Tra gli elementi più rilevanti della storia e dell’architettura di questa cittadella medievale ci sono certamente le imponenti torri fortificate e la moschea rosa di Solimano il Magnifico risalente al 1522 (e purtroppo chiusa), ma il cuore della città vecchia batte indubbiamente nella spettacolare Via dei Cavalieri.
Questa è senz’altro la via più suggestiva dell’isola, e una delle più belle che abbiamo avuto la fortuna di visitare. Una via larga circa 6 metri e lunga oltre 200, dritta come una lancia, in pendenza dal Palazzo del Gran Maestro verso il borgo popolare, lastricata da pietre e fiancheggiata dai palazzi nobiliari degli ordini cavallereschi dei vari paesi. Poiché in quel periodo non solo non esistevano le Nazioni geografiche come le conosciamo oggi ma non era noto neppure il concetto stesso di Nazione, questi edifici erano detti “Alberghi delle Lingue”, un’espressione bellissima e acutamente intuitiva in grado di raggruppare, con un anticipo di secoli, tutti coloro che provenivano da uno stesso territorio e parlavano un idioma comune.
Ogni Albergo porta sulla facciata le decorazioni e le insegne che meglio lo rappresentano, ed esprime già visivamente con la sua imponenza l’importanza dei Cavalieri originari di ciascun paese. Tra gli altri, quello francese e quello italiano sono tra i più degni di nota.
Per tutta la lunghezza della Via dei Cavalieri i palazzi di pietra dorata si susseguono senza soluzione di continuità, imponenti e solenni, eleganti e austeri, un canale color miele lastricato di sassi levigati che l’usura del tempo fa luccicare nel sole intenso. Una passeggiata affascinante in un’antica ruga del passato.
All’uscita dal Kollakio facciamo un giro per il resto della città vecchia, tra porticati, chiese e moschee, purtroppo non visitabili perché tutte chiuse, e raggiungiamo la zona più commerciale del centro dove si concentrano le attività e i negozi dedicati ai turisti.
La strada principale di questa zona è la via Socrates, una bella strada grande sulla quale oltre ai ristoranti si affacciano decine e decine di negozietti di prodotti di artigianato locale che attirano i moltissimi turisti in visita, con i colori vivaci dei tessuti e dei vetri e le fogge più tipiche degli oggetti in ferro battuto.
Una delle zone più belle dove ci capita di passeggiare è comunque il quartiere ebraico, un labirinto di stradine lastricate adornate da piccoli archi, capaci nella loro essenzialità di creare un’atmosfera suggestiva assolutamente unica.
Molti sono gli angoli caratteristici del quartiere ebraico, piazzette, stradine, nicchie di verde nascoste tra palazzi e portoni. Arriviamo piano piano fino alle mura medievali e infine usciamo dal lato delle possenti torri rotonde di una delle porte d’ingresso, che ricollega agli edifici più importanti situati al di fuori dalla cinta muraria.
Percorriamo di nuovo il tratto che fiancheggia la spiaggia cittadina fino alla nostra auto, la oltrepassiamo e in pochi minuti siamo all’estremo nord dell’isola, sulla lingua di terra che si affaccia di fronte alla Turchia, dove i due mari s’incontrano di nuovo, ma in maniera molto più tranquilla di quanto accade a Prassonissi. Su questo triangolo di terra che s’incunea nel mare sottile e acuto come una punta di lancia c’è un prato, e lì sopra un edificio basso e squadrato, che è esattamente il luogo che stavamo cercando, l’Acquario. Più piccolo e più bello di quanto ci aspettassimo, ha un suo fascino particolare messo lì così sull’erba verde con alle spalle solo spazio azzurro, vastità di acqua e di cielo, talmente circondato di luminosità che appare controluce in tutte le inquadrature, comunque provi a spostarmi.
La prima sezione di questa Stazione Idrobiologica è dedicata alla biologia marina, con esempi di habitat nei diversi fondali oceanici del mondo, piante e micro-creature, e molti fossili di crostacei, pesci e tartarughe da poter osservare da vicino.
La parte migliore però viene dopo, quando ci addentriamo nella grotta di roccia all’interno della quale un architetto italiano degli anni 30 ha pensato di creare il percorso di visita di questo acquario così particolare. L’effetto è sicuramente interessante, un ambiente di semioscurità illuminato solo dalla luce cha proviene dai vetri delle vasche, soffitti bassi e pareti di roccia scura con piante rampicanti e finestre a oblò, e un bellissimo pavimento realizzato con la tipica tecnica dei sassi bianchi e neri che formano un sentiero decorato di pesci, alghe e cavallucci marini, per un viaggio davvero piacevole nel mondo degli abissi marini. Le vasche sono delle più svariate dimensioni, dalle piccole teche che si potrebbero tenere in casa, dove splendide stelle rosse e ricci di mare si dividono lo spazio con granchi e minuscoli pesciolini colorati, alla enorme vasca centrale, visibile praticamente da ogni zona del percorso, dove nuotano dentici talmente grandi da sembrare finti, frutto dei racconti del solito pescatore esagerato. Invece sono verissimi, immensi e misteriosi, lì a scivolare nell’acqua silenziosi e lenti, senza mai avvicinarsi troppo tra loro nonostante non si guardino neppure per un momento, ballerini perfetti di una danza segreta ballata su una musica profonda che solo loro sono in grado di ascoltare.
Una delle vasche più belle è quella della manta, illuminata da una pioggia di luce che viene dall’alto e quasi vuota a prima vista, ma mentre sei lì davanti che cerchi di capire cosa devi guardare, ecco che la sabbia si muove leggermente, uno sbuffo di sassolini si solleva appena, e vedi gli occhi, e indovini tutto il corpo semisepolto nel fondale per nascondersi a un nemico che quaggiù non potrà mai arrivare. E’ già bellissima così, acquattata e immobile, attenta, perfettamente integrata nel suo ambiente naturale, ma mentre siamo lì lei decide di farci un regalo insperato. Di colpo le onde di sabbia si fanno più intense, il corpo esce tutto fuori dal fondo, e un momento dopo la manta spicca letteralmente il volo, e in un attimo è già in cima alla vasca, volata verso la luce e l’aria, potente e leggera come un uccello. Elegante, veloce, esatta, ci regala uno spettacolo magnifico che restiamo a guardare incantati.
Spettacolare è anche la vasca delle murene, dove diversi esemplari di queste strane creature se ne stanno aggrovigliati tra loro, infilati in una grossa roccia dai cui fori fuoriescono solo teste e code annodate in un miscuglio inestricabile e inquietante. Tutto appare calmo, finché ad un certo punto, non si sa bene per quale ragione, qualcosa si muove, e di colpo il nodo si scioglie come per magia liberando serpentine di corpi sguscianti che risalgono verso l’alto in una scia di guizzi d’argento.
Ci sono anche vasche più piccole, con pesci tropicali colorati e agili, alghe fluttuanti e alcuni piccoli squali con pinne appuntite dalla linea inconfondibile, che dividono il loro spazio con lucidi granchi blu e razze evanescenti come fantasmi sottomarini.
Tra i pesci più inquietanti ci sono di sicuro gli scorfani, creature che sembrano fatte di roccia viva, perfettamente mimetizzati con l’ambiente, puoi stare un tot lì a guardare chiedendoti cosa diamine c’è in quella vasca a parte l’anfora e quelle piccole alghette senza accorgerti della loro presenza.
Arriviamo in fondo alla nostra passeggiata negli abissi in un tempo che sembra troppo breve per quanto è stato piacevole, tra caverne illuminate dall’alto, fiori fluttuanti e creature misteriose che scivolano in quel mondo di silenzio liquido. L’ultimo incontro speciale lo facciamo con un magnifico polpo, enorme e scuro, che distende i suoi tentacoli prodigiosi sul vetro della vasca in un saluto che assomiglia a un invito.
All’uscita riprendiamo l’auto e partiamo in direzione Lindos, ma un’altra sorpresa ci attende. Per un’indicazione poco chiara sulla cartina, imbocchiamo una strada che, invece che portare verso sud, sale su lungo un monte poco fuori Rodi, finendo in un bosco nel quale è situato l’antico Monastero di Filerimos, con diverse costruzioni religiose risalenti ai tempi dei Cavalieri di Rodi. Purtroppo è già tardi ed è tutto chiuso, ma l’atmosfera è bellissima, l’aria profuma di piante e la luce del tramonto tinge tutto d’oro. Un gruppo di pavoni che girano liberi ci vengono incontro curiosi e vanitosi, per nulla intimoriti dalla nostra presenza. Abbiamo solo dei pezzetti di pane da dargli ma loro sembrano gradire, regalandoci in cambio una mezz’ora di elegante confidenza.
Rientriamo a Lindos sul tardi e decidiamo di cenare a casa, molto stanchi ma contenti di com’è andata questa giornata dedicata alla capitale dell’isola.