Un nuovo anno comincia, e vogliamo cominciarlo dall’alto. Così di prima mattina, dopo una colazione lenta tra facce assonnate, ci incamminiamo verso la famosa Festung Hohensalzburg, forse la principale attrazione della città. Dobbiamo ripercorrere tutto il tratto che porta in centro, ma stamani le auto in giro sono pochissime e i passanti ancora meno. Il cielo è un telo bianco senza il minimo spiraglio di azzurro, gli alberi sono innevati, e sui marciapiedi tappi di sughero e rare bottiglie testimoniano la baldoria della notte appena passata.
In centro è incredibilmente già tutto pulito, non c’è quasi traccia della marea di gente che ha ballato e brindato qui fino all’alba, eppure era davvero una folla. Sono sinceramente stupita da tanta efficienza, sono già spariti sia i segni della festa che coloro che li hanno cancellati così abilmente, e non sono ancora le dieci. Percorriamo la Getreidegasse per tutta la sua lunghezza, i negozi sono chiusi e il silenzio è disturbato solo dal fruscio degli scarponi di pochi altri mattinieri come noi.
Le bellissime insegne in ferro battuto tipiche del centro storico decorano le facciate dei palazzi segnalando ristoranti e negozi, e facendo di questa antica via una delle più famose di tutta l’Austria.
E’ bello vedere come il nuovo ha saputo integrarsi perfettamente con l’antico in queste insegne elaborate tipiche di un altro tempo, in cui botteghe artigiane o Biesl ottocenteschi si alternano a Zara o McDonald’s nel pieno rispetto dell’atmosfera salisburghese più classica.
Arriviamo lentamente fino a Mozartplatz e la superiamo, diretti alla stazione della teleferica che porta in cima alla famosa rocca. Per raggiungerla attraversiamo il Petersfriedhof, un piccolo cimitero antichissimo e molto conosciuto, luogo di sepoltura noto da oltre un millennio dove si trovano anche una serie di catacombe paleocristiane scavate nella roccia che purtroppo oggi sono chiuse. La chiesetta di St. Peter se ne sta lì da una parte, muta e chiusa anche lei, a guardia di piccoli gruppi di tombe sparsi qua e là in quello che in estate dev’essere un giardino, ma che ora non è altro che un tappeto di silenzio bianco steso sopra alle pietre. Non è il primo cimitero coperto di neve che vedo, ma ogni volta l’effetto è lo stesso. La mente corre al racconto di Gabriel e alla sua neve redentrice che cade su tutti, e la sensazione è sempre quella: pace, protezione, salvezza. Se potessi sapere che un giorno non sarò ricoperta di terra scura ma di neve invece, bianchissima e lieve, mi sembrerebbe tutto molto meno terribile. Piccole coperte soffici vestono le pietre tombali di uno strato candido come un piumone, lasciando libere solo croci sottili, cippi, ornamenti in ferro battuto abbelliti da fregi dorati e nomi scritti in vecchie calligrafie svolazzanti. Nella neve pochi lumini spenti, e mucchietti di rami stesi a proteggere i morti dal gelo. Su alcune tombe ci sono perfino mini alberelli di Natale decorati di fiocchetti rossi, perché ogni luogo ha il suo modo di dimostrare che chi è ricordato non se n’è mai andato. Da una parte, a lato del vialetto, qualche bambino ha messo su una specie di pupazzo di neve grasso e buffo, con dei rami sottili per braccia e una grande bocca sorridente. Lo guardo e mi piace trovarlo qui, secondo me non dispiace neppure ai morti la compagnia di quest’omino che ride. Per non dimenticare che tanto, alla fine, la vita stravince, c’è poco da fare, bastano dei bimbi e un mucchietto di neve fresca per dimostrarlo.
All’uscita dal silenzio del cimitero saliamo fino alla stazione della funivia che porta alla Fortezza, e notiamo subito che c’è più gente qui, compresi molti italiani. Facciamo i biglietti (10,50€ a testa per l’ingresso e il trenino andata e ritorno fin lassù), e mi diverto a passare in giro il mio happy new year ogni volta che mi capita. La teleferica di fatto è un treno a vagoncini molto moderno che s’inerpica per la ripidissima salita in pochi minuti, portandoci agilmente in cima alla rocca che domina la città. Lì per lì fa un po’ impressione questo viaggio ritto e veloce, ma appena scesi comprendiamo che vale assolutamente la pena affrontarlo. Affacciarsi dagli spalti delle mura è come trovarsi di fronte ad un quadro immenso che raffigura Salisburgo in ogni suo minimo dettaglio – un Canaletto nordico con la neve al posto dell’acqua – con la sola differenza che qui è tutto vero. I tetti a punta delle chiese, la cupola verde del Duomo, la miriade di finestrelle che si aprono sulle facciate dei palazzi, i ciuffi di alberi spogli, i nastri grigi delle strade che s’incrociano, e il serpente addormentato del fiume, in fondo, placido e vivo nell’aria nevosa. Uno spettacolo bellissimo, che per un po’ riesce a farci dimenticare anche del freddo pungente.
Giriamo gli spalti salendo fino a un terrazzino che è un punto panoramico imperdibile per tutti i visitatori e facciamo un po’ di foto, quindi raggiungiamo il gruppo di persone che sta facendo la fila per ricevere le audioguide e cominciare la visita dell’interno della fortezza. C’è molta gente e si entra a gruppi, quindi dobbiamo aspettare un po’, ma alla fine riceviamo il nostro apparecchietto e seguiamo diligenti il ragazzo che si occuperà di noi. Che in realtà non farà nulla di più che aprire e chiudere le porte delle varie stanze dei bastioni che visitiamo con le chiavi che custodisce in una strana valigetta, e controllare che nessuno tocchi nulla o rimanga indietro. Il resto lo fa la voce dell’audioguida, che ci fornisce dettagli storici, tecnici e aneddotici su tutto quello che vediamo. Camminamenti, magazzini, celle, stanze della tortura, torrette di avvistamento esterne che regalano una vista sulla città assolutamente strepitosa.
La parte forse più interessante è quella del museo del reggimento dove si ripercorre la storia delle truppe che hanno occupato questa fortezza nel corso dei secoli, con un’ottima esposizione di lance, spade, fucili, tamburi e bandiere.
In una sala è stata ricostruita in maniera molto suggestiva la scena di un’antica battaglia, con i soldati impersonati da manichini di metallo che impugnano lance, scudi ed elmi, presi dalla furia del combattimento e pronti a tutto per difendere la loro postazione.
Da questi soldati stilizzati si risale nel tempo a reggimenti più vicini alla nostra storia, comprese le truppe che hanno combattuto nella Grande Guerra, con i loro fucili originali, gli elmetti, le attrezzature da campo e i primi strumenti per le comunicazioni via radio.
Attraversiamo anche alcune sale dove sono conservati bellissimi pezzi di mobilia antica che arredavano le stanze dei soldati più alti in grado, tra cui una grossa stufa minuziosamente decorata e un letto a baldacchino in legno scolpito davvero sorprendente.
Da qui passiamo in una zona un po’ impressionante riservata agli strumenti di tortura, da quelli medievali a quelli più recenti, dove, in eleganti teche di vetro illuminate come quelle delle gioiellerie, fanno mostra di sé oggetti spaventosi: maschere di ferro luccicanti dall’interno chiodato, pinze metalliche, spaccaossa, macchine di legno per mettere i prigionieri alla gogna, sedie da tortura e perfino alcune cinture di castità di ferro battuto incredibilmente lavorate. Davvero inquietante.
All’ultimo piano visitiamo la parte più famosa e preziosa della rocca, le sale di rappresentanza dei Vescovi Principi che hanno avuto qui la loro base politica e amministrativa per molti secoli. E a giudicare dalla ricchezza e dalla bellezza delle decorazioni degli ambienti, si comprende quanto grande e potente dovesse essere l’influenza di questi Vescovi nel periodo della loro dominazione. Le sale sono completamente rivestite il legno prezioso, con massicce colonne tortili, stufe decorate in maniera straordinariamente ricca, soffitti a cassettoni dipinti di turchese e punteggiati di stelle dorate, per un effetto finale davvero notevole.
Nell’ultima sezione vediamo la ricostruzione di una cucina con tutti gli accessori d’epoca, un enorme caminetto per cuocere i cibi, attrezzature in ferro, legno e coccio, pentole di rame, otri per il vino, e un tavolo intagliato con le sue sedie originali veramente stupendo.
All’uscita ripercorriamo i corridoi interni che portano alle feritoie, ognuna delle quali ospita un cannone originale puntato sulla città a difesa della roccaforte, e arriviamo fino all’ingresso del Museo delle Marionette, la cui visita è compresa nel prezzo del biglietto. Si tratta di un piccolo museo situato in ambienti scavati direttamente nella pietra delle mura della fortezza, dove, in piccole teche di vetro, sono esposte antiche marionette che raffigurano vari personaggi protagonisti delle più famose opere mozartiane, dalle damine ai servitori, dai diavoli ai cherubini, dai cavalieri alle creature fantastiche del Flauto Magico. Una mostra davvero interessante, e soprattutto un allestimento reso affascinante dall’ambiente e dalla musica che ci accompagna in sottofondo.
Alla fine usciamo di nuovo fuori, nell’aria gelida che si è fatta ancora più bianca. Facciamo un ultimo giro prima di deciderci a scendere, e restiamo un po’ ad ammirare la vista di Salisburgo dagli spalti. La Fortezza ci è piaciuta dopo tutto, l’ingresso è un po’ costoso ma lo spettacolare panorama che si gode da qui vale da solo il prezzo del biglietto. Riprendiamo il trenino che ci riporta giù e in pochi minuti siamo di nuovo in città, tra il Duomo e la via principale. Giriamo un po’ per il centro, ci sono molti più turisti per le strade adesso, pare che voglia nevicare ma non si decide.
Ci accorgiamo solo ora che si è fatto tardi, e abbiamo fame. Qui non è facile trovare da mangiare qualcosa di più di una fetta di torta e una tazza di cioccolata calda fuori dall’ora canonica di pranzo, per cui alla fine ci pieghiamo all’opportunità più semplice che incontriamo sulla nostra via ed entriamo da McDonald’s. Ci capita di farlo almeno due o tre volte l’anno, vuol dire che in questo 2011 ci siamo già messi avanti con la media. Mangiamo e soprattutto ci riscaldiamo un po’ cercando l’itinerario da fare dopo, mentre tutto intorno a noi un viavai di turisti porta un frullo di sciarpe e cappelli fuori e dentro dal locale. Cerchiamo sulla mappa della città il percorso da seguire per raggiungere il cimitero di St. Sebastian accanto alla omonima chiesa, dove si trovano le tombe dei familiari di Mozart, e scopriamo che è in una zona che non abbiamo ancora visitato, così decidiamo di provare ad andarci subito. Attraversiamo il fiume e percorriamo la Linzergasse fino alla piccola chiesa, facilmente riconoscibile, ma quando arriviamo all’ingresso del cimitero scopriamo che è già chiuso per via dell’orario invernale, così decidiamo di riprovare domattina. Torniamo indietro passeggiando lungo questa via nuova fino allo Schloss Mirabell, ma anche per il concerto è ancora troppo presto, così seguiamo le indicazioni della brochure e andiamo fino all’Hotel Sheraton a chiedere se hanno dei biglietti disponibili per stasera. Entriamo nella Hall decorata da grandi alberi di natale e pacchi luccicanti posati sui tappeti e chiediamo informazioni alla signorina della Reception, mostrandole quanto indicato nel nostro volantino. Lei sembra non sapere nulla di questa possibilità di prenotazione, ma prende gentilmente la brochure e fa subito una telefonata scoprendo che c’è ancora disponibilità di posti per stasera e che potremo fare il nostro acquisto direttamente al Castello prima dell’inizio del concerto. La ringraziamo rincuorati e usciamo di nuovo nel buio della sera, che è calata in fretta. Visto che abbiamo tempo decidiamo di andare a mangiare qualcosa nei dintorni dello Schloss, e troviamo un piccolo ristorante tipico proprio dall’altro lato della strada dove hanno già cominciato a servire la cena. I gestori sono molto gentili e ci portano in fretta le nostre ordinazioni, zuppe calde, pane ai semi misti, spezzatino di carne e knödel con verdure, un ben di Dio esagerato che non ci aspettavamo in queste quantità e che gustiamo con piacere in attesa dell’orario di apertura della biglietteria.
Quando usciamo dal Mundenhamer sono quasi le 7 e mezzo, e finalmente c’è movimento all’ingresso del Castello. Saliamo nuovamente la splendida Scala degli Angeli, e questa volta la porta d’accesso alla sala che fa da anticamera e guardaroba alla Marmorsaal è aperta. Molte persone stanno cambiando le loro prenotazioni in biglietti e altre li stanno acquistando adesso, proprio come facciamo noi pochi minuti dopo (29,00€ cad). Il programma di stasera comprende tra le altre musiche di Mozart, Paganini, Dvoràk e Strauss figlio che saranno eseguite dai musicisti del gruppo Salzburger Solisten , giovani virtuosi maestri di violino e violoncello accompagnati dal flautista italiano Sergio Zampetti. Quando finalmente entriamo nella Marmorsaal, comprendiamo il perché della sua fama. Più piccola di quanto mi aspettassi, è comunque una sala splendente di marmi rosa e stucchi dorati, fregi, riccioli, colonne capitelli e putti, tutto illuminato da una pioggia di luce che scende da grandi lampadari di cristallo. Una sala elegantissima, contenitore perfetto per la musica luminosa che accoglie tra le sue mura da oltre due secoli.
La platea di sedie imbottite si riempie in fretta di spettatori arrivati da ogni parte del mondo per godersi questo primo concerto dell’anno, l’atmosfera è intensa e carica quanto basta – ad avere gli abiti giusti e un’acconciatura un po’ alta, ci si potrebbe persino aspettare che entro pochi minuti le porte dorate si apriranno e Leopold Mozart entrerà orgoglioso accompagnando i suoi piccoli geni a regalar prodigi al pubblico adorante, come del resto è accaduto più volte in questa sala. Non è Leopold che entra stavolta ma delle giovani musiciste invece, ragazze molto giovani e molto belle, che con energia e talento straordinari cominciano a regalarci quella stessa antica magia, rimasta intatta a distanza di 200 anni. Suonano tutte in maniera impeccabile e coinvolgente, guidate da un primo violino che potrebbe essere una modella per grazia ed eleganza e accompagnate dal fuoco di una violoncellista che disegna con le sue note profonde il binario perfetto sul quale seguire con la massima esattezza anche le volute più arricciolate dei ghirigori di quei pentagrammi. Quando poi tocca a Zampetti, col suo assolo di flauto traverso, la Marmorsaal sembra trasformarsi al suono dorato delle sue note in una bolla di musica lievissima che riempie magicamente le pareti, facendole via via dilatare e gonfiare come il tessuto di una mongolfiera, fino a colmarla, e tenderla, e sollevarla da terra con tutto il suo pubblico, facendola volare via in un soffio leggero. Sembra fatta apposta per il flauto, la musica del settecento, guizzante d’oro lucido e vivace, leggera e svelta come una fata, densa di sfumature e incantevole come solo Mozart sapeva renderla. Meraviglia pura, e Zampetti ci mette tutto il suo talento per farcela gustare fino in fondo. La seconda parte del concerto si apre con Paganini omaggiato dai violini perfetti di due ragazze fantastiche, per proseguire poi con i valzer, immancabili in ogni serata di Primo dell’anno che si rispetti, trascinanti, briosi, energici, allegri, tanto potenti e belli da riuscire a farti girar la testa anche da seduta. Alla fine è un trionfo per i musicisti tutti, le ragazze sono chiamate più volte a prendersi il loro meritatissimo applauso e ci regalano gli immancabili bis prima di salutarci definitivamente.
Che cosa meravigliosa avere un talento e la capacità di metterlo a frutto, faticando anche molto magari, ma riuscendo poi a raccoglierne i frutti preziosi: vivere della propria passione, fare dono della bellezza a chi vuole goderne, avere la consapevolezza di essere stati capaci di farlo. La notte è buia e lucida di gelo fuori dallo Schloss Mirabell, ma il calore e la luce della musica che ha appena danzato davanti ai nostri occhi ci accompagnano dolcemente fino all’Hotel. E’ stata una bellissima serata di emozioni questa, di quelle che ricorderemo socchiudendo gli occhi in un piccolo sorriso. Speriamo che, in questa notte per noi doppiamente speciale, questa sia stata la maniera giusta per cominciare un anno nuovo di zecca. Auguri. Vale per tutto.
E’ sempre stato il mio sogno presenziare al concerto Viennese d ‘ inizio d’ anno e con questo post e queste immagini ho quasi la sensazione di riviverlo.La neve,le insegne in ferro battuto , i dolci invernali…sembra di vivere dentro una fiaba!
Beh, non era proprio il concerto di Capodanno di Vienna, ma è stato ugualmente bellissimo! :o)
Quei luoghi sono davvero da fiaba, almeno quando sono tutti imbiancati di neve come li abbiamo trovato noi.
Mi chiedo che effetto facciano in estate…chissà quanto verde insospettato spunta fuori!
Un caro saluto a te e grazie mille della visita!
A presto,
Sally