Il cielo è basso e bianco stamattina al nostro risveglio, la giornata che ci aspetta ha tutta l’aria di essere un’altra di quelle assai gelide. Imbacuccati in giacconi cappelli e guanti aspettiamo il nostro treno sulla pensilina della stazione di Rennweg per andare in centro, quando un signore alto di mezza età ci fa la prima bella sorpresa della giornata. Mentre consultiamo la mappa dei treni, si avvicina e ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto. Domanda dove dobbiamo andare con una gentilezza che non avevamo ancora conosciuto nella gente del posto, e si offre di darci le indicazioni che ci possono essere utili per orientarci. Allora esistono anche qui le persone cortesi e disponibili! Gli sorridiamo grati parlando volentieri del nostro programma di oggi e ascoltiamo le sue indicazioni dettagliate con molto piacere, contenti di avere finalmente l’occasione di rivalutare gli abitanti di questa città. Saliamo sul treno tutti e tre insieme e mentre andiamo verso il centro scambiamo due parole sul freddo intenso di questi giorni, che per lui è abbastanza normale, anzi ci dice che Hofburg è veramente “magnifico” quando nevica. Al momento di scendere alla nostra fermata lo salutiamo e lo ringraziamo più volte, mentre lui ci raccomanda di non dimenticare le sue indicazioni. Anche se non lo sa, ci ha fatto fare pace coi viennesi in pochi minuti e ha già reso la nostra giornata una di quelle da ricordare. Da Wien Mitte cambiamo metro e arriviamo a Hofburg con facilità, e quando ce lo ritroviamo davanti, col suo ingresso imponente e austero , capiamo che quel signore aveva ragione, la neve rende il palazzo meraviglioso e suggestivo come non mai. Andiamo prima di tutto alla caffetteria per fare colazione, con croissant e caffellatte viennese buonissimo , e poi alla biglietteria, dove scegliamo di fare il Sissi ticket (22,50 € a testa), il biglietto d’ingresso combinato che comprende l’entrata agli Appartamenti imperiali, al Museo di Sisi e al Museo delle Argenterie di corte, e in più include il Grand Tour del Castello di Schönbrunn che faremo prima di ripartire. Il biglietto pare un po’ costoso lì per lì ma comprende l’audioguida in italiano per tutto il giro e ci permetterà di evitare di perdere tempo nella lunghissima fila di visitatori che di solito c’è a Schönbrunn, quindi è comunque preferibile farlo subito. Il giro comincia dal Museo delle argenterie dove sono conservati stoviglie, centrotavola, piatti, bicchieri, serviti, candelabri, vassoi, porcellane che facevano parte del corredo reale della corte asburgica al tempo di Sissi. Fin dalle prime sale si intuisce la straordinarietà di questa collezione impressionante e per me, che ho un debole per le porcellane, è una vera festa per gli occhi. Raffinatissimi serviti dipinti a mano pezzo per pezzo, luminosi e preziosi, intere serie di piatti e sottopiatti ricoperti d’oro zecchino, cristallerie scintillanti, tovagliati di candido lino purissimo, e poi incredibili candelabri ed enormi centrotavola dorati straordinariamente decorati di foglie, riccioli, ramage floreali, putti, animali, da rimanere storditi per la ricchezza dei dettagli e la perfezione della lavorazione. Immaginarli completati da dozzine di candele accese, fiori freschi, piramidi di pasticcini appena sfornati e panini profumati è facilissimo, e bello. Ci sono enormi serviti creati apposta in occasione delle nozze di membri della famiglia reale con decorazioni preziose come quadri, ma anche ceste da viaggio con piatti e bicchieri più semplici per un pranzo all’aria aperta, e un bellissimo servito bianco e blu decorato con un delfino che la famiglia imperiale utilizzava durante i suoi viaggi sullo yacht Miramare, col quale raggiungeva l’amata villa di Corfù “Achilleion” per le vacanze al mare. In una teca sono conservate le posate d’oro dell’Imperatrice Maria Teresa, create apposta per lei in un unico modello personalizzato al tempo in cui ancora non era d’uso avere serviti da centinaia di pezzi tutti uguali. Nella stessa sala resto incantata davanti ad una zuccheriera bianca con la coppa e il tappo completamente ricoperti da angeli e fiori in rilievo , mentre non lontano da questa è esposto un servito da tè giapponese del ‘700 tutto dipinto sui toni delicati del blu e rosso lacca , di una raffinatezza e un’armonia da lasciare senza parole. In un’altra sala sono esposti alcuni tovaglioli piegati con la tecnica dell’origami, con la quale si ottenevano pesci, cigni e uccelli che servivano a decorare in maniera ancora più scenografica la tavola apparecchiata. Ogni minimo dettaglio attira il mio sguardo appassionato di questo genere di oggetti, ma tra i serviti che mi colpiscono di più c’è sicuramente quello chiamato “dei nastri verdi”, uno straordinario lavoro delle manifatture di Sèvres dono del Re di Francia a Maria Teresa. Zuppiere e piatti sono abbellite da un doppio nastro di un verde brillante e delicato allo stesso tempo che corre tutto intorno ai bordi dei pezzi finemente lavorati, decorati da scene classiche e motivi floreali dai colori pastello ispirati ai dipinti di Boucher. Fantastico. Ma come spesso accade nelle esposizioni, il pezzo più prezioso è lasciato alla fine. E’ nelle ultime teche infatti che è esposto un incredibile servito da dessert in porcellana inglese Minton, che fu persino premiato nell’esposizione di Londra del 1851. Le zuppiere, le alzate, le ciotole, i vassoi, le coppette sono arricchite da delicatissime figurine di biscuit che si armonizzano perfettamente con i decori dipinti di azzurro chiaro e oro, mentre gli splendidi trafori e i rilievi rendono ogni singolo pezzo un vero capolavoro. Dopo la grande esposizione il servito completo fu acquistato dalla Regina Vittoria in persona, che ne mandò una parte in dono all’Imperatore Francesco Giuseppe come segno di amicizia. Ma, come pare ovvio anche solo a guardali, nessuno di questi pezzi straordinari fu mai davvero utilizzato a corte durante i pranzi di stato, perché la sua fragilità era pari solo alla sua bellezza, e non sarebbe stato possibile farne un uso pratico senza rovinarlo per sempre. Alla fine del giro lasciamo tutte quelle meraviglie di porcellana e cristallo e passiamo a visitare il museo di Sissi, una parte del palazzo di Hofburg completamente dedicata alla vita dell’Imperatrice e al suo mito personale. Qui sono raccolti oggetti, ritratti, abiti, gioielli ed effetti personali appartenuti a questa che fu una delle donne più belle e famose della seconda metà dell’ottocento, e che fu una figura controversa e per certi versi anomala rispetto alle donne del suo tempo. Il privilegio di diventare la protagonista di una delle più importanti corti reali d’Europa ebbe come prezzo la perdita della libertà personale, e Sissi non accettò mai fino in fondo questo ruolo, sentendosi costretta e a disagio in una vita che fondamentalmente non aveva scelto lei. A soli 15 anni divenne la bellissima fidanzata e poi la moglie adorata del giovane imperatore Francesco Giuseppe, che però necessariamente non trascurò mai nessuno degli innumerevoli impegni che il suo ruolo gli imponeva, lasciando di fatto Sissi continuamente sola e vittima delle esagerate aspettative della corte. Il suo spirito libero la portò a viaggiare molto, a leggere e studiare lingue e letterature di altri paesi e scrivere poesie, a navigare per mare e a cavalcare, senza però mai trovare un vero senso alla sua esistenza agitata. La sua bellezza era effettivamente straordinaria e lei era cosciente in una maniera assai moderna dell’ascendente che questa le dava sulle persone, tanto che faceva di tutto per mantenere al meglio il proprio fascino. Aveva grandissima cura dei suoi lunghissimi capelli e del suo corpo, seguiva diete rigide e faceva sport per tenersi in linea, e viaggiava portando con sé la sua scatola della farmacia piena di creme e belletti ma anche di polveri e lozioni per curare la sua depressione. La morte per suicidio del figlio Rodolfo, trentenne unico erede al trono d’Austria, fu l’ultimo grave lutto che fece sfumare per sempre qualunque possibilità di serenità, rendendo la sua una vita straordinaria e triste allo stesso tempo. Durante uno dei suoi tanti viaggi scrisse una frase nella quale mi riconosco moltissimo, e che descrive esattamente anche la mia passione per i viaggi: “Le mete dei viaggi sono interessanti soltanto perché c‘è il viaggio che le unisce. Se dovessi arrivare da qualche parte e sapessi che mai più nulla potrebbe separami da quei luoghi, il mio soggiorno in un paradiso diverrebbe l‘inferno.“ Se non altro, fare un giro in questo piccolo museo serve a scoprire che il personaggio frivolo e superficiale che Hollywood ci ha tramandato con i film biografici su Sissi non corrisponde alla realtà, e che quello della bellissima principessa innamorata e felice nella meravigliosa corte viennese è decisamente un altro falso mito creato dal cinema. In una delle ultime sale è esposta la piccola lima che fu l’arma utilizzata da un anarchico italiano per assassinare l’Imperatrice in una via di Ginevra, un’arma assurdamente minuscola e inadeguata, e invece sufficiente a ferirla in maniera gravissima al cuore e a porre fine alla sua vita in poche ore. La nostra visita continua con la terza e ultima sezione del palazzo, quella degli appartamenti imperiali, le stanze private nelle quali la famiglia imperiale viveva nei mesi invernali. Ci sono lavori di ristrutturazione in corso in alcune sale, ma si riesce comunque a farsi un’idea di come doveva funzionare all’epoca in cui il castello di Hofburg era la sede della dinastia Asburgo, e quindi del Sacro Romano Impero. Attraversiamo una fila di sale, salotti, piccoli studioli, camere da letto più piccole di quanto ci aspettassimo e saloni da pranzo arredati con pezzi originali dell’ottocento, decorati da tendaggi drappeggiati e pareti rivestite di tessuto. Bellissime sono le finestre ampie e alte che aprono alla vista sui giardini ora innevati, mentre nell’appartamento di Sissi ritroviamo effettivamente una stanza che si può considerare di fatto una piccola palestra, con la spalliera, gli anelli appesi sotto la porta, attrezzi vari e un lettino per i massaggi. Il tutto circondato da mobili pregiati, quadri di foto alle pareti e vasi da fiori sparsi in giro. Nella sala da bagno c’è persino una bilancia pesapersone in metallo bianco, con la piccola base che porta i segni di un lungo uso. Tra le stanze da attraversare c’è la sala delle udienze, dove il Kaiser incontrava due volte alla settimana tutti coloro che desideravano parargli o ringraziarlo di qualcosa, e poi il suo piccolo studio, dove spesso pranzava da solo in maniera frugale per non rubare tempo prezioso ai suoi impegni politici. Passiamo anche attraverso l’appartamento dello Zar Alessandro, ospite in queste stanze proprio in occasione delle riunioni delle teste coronate di tutta Europa che dovevano spartirsi il continente dopo il Congresso di Vienna. L’ultima è una sala da pranzo apparecchiata per il pasto della famiglia imperiale, con porcellane e cristalli, alzate di pasticcini e centrotavola carichi di fiori, e con il dettaglio del tovagliolo posato su ogni piatto ripiegato in un modo particolare, a formare una specie di ventaglio di piccole nicchie di tessuto nelle quali sono inseriti piccoli panini di forme diverse. Pare che questa speciale piegatura dei tovaglioli sia esclusivo privilegio della famiglia reale e nessun altro possa utilizzarla, tanto che solo 2 persone in tutta Vienna conservano il segreto della sua realizzazione. E’ sorprendente come il dritto imperiale si manifestasse fin nei più piccoli dettagli quotidiani. All’uscita dagli appartamenti reali scopriamo che mentre facevamo il nostro giro ha cominciato a nevicare, e ora è tutto bianco. Il signore di stamani aveva ragione, la neve rende il palazzo e tutto l’ambiente assolutamente suggestivo e magico . Sono quasi le due e non c’è segno che la nevicata si debba interrompere a breve,ma proviamo lo stesso a proseguire con il nostro programma di oggi, perché quello che ci aspetta è troppo speciale per lasciar perdere. Raggiungiamo Schönbrunn con poche fermate di metro e superiamo il mercatino già aperto per inoltrarci nel parco fino quasi in fondo, camminando svelti e infreddoliti nella neve già alta con una meta ben precisa, il Tiergarten . Ora, è vero che gli zoo non sono luoghi da celebrare e che, da grandi amanti degli animali come noi siamo, generalmente preferiamo sapere che vivono liberi e tranquilli nei loro habitat d’origine invece che chiusi in gabbie in luoghi e climi per loro inadatti, ma appena abbiamo letto sulla guida che nel Tiergarten di Vienna ci sono due Panda giganti non c’è stata più storia né ragionamento che tenesse: dovevamo cogliere l’occasione di vedere questi meravigliosi animali dal vivo in tutti i modi, o non ci saremmo mai perdonati di aver perso un’occasione come questa. Facciamo il biglietto senza dover fare nessuna fila (14,00€ a testa, costoso come tutti gli zoo purtroppo) e neanche tre minuti dopo siamo proprio lì, davanti al loro grande recinto, incantati. Due splendidi esemplari camminano nella neve tranquilli, annusando qua e là e ciondolando pacifici. Li guardo senza quasi respirare per paura che si spaventino e si allontanino, non riesco a credere di avere queste meravigliose creature davanti agli occhi. Quasi mi dimentico persino di scattare delle foto, la luce è strana e il riflesso è intenso, e loro si muovono in due zone differenti. Sembrano molto pacifici, uno si siede vicino ad un albero per un po’, con quel modo di fare buffo, per poi rialzarsi e passeggiare fino al bordo del laghetto ghiacciato davanti a noi e poi di nuovo indietro, mentre anche l’altro si riavvicina, e sono entrambi dolci e morbidi, meravigliosi. Non sono grandissimi, ma sono perfetti, con il pelo lungo e quell’andatura dondolante tipica. Dalla barriera in vetro bassa dove ci siamo sistemati li vediamo perfettamente, vicini e fantastici, così incantevoli che potremmo restare a guardarli per ore. La neve cade fine e sottile tutt’intorno, gli alberi e i tronchi sistemati per farli arrampicare sono ormai bianchi, mentre l’aria è fredda e immobile. Dopo un po’ capiamo che i due orsi, che sono una coppia, hanno un buon motivo per indugiare in questa zona. E’ quasi l’ora del loro pasto, e infatti due guardiani aprono una porticina e li fanno rientrare in una specie di corridoio che li fa sparire ai nostri occhi. Restiamo un po’ delusi ma cerchiamo un modo per poterli vedere ancora, e scopriamo una cosa che non sospettavamo, e che ci rende questo zoo ancora più gradito. Viste le temperature rigide di questa zona d’Europa, tutte le gabbie hanno sia uno spazio esterno che uno al chiuso dove gli animali si rifugiano nei mesi freddi, e che è accessibile anche per il pubblico, così che anche chi visita lo zoo in inverno può vederli da vicino senza che nessuno debba soffrire per il gelo. Giriamo sul lato dell’edificio e troviamo delle porte in legno con grandi maniglie, che tiriamo per entrare dentro. Un calore e una luce piacevolissimi ci accolgono, e siamo subito davanti ad una parete di vetro che ci divide da una ricostruzione della foresta di bambù dei panda, con alberi, germogli e piante. Lì ritroviamo il primo dei nostri orsi, seduto di spalle al vetro, intento a sgranocchiare di gusto lunghi rami flessibili pieni di foglioline verdissime. Anche questa è una caratteristica strana dei panda, che contribuisce forse a farne dei beniamini di tutti: sono grandi e potenti, con artigli e muscoli da predatori feroci, e poi hanno quel buffo muso bianco con gli occhi cerchiati di nero e mangiano solo foglioline di bambù. Come si può non adorarli? Restiamo un po’ lì al caldo a goderci la compagnia dei panda che pranzano, mentre altri visitatori entrano ed alcuni bambini si incollano ai vetri incantati a guardare questo insolito spettacolo. Gli orsi si sono seduti comodamente tra le piante, con la schiena appoggiata ad un grosso tronco e rivolta verso il vetro, così che non possiamo vederli di fronte. Un cartello su un lato della parete spiega che i panda hanno imparato a sedersi con le spalle ai visitatori perché troppe persone continuavano a ignorare il divieto di utilizzare il flash per fotografarli lasciandoli abbagliati e spaventati, e così loro hanno trovato una soluzione rifiutandosi di guardare verso le macchine fotografiche. Hanno fatto benissimo secondo me, il rispetto è un diritto fondamentale per tutti, panda compresi. Osserviamo i loro gesti precisi e semplici, mentre raccolgono i lunghi rami di bambù con le grosse zampe artigliate e li sgranocchiano come grissini, ma a guardare bene il loro profilo, quando mordono il ramoscello di legno si intravedono denti affilati e potenti. La cosa più buffa sono comunque le orecchie, grandi, mobili e rotonde, che sembrano disegnate col pennarello nero sulla testa bianca come in un cartone animato perfetto. Fanno venire voglia di toccarle, e di darci una grattatina. Chissà se apprezzerebbero, o se invece farebbero fare alle mie dita la stessa fine dei rametti di bambù… In ogni caso l’impressione che questi grossi orsi danno è tutt’altro che inquietante o aggressiva. Mi fanno venire in mente, invece, che se siamo qui a fissarli come oggetti rari è solo perché lo sono davvero. Questi animali sono praticamente quasi estinti in natura, non riuscirebbero a sopravvivere e a riprodursi in numero sufficiente per garantire la continuità della loro specie senza il controllo umano, e questo proprio a causa dell’azione dell’uomo che ha alterato l’equilibrio del loro ambiente, modificato il loro habitat, sterminato le generazioni passate con una scelleratezza e una irresponsabilità vergognose. Adesso si cerca di rimediare al male fatto dando asilo e sicurezza ai pochi preziosi esemplari rimasti, ma alla fine chi paga lo sciagurato comportamento umano sono comunque loro, e il prezzo che pagano per la sopravvivenza è la libertà. Vedere queste creature meravigliose così da vicino e pensare che stanno scomparendo fa proprio venire il magone in gola… Dopo qualche foto all’interno ci decidiamo ad uscire per visitare anche il resto dello zoo, che dalla piantina sembra molto grande. Passiamo vicino al recinto dei leoni, che ci regala una insolita immagine di questi animali africani tranquillamente immersi in un paesaggio di neve e silenzio, e apprezziamo particolarmente la possibilità di avvicinarci fino al vetro che ci divide da loro. Una giovane leonessa è ritta lì davanti a me, a non più di mezzo metro, solo il cristallo spesso ci divide, ma posso vedere ogni minimo dettaglio del suo muso e dei suoi occhi gialli e luminosi, lo sguardo attentissimo, gli artigli nascosti delle zampe, i muscoli rilassati e pronti a scattare. Un piccolo sbuffo bianco esce dalle sue narici umide a ogni respiro, la neve le ha imbiancato appena il pelo ambrato sulla schiena ma lei non ci fa minimamente caso, ha voglia di giocare, e tiene d’occhio un giovane maschio che non si decide ad avvicinarsi abbastanza da poterlo attaccare. Appena lo fa lei si lancia all’attacco, e un attimo dopo si rotola nella neve con lui, che le sfugge con un’agilità incantevole. Il recinto dei leoni è grandissimo, ed effettivamente dopo un breve giro ci rendiamo conto che tutti gli animali hanno enormi spazi esterni ed interni a disposizione, questo è decisamente lo zoo più bello e organizzato che abbiamo mai visto, passare una giornata qui nella stagione estiva deve essere davvero piacevole. Continuiamo a passeggiare nel gelo candido del primo pomeriggio, in un silenzio irreale rotto solo dalle voci di rari bambini che gridano entusiasti a ogni nuova apparizione degli animali. Vicino ai leoni, in uno spazio chiuso da una rete d’acciaio anche sul lato superiore, le tigri siberiane sembrano perfettamente a loro agio sotto la neve che cade, e giocano azzuffandosi con gli stessi esatti gesti che chiunque abbia avuto dei gatti in casa ha visto un milione di volte, solo che queste qui sono belve alte più di un metro per oltre 200kg di peso e hanno zanne abbastanza potenti da sbranare un uomo in pochi secondi. Lì vicino troviamo la zona degli ippopotami, e in un interno caldissimo e umido scopriamo tre enormi esemplari distesi e addormentati, grandi come non ne avevo mai visti, immobili come statue. Nel tempo che stiamo lì non muovono un muscolo, non aprono un occhio, non spostano una ruga, incredibile. Dormono e basta. Sembra che abbiano intenzione di restare così fino alla prossima primavera. I pinguini e le foche invece sembrano decisamente a loro agio a questa temperatura, e anzi si fanno beatamente il bagno nella piscina mentre un inserviente getta loro del pesce per pranzo. Passiamo dai recinti di varie specie di orsi, uccelli, zebre, ed entriamo in una gigantesca struttura dove stanno al riparo diversi elefanti africani, enormi e placidi, in un ambiente così caldo e confortevole che ad uscire di nuovo ci vuole davvero molto coraggio. Cerchiamo di capire dalla cartina come si raggiunge il recinto dei lupi, animali che adoro, ma dopo un po’ di giri capiamo che sono sistemati in una specie di grosso bosco in cima alla collina, parecchio lontano da dove ci troviamo, e purtroppo è quasi l’ora di chiusura quindi dobbiamo desistere, sarà per la prossima volta. Passiamo a salutare i koala, e scopriamo che una coppia di questi animali deliziosi se ne sta su un grosso ramo a riposare al caldo, sono così paffuti e teneri che fanno venire immediatamente voglia di prenderli in braccio. Alla fine ci avviamo verso l’uscita e facciamo un giro nello shop, dove i tanti scaffali sono stracolmi di pupazzetti di peluche che riproducono tutti gli animali dello zoo e rendono l’ambiente allegro e coloratissimo. Una parete di fondo del negozio è tutta in vetro ed è collegata con lo spazio riservato ai fenicotteri, e infatti da lì riusciamo a vedere un intero gruppo di questi elegantissimi uccelli che stanno in piedi in una grande vasca d’acqua bassa, cercando cibo sul fondo col becco. E’ strano vedere questi grossi uccelli al chiuso, con un tetto sulla testa e mura tutt’intorno, eppure, nonostante l’ambiente anomalo e un po’ triste, il loro straordinario colore aranciato illumina l’aria come un fuoco acceso in un camino. Quando usciamo fuori sono passate da poco le 4 e mezzo, ma l’aria si sta già facendo scura. Attraversiamo di nuovo il parco di Schönbrunn immerso nel gelo, è quasi buio eppure la neve rende tutto luminoso e candido. Siamo davvero congelati, adesso che l’entusiasmo per la vista degli animali sta passando ce ne rendiamo meglio conto, e abbiamo fame. Così ci fermiamo al mercatino del castello, nel piazzale affollato di bancarelle illuminate, bimbi che giocano con la neve e genitori che si scaldano con tazze di Glühwein bollente. Individuiamo immediatamente le nuvole di fumo che salgono da uno dei grandi chioschi centrali, segnale di cibo in cottura, e ci uniamo alla fila in attesa del nostro turno. Poco dopo abbiamo le mani cariche di vassoietti di pollo croccante e cartocci di riccioli di patatine fritte sottilissime e arrotolate in una maniera strana e deliziosa. Comunque, con la fame che abbiamo mangeremmo anche germogli di bambù. Troviamo un posticino per sederci nell’atrio del castello, davanti a quella che in orario di apertura è la biglietteria, e finiamo tutto ridendo, cercando di infilzare in qualche modo le crocchette fritte con delle specie di piccoli stecchini di legno che scivolano giù dai guanti. Qualcuno ci lancia strane occhiate, probabilmente non è uso qui vedere persone che mangiano sedute sui gradini di un portone chiuso, e certamente non è un comportamento molto elegante, ma siamo veramente sfiniti e non possiamo stare oltre in piedi al freddo, i viennesi si dovranno adattare per qualche minuto. Dopo lo spuntino e una breve pausa di riposo usciamo di nuovo sulla piazza e ci concediamo due tazze di punch bollente – che ci vuole proprio per riscaldarci davvero in tutto questo gelo – scegliendo aromi di frutta. A dire la verità il Glühwein non è esattamente la nostra bevanda preferita a cose normali, ma in questo momento è perfetta, bollente, aromatica e sufficientemente alcolica per rinfrancarci fin nelle ossa. Dopo aver bevuto restituiamo le tazze, riprendiamo la nostra cauzione e facciamo un giro esplorativo anche di questo mercatino, che è decisamente affollato. Credo proprio che dalle nostre parti, in una giornata così gelida non si troverebbe una sola mamma disposta ad uscire di casa con un bambino piccolo solo per venire al mercatino a passeggiare, invece qui è pieno di bimbi che corrono liberi, si rotolano a terra e si lanciano palle di neve, alcuni anche senza cappelli e guanti, e sembrano perfettamente a loro agio e felici. Forse le mamme italiane sono davvero le più apprensive del mondo, o forse domani la metà di questi bimbi sarà a letto con la febbre… Giriamo per le bancarelle e scopriamo molti oggetti carini, piccole decorazioni in legno intagliato, in ceramica, in vetro, ma anche bottiglie di liquore distillato artigianalmente, biscotti e dolci natalizi confezionati con fiocchi, profuma biancheria fatti con pigne o rametti di legno e frutta seccata, decorazioni per la casa in panno, scaglie di sapone o ferro battuto, e bellissime palline in vetro dipinte in maniera fantastica. Un altro mercatino che valeva la pena visitare, senza dubbio. Se solo fosse meno freddo… E’ già buio quando torniamo in centro, facciamo un giro a Stephansplatz ancora bellissimo e illuminato in modo suggestivo, e scegliamo di cenare in un locale tipico della città vecchia, Griechenbeisl detto anche “Der liebe Augustin”, come indica la bella insegna antica fuori dall’ingresso. Questa Beisl tipica esiste dal 1447 e da qui sono passati moltissimi grandi musicisti come Beethoven, Schubert, Wagner, ma anche scrittori come Mark Twain, e poi uomini politici, pensatori e artisti di vario genere. Il posto è affollato ma carino, e la cena ottima, bollito tipico con verdure per Luca e zuppa con ravioli e bacon croccante per me. L’ambiente è molto piacevole, la maggior parte dei tavoli è occupata da turisti, ma il servizio è veloce e abbastanza cortese, e mentre mangiamo vediamo passare quelli che devono essere di sicuro i piatti di Wienerschnitzel più grandi del mondo… Anche il caffè è passabile, e ci fa finire la serata in modo piacevole. Con poche fermate di metro siamo di nuovo al nostro hotel, illuminato da cascate di lucine, e passiamo accanto alla chiesa ortodossa con le cupole dorate che luccicano nell’aria gelida della sera, tanto da farla sembrare un castello di fiaba. Rientriamo nella nostra stanza calda per riposare dopo tutte le emozioni della giornata, e già siamo impazienti di vivere quelle che ci attendono per domani.