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Sabato 20 agosto 2016: Caerphilly Castle – Castell Coch – Transporter Bridge – Cardiff

Sabato 20 agosto 2016: Caerphilly Castle – Castell Coch – Transporter Bridge – Cardiff

Cominciamo la nostra giornata in questa bellissima casa con un morning non molto good, visto che ha diluviato tutta la notte e ancora piove mentre scendiamo nella sala a fare colazione. È una pioggia leggera ma fitta, con grosse nuvole grigie gonfie d’acqua che folate improvvise di vento fanno volare qua e là come stracci stesi.

Mangiamo benissimo dalla signora Ann, con pane, dolci e marmellate fatti da lei, e ci fa assaggiare anche del formaggio locale di Caerphilly molto saporito. Poi, insieme ad una coppia di inglesi anche loro ospiti della casa, incontriamo i suoi 3 cani, vivaci e felicissimi di essere stati liberati dalla stanza in cui erano relegati ed essere stati ammessi nel salotto a scuriosare e ad annusare un po’ di gente nuova. La casa è davvero stupenda, enorme e confortevole, arredata benissimo, un vero castello in piccolo. E’ un peccato andare via, lo ripetiamo più volte ad Ann e suo marito prima di ripartire.

La prima tappa di oggi è a una decina di chilometri di distanza, il castello di Caerphilly, che si trova proprio nel cuore di questo paesino carateristico. Il castello, spettacolare già da fuori, è il più grande dei castelli normanni in Galles e ha ancora le possenti mura di cinta intatte con i bastioni enormi e il fossato tutto intorno, che di fatto forma quasi un vero e proprio sistema di laghi collegati tra loro. Entriamo gratis anche qui, grazie alle nostre tessere dell’English Heritage stavolta, visto che questo castello fa parte dei beni gestiti dal World Heritage.

Le antiche torri, alte e diritte, sono in piedi dalla seconda metà del XIII secolo, quando vennero tirate su per volere di Gilbert de Clare. A parte una a dire il vero, che è semidistrutta e appare come fosse stata spaccata in due da una spada gigante. La metà rimasta in piedi pende ormai pericolosamente verso l’esterno, e ha un’aria molto precaria.

Pare che il cedimento murario si dovuto semplicemente a un abbassamento graduale del livello del terreno, ma comunque l’effetto finale è drammaticamente perfetto per un castello medievale come questo. Inoltre, con un certo umorismo, dopo i restauri e i consolidamenti completati in epoca recente, è stata messa vicino alla torre pendente una scultura alta almeno 4 metri che raffigura un potente cavaliere intento a sostenere la parete cadente con la forza delle proprie braccia. Luca si accoda subito al cavaliere e lo aiuta a reggere, of course. Non veniamo mica da Pisa a caso…

C’è anche una bellissima Great Hall che è stata completamente restaurata, e che può essere affittata per celebrare cerimonie e feste private. Oggi è previsto un matrimonio qui e il sevizio del Catering sta già preparando tutto con grande cura, peccato solo per il clima davvero avverso. Se la sposa bagnata è una sposa fortunata, allora quella di oggi sarà la Paperoga gallese…

Attraversiamo varie sale, tutte vuote ma arricchite da ricostruzioni di dettagli originali sotto forma di sculture in legno che ricreano immediatamente l’atmosfera medievale. Ci rifugiamo in varie torrette e camminamenti coperti tra uno scroscio di pioggia e l’altro, e arriviamo fino al grande prato a sud dove sono conservate le ricostruzioni di alcune delle più grandi armi da battaglia anti assedio mai inventate: le catapulte e le balestre. Tutte in legno e ferro, enormi e in condizioni perfette, immobili e silenziose eppure dall’aspetto assolutamente minaccioso, come animali in agguato pronti a scattare al primo rumore sospetto.

La vista sulla campagna circostante e sul vicino paese di Caerphilly è impressionante nonostante il castello non sia in cima a una collina o a una rocca come altri che abbiamo già visto, e cerco di fare qualche foto nelle pause di asciutto senza mettere troppo a rischio la mia fotocamera.


Alla fine del giro passiamo per il piccolo shop, e sentiamo parlare italiano per la seconda volta da quando siamo arrivati in UK. Poi, visto che qui non c’è la caffetteria, riprendiamo la macchina e ci dirigiamo verso la prossima meta, distante solo circa un quarto d’ora.

Castel Coch è un castello decisamente anomalo rispetto a quelli visitati finora, ma per questo vale la pena venirlo a vedere. Le fondamenta sono quelle di un vero castello del 1300, seppure molto piccolo, ma resta ormai pochissimo di quel passato lontano. Tutto quello che si visita oggi è un rifacimento moderno tirato su dall’architetto Burgess alla fine dell’Ottocento per il terzo marchese di Bute, che voleva una residenza fuori Cardiff dove ricevere i suoi ospiti più intimi. Burgess disegnò per lui questo originalissimo castello di campagna, in uno stile gotico vittoriano che sfiora decisamente lo stravagante. Un altro di quei casi che dimostrano come generalmente, quando la moda del tempo si sposa con possibilità economiche praticamente illimitate, nascono strani mostri.

Il castello, in perfette condizioni, ha un aspetto decisamente fiabesco, con le torri di pietra a base rotonda di altezze differenti, i tetti a cono di ardesia e le finestre con gli infissi in legno di colore rosso vivo (Coch in gallese vuol dire rosso). La scala porta a una galleria circolare coperta ornata di colonnine, che racchiude un mini cortile centrale dal diametro totale che non supera i 20 metri. Anche qui entriamo gratis con l’English Heritage, e prendiamo volentieri l’audio guida offerta dalla signora alla cassa per ascoltare nei dettagli la storia di queste stanze. Non c’è molta gente e piove appena, e comunque il castello è piccolo e si gira bene.

Lo stile è alquanto eccentrico, forse all’interno ancor più che all’esterno. La sala dei banchetti è un salone lungo con un grande caminetto decorato e un soffitto a travi dipinto in maniera molto ricca, ma la prima sala davvero stravagante è il salotto successivo, a pianta ottagonale, con un enorme caminetto sormontato da sculture lignee policrome che raffigurano le parche del destino. Alle pareti spiccano decorazioni pittoriche dedicate alla natura e agli animali, con raffigurazioni ispirate alle fiabe di Esopo. Sopra a tutto si chiude un soffitto a cupola affrescato con voli di uccelli esotici, farfalle, e poi un firmamento stellato. Davvero stupefacente.

Al piano di sopra si trova la camera del marchese, con mobili intarsiati e dipinti di color verde e oro, abbastanza piccola e semplice per essere quella del padrone di casa, con un bellissimo caminetto abbellito da una cornice in legno scolpito a foglie e fiori tra i quali spuntano animali del bosco come ricci, maialini d’India e lontre.

Ma il vero tripudio di stravaganza è esposto nella camera della marchesa, in cima alla torre, molto grande e tutta decorata di rosso e oro, con mobili incredibilmente cesellati, il soffitto dipinto a fasce concentriche come un bosco in cui si muovono scimmie, uccelli e farfalle, e con colonne sormontate da piccoli capitelli sui quali sono scolpiti uccelli e nidi. Il letto qui è grande, in legno lavorato, con delle sfere di cristallo posate sui quattro pomoli.

Un pezzo straordinario è il lavabo, con i pesci dipinti sul fondo del bacile ribaltabile e due grandi torri merlate sui lati che nascondevano i rubinetti dell’acqua fredda e calda.

Mi fa venire in mente quando abbiamo visitato il Palazzo di Sintra, una specie di Parco Disney in salsa moresca, così assurdamente colorato e variegato, o il Castello di Neuschwanstein, famoso proprio per lo stile fiabesco della sua incredibile architettura, un’altra follia costosissima tutta dedicata al culto dei cavalieri medievali tirata su in pieno romanticismo. Certo Neuschwanstein mi era piaciuto di più, di una raffinatezza assoluta fin nei minimi dettagli e con pezzi di valore artistico assoluto. Si sentiva che Ludwig ci credeva davvero, ecco: non voleva solo una casa in campagna per passarci un week-end dal gusto esotico con i suoi ospiti, lui voleva costruirsi una macchina del tempo capace di farlo fuggire via da tutto e da tutti quando più ne aveva voglia, e riuscì ad ottenerla. Una macchina così ben costruita, da funzionare perfettamente ancora oggi.
Comunque è bello anche questo piccolo castello rosso, così insolito e stravagante, e sono contenta di averlo visitato. Mi piace sempre vedere fin dove si può spingere la fantasia di chi ha la fortuna di poterla lasciare alzare in volo libera dalle briglie del budget.

Facciamo il giro della balconata esterna e della sala informativa dei visitatori, quindi prendiamo un tè con ottimi dolcetti gallesi nella tea room e ci riposiamo un po’ prima di ripartire verso Cardiff.

Ma prima facciamo una piccola deviazione verso Newport, mentre continua a diluviare. E vabbè, oggi va così. Qui raggiungiamo un’altra struttura architettonica molto particolare, un ponte questa volta, ed è uno di quelli che non ho mai visto. Si trova sul fiume Usk, ed è un Transporter Bridge, cioè un ponte trasportatore, ormai un milestone della città.

Risale al 1906, ed è bellissimo già da lontano. Due torri di metallo alte oltre 70 metri unite da una sezione orizzontale lunga circa 180 metri, solo che questa volta la sezione che unisce le torri si trova in alto, e non al livello della strada. Da lassù scendono una serie di cavi d’acciaio che sorreggono una specie di grande cesto di metallo, chiamato gondola. I mezzi o le persone che devono passare dall’altra parte del fiume salgono sulla gondola e restano fermi, ed è il ponte a portarli di là, facendoli levitare piano piano al di sopra dell’acqua. Spettacolare.

Questo tipo di ponte è molto raro, ne sono stati costruiti pochi con questo sistema e ne sono rimasti solo 8 in funzione in tutto il mondo. In questo caso fu scelto per motivi tecnici, che risultano validi ancora adesso, tanto che continua a fare il suo lavoro a tutt’oggi, anche in questo momento davanti ai nostri occhi. Qui le rive sono basse, quindi un ponte normale non avrebbe permesso il passaggio delle barche o dei traghetti lungo il fiume. Un ponte apribile sarebbe stato più costoso e meno efficiente, e un ponte ad arco curvo sarebbe stato tecnicamente difficile da realizzare perché ci sarebbe stato bisogno di una curva impossibilmente alta. Quindi, pensarono a questa soluzione: se i mezzi non possono muoversi sul ponte, sarà il ponte a muoversi sotto di loro. Semplice.

Si paga un piccolo pedaggio, si sale, e si viene portati di là in pochi minuti. Quindi la gondola viene svuotata e riempita di nuovo, e riparte per il suo viaggio al contrario. Avanti e indietro come un pendolo, a ricucire insieme due pezzi della città.

Si possono anche salire le scale lungo le torri e attraversare a piedi il ponte superiore di metallo, e mi sarebbe piaciuto farlo, ma è tutto all’aperto e con questa pioggia e vento preferiamo lasciar perdere. È già abbastanza impressionante vederlo da giù.

Ripartiamo in direzione Cardiff e raggiungiamo il YHA senza difficoltà. La camera che ci assegnano è spaziosa e carina, pulitissima, e c’è il parcheggio privato gratuito. Al check-in ci sono molti ragazzi giovani e uno di loro indossa con la nonchalance tipica del vero fan un buffo costume da Dhalek in gommapiuma, completo di tutti i dettagli. Ehi, siamo davvero a Cardiff. Ci sistemiamo e poi andiamo in auto verso il centro, che è piuttosto vicino ma collegato tramite strade grandi e trafficate sconsigliabili da fare a piedi. Ci fermiamo in un parcheggio della Cardiff Bay dove usano un sistema per noi nuovo. Si entra e si lascia la macchina senza prendere nessun ticket, mentre una telecamera prende nota della targa. Quando poi torni inserisci il numero di targa nella macchinetta, che calcola quanto sei stato e quanto devi pagare. Paghi e vai all’uscita dove la targa viene riconosciuta ancora, e la sbarra si apre automaticamente. Semplice ed efficiente.
Facciamo un giro nella bay, e ci dà subito un’impressione di vivacità e animazione. Sarà che ci eravamo abituati ai paesini piccoli, e ora tutto ci pare affollato.

Giriamo a piedi fino al vicino Millennium Centre, molto bello, e fino al molo con le barche e una vista fantastica sulla baia. Vediamo anche il Tardis dalla parte opposta, piccolo e blu, accanto alla grande struttura della Dr Who Experience.

Gironzoliamo per Bute Street e poco dopo, con mia grande gioia, troviamo anche il pub The Packet, dove entriamo a scuriosare in cerca della cena. Non danno da mangiare purtroppo, solo da bere, ma faccio lo stesso un giro, emozionata, e riesco a scattare una foto a uno sfondo che conosco assai bene. Ci manca solo il tavolino con Anderson e la sua mappa..!

Alla fine ripieghiamo su un Nando’s grande e affollato, dove si sentono molti buoni profumi di piatti speziati, e mangiamo in tranquillità prima di rientrare verso la camera.

Piove solo a sprazzi, speriamo che domani smetta del tutto. Abbiamo molte cose da vedere qui.

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