E’ dura alzarsi dal lettone morbido e caldo del Merriott quando fuori fa così freddo, ma troppe cose ci attirano in centro per perdere tempo in hotel. Alle 9,30 abbiamo già fatto la nostra tessera da 72 ore da utilizzare su tutti i mezzi pubblici di Vienna e siamo già in viaggio verso la Innere Stadt. Il cielo è bianco e cadono minuscoli fiocchi di neve di quando in quando, ma fa così freddo che non ce la fa neppure a nevicare come si deve. Andiamo direttamente alla Votivkirche con la U-bahn, che si utilizza sullo stesso modello delle metro di altre capitali europee, ed è decisamente più pulita e tranquilla di altre che abbiamo preso. L’unica differenza che ci pare di notare è che non si deve fa passare il biglietto in nessun lettore ottico o sistema simile per avere accesso ai treni, si entra e basta, e si tiene il biglietto pronto in caso di controlli del personale di servizio. Non avevamo mai sperimentato nulla di simile per ora, vedremo se in tutte le stazioni funziona semplicemente così. Stiamo cominciando ad orientarci meglio anche con la cartina, e gestire le fermate da scegliere per raggiungere le varie destinazioni con i diversi mezzi a disposizione sta diventando meno complicato, anche perché le distanze da percorrere non sono così ampie. La Votivkirche è molto bella , anche se è solo in stile neogotico ma fu costruita nella seconda metà dell’ottocento come ringraziamento a Dio per aver preservato la vita dell’Imperatore Francesco Giuseppe I dopo un attentato. L’esterno, dominato dalle due torri gemelle dalle guglie altissime, è ricco di finestroni a sesto acuto dalle vetrate colorate, anche se purtroppo sono in corso importanti lavori di restauro, e una gigantesca impalcatura decorata dal sorriso sornione di George Clooney che beve un caffè ricopre buona parte della facciata. L’interno è ampio e lineare , tutto spinto verso l’alto, reso luminoso grazie alle ampie superfici vetrate . Un ricco baldacchino in stile gotico racchiude l’altare tra colonnine ritorte e riccioli in pietra, dando al tutto un’aria mistica e antica insieme . All’uscita della chiesa, proprio sui gradini, sono in vendita alberi di natale di ogni misura, abeti verdissimi e profumati che non aspettano altro che essere portati in un casa calda e venire decorati con luci e palline di tutti i colori. Camminiamo per meno di un centinaio di metri a ovest del portale e raggiungiamo il lato del palazzo del Rathaus , il bellissimo municipio simbolo di Vienna davanti al quale viene allestito il mercatino natalizio più famoso della città. Come in un gigantesco Adventskalendar, le finestre del grande palazzo sono state oscurate con dei drappi blu segnati da numeri dall’1 al 24 e ogni giorno ne viene scoperto uno, nel più classico dei conti alla rovescia che porterà i viennesi – e tutti quanti – al giorno di Natale. Uno dei calendari dell’Avvento più eleganti – e grandi! – che mi sia mai capitato di vedere. I banchetti davanti al palazzo sono già aperti nonostante il freddo intenso, ed espongono decorazioni di tutti i tipi e i materiali, dal vetro al legno, dalla resina alla lana, dalla cartapesta al metallo, luccicanti e coloratissime. Giriamo un po’ tra le casupole di legno incuriositi da ogni cosa, passando da una all’altra senza fretta e sorridendo a tutti i venditori infreddoliti . Nevischia appena e non c’è molta gente, se non fosse per il freddo gelido sarebbe la condizione ideale per godersi il mercatino senza la confusione che di solito regna in queste occasioni. Tra i banchi più spettacolari ci sono quelli dei Gluwein e dei dolciumi tipici, che oltre ad avere un aspetto delizioso, con squisite glassature di zucchero colorato e di cioccolato, sono certamente i più enormi che abbiamo mai visto . Alla fine cediamo ad un paio di krapfen alti almeno 6cm e dal diametro di almeno il triplo, ripieno di crema il mio e di marmellata di albicocca quello di Luca. Il sapore è grandioso almeno quanto lo è l’aspetto… Facciamo un giro dei giardini qui intorno, dove gli alberi più alti sono decorati da addobbi e luci, e poi entriamo all’interno del Rathaus dove alcune sale sono state dedicate ad una serie di workshop per bambini e nelle quali decine di alunni delle elementari stanno già lavorando ai loro piccoli manufatti natalizi. Restiamo un po’ all’interno a curiosare per riscaldarci e riprenderci dal freddo e decidiamo che è meglio cominciare ad andare verso l’Albertina, il mercato lo abbiamo girato tutto e non è il caso di stare ancora all’aperto con questa temperatura. Decidiamo di prendere la U-bahn a una diversa fermata, più comoda per salire sulla giusta linea per l’Albertina, e passeggiando passiamo davanti alla Karlskirche con le sue alte colonne scolpite a spirale che fronteggiano la piazza, sulla quale è in allestimento un altro piccolo mercatino ancora chiuso. Ci sono anche dei piccoli recinti con animali di fattoria, tra i quali una casetta di legno dalla quale fa capolino una buffissima pecora a pelo lungo che indugia sulla porta, incapace di convincersi a lasciare il tepore dell’ovile per il gelo dell’aria esterna . Prendiamo la U-bahn e usciamo a Karlsplatz dalla parte del teatro dell’Opera, e prima di risalire notiamo qualcosa di veramente incredibile: sopra l’ingresso dei bagni pubblici, vicino alle scale dell’uscita, c’è un’insegna decorata che dice “Opera Toilet mit Musik”, ed effettivamente, dall’interno dei bagni elegantemente dipinti di rosso e oro come le balconate dell’Opera, arriva una fantastica musica di valzer a volume molto alto. Roba che ti fa venire voglia di lasciar perdere qualunque posto dove stavi andando e qualunque cosa che stavi facendo per cominciare a danzare sulle note di Strauss proprio lì davanti ai bagni, sottoterra, in mezzo al via vai frettoloso della gente che passa, tra ombrelli che gocciolano e trascinar di valige. Surreale, e fantastico… E’ evidente che la Musica fa proprio parte del DNA di questa città incredibile. All’uscita passiamo ancora di fronte all’Operastadt e dopo poco ci ritroviamo davanti al palazzo che stiamo cercando. L’Albertina (biglietto 9,00€ a testa) è uno dei musei più importanti della città, soprattutto per quanto riguarda le arti grafiche, nel quale è allestita in questo periodo la mostra dal titolo “Impressionismo. Dipingere la luce.” che abbiamo deciso di visitare. Non c’è troppa folla, e ce la possiamo godere tranquillamente fino in fondo. Straordinarie bambine di Renoir dalla pelle di velluto (ma perché Renoir qualunque cosa dipinga, sembra che dipinga fiori?), una meravigliosa marina di Monet con piccole barche tirate a secco sulla spiaggia di Etrétat, l’intimità pallida delle donne al bagno di Degas, un mazzo di asparagi di Manet luminoso come un raggio di luce lunare, la sensualità inquietante di un giovanissimo ragazzo di Gauguin, un Van Gogh insolito dai toni delicatissimi di azzurro e rosso chiaro, un manifesto della Jane Avril di Toulouse-Lautrec che più francese non si può, e poi Sisley, Seurat, Signac, ci sono tutti, e sono tutti pezzi notevoli. Resto per un po’ ipnotizzata davanti ad una piccola tavoletta di legno sottile, di non più di 25cm per 10, sulla quale il genio assurdo di Van Gogh ha inventato una minuscola marina, una barchetta e un pezzetto di mare, un cielo pulito e un niente intorno, e un’aria così pura e profumata e perfetta da lasciare incantati. La fisso e so che questa volta è questa, tra tutte le meraviglie presenti qui, la cosa che vorrei portarmi a casa. Alla fine del lungo giro, durante il quale ci siamo nutriti l’anima di bellezza, ci accorgiamo che anche il nostro stomaco comincia a reclamare il suo meritato nutrimento, visto che sono già le due passate e dopo il krapfen di stamattina non abbiamo mangiato più nulla. Così usciamo e ci fermiamo al primo banchetto che incontriamo fuori, dove ci dedichiamo a un paio di hot dog di dimensioni veramente ragguardevoli. Fa ancora freddo ma non nevica, quindi mangiare all’aperto non è un vero problema, basta tenere su i guanti e muoversi un po’, perfino il piccione che viene a becchettare le nostre briciole pare saperlo bene. Notiamo che nella base del furgoncino degli hot dog sono inseriti addirittura tre diversi cestini per la raccolta differenziata di rifiuti, uno per la carta, uno per le bottigliette di plastica e le lattine e uno per il generico. Un’organizzazione eccellente anche in una situazione così precaria come un banchetto per la strada, un ottimo segnale di educazione civile che ci colpisce positivamente. Dopo lo spuntino riprendiamo la U-bahn e scendiamo a Südtirolerplatz per raggiungere il Castello del Belvedere, che come quasi tutti i musei e i negozi in città chiude alle 18, il che è la ragione del nostro pranzo veloce, per evitare di perdere tempo prezioso per la nostra visita. Scegliamo l’ingresso all’Oberes Belvedere (9,00€ a testa) , la parte superiore del castello, dove sono esposte le maggiori opere di Klimt che siamo qui per vedere. Lasciamo i cappotti al guardaroba e saliamo la scala che porta alle sale di esposizione, e poco dopo ci ritroviamo in un imponente salone a pianta circolare dal tetto a cupola, tutto decorato di marmi e stucchi, davvero bello e completamente vuoto, con solo uno strano cartello messo su da un lato, scritto a grossi caratteri stampatello: “YELL AS LOUD AS YOU CAN, NOW!” Pare si tratti dell’opera di un autore austriaco che invita i visitatori a rompere le regole classiche del comportamento da tenersi in luoghi di cultura come questo per dare sfogo alla propria energia e “interagire” con il castello stesso, che a modo suo continua a rispondere al richiamo dei suoi ospiti. Non passa neanche un minuto che abbiamo la prova concreta di questa teoria, quando un paio di ragazzi entrati dopo di noi non si fanno pregare e raccolgono l’invito del cartello con entusiasmo, lanciando un urlo a tutta voce che un paio di secondi dopo riecheggia nella volta della cupola in un suono basso e cupo, strisciante, come il respiro di un drago infastidito. Un effetto insolito, in un luogo dove non te lo saresti mai aspettato. Dopo il terzo grido che riecheggia roco nella volta diventa evidente il perché. Proseguiamo tra le sale alla ricerca di opere più consistenti, e siamo subito ricompensati da una collezione straordinaria di pezzi di Schiele e Klimt, che non avevamo mai avuto modo di ammirare dal vivo in altri musei. E invece vale la pena, decisamente. Le donne di Klimt incantano dal vivo, perfette e sensuali, sofisticate e spontanee, elegantemente naturali. Il suo capolavoro, il Bacio, appare come una visione nella teca a fondo nero nella quale è conservato, un abbraccio infinito di luce sospeso in un’ombra d’oro. Restiamo per un po’ nella sala ad ammirare la perfezione di quest’immagine che, nonostante inflazionata dalle innumerevoli riproduzioni ispirate al Liberty che si trovano ovunque anche da noi, dal vero ha la capacità straordinaria di trasmettere l’energia e la bellezza e il senso di esclusività incondizionata dell’Amore assoluto. Così assoluto che chi guarda si ritrova inesorabilmente tagliato fuori dal mondo onirico dei due amanti, sufficienti a sé stessi, origine e senso di tutto il loro universo fisico e spirituale, ignari di tutto il resto e disinteressati a qualunque altra cosa che non siano loro. L’Amore perfetto che tutti sognano, rappresentato in uno splendore di luce e bellezza davanti ai nostri occhi. Così convincente e vero che non si può fare altro che crederci. Vale la pena affrontare la paura di volare e altri insignificanti disagi, per venire ad imparare delle lezioni così. L’unico elemento sgradevole di questa visita suggestiva è che la sala nella quale è esposto il Bacio, insieme ad altre opere di Klimt, è relativamente vicina alla sala della cupola con l’eco, per cui mentre si sta qui ad ammirare tutta questa bellezza morbida e sensuale ci arrivano continuamente alle orecchie le grida acute – e fastidiose – di tutti quei visitatori che raccolgono l’invito del cartello iniziale, che sono parecchi a giudicare dal sottofondo di strilli che accompagna il nostro giro. Se quella è arte, direi che come minimo è stata installata nel posto sbagliato. Però basta concentrarsi un po’ sulle meraviglie che abbiamo davanti agli occhi, e si riesce a dimenticarsi anche di quegli strilli fuori luogo, e a godersi i tesori di questo museo. Tra gli altri lavori notevoli, opere di Mirò, Ernst, Bacon, Matisse, e anche Picasso. Un giro piacevolissimo, che finisce solo all’ora di chiusura del castello. Quando usciamo di nuovo fuori ritroviamo il gelo che avevamo lasciato, ma intanto si è fatto buio e il mercatino di fronte all’ingresso è tutto illuminato e pieno di gente . Facciamo un giro tra le bancarelle piene di oggetti dorati e palline coloratissime , chioschi fumanti di patate arrostite e Glühwein profumato alla frutta, e scegliamo una pallina di Natale da portare a casa per decorare il nostro albero, una bellissima sfera di vetro soffiato dipinta a mano con l’immagine del Rathaus e del suo mercato di Natale, rifinita con polvere d’oro e decorata da un lungo nastro di raso e un fiocco bianco per poterla appendere. Il signore che ce la vende la confeziona con cura in una piccola scatola di cartone rigido, e ci assicura che non correrà nessun rischio nel viaggio fino a casa. Speriamo che sia davvero così, perché è troppo bella per pensare che si possa rompere. Alla fine riprendiamo la U-bahn e torniamo proprio al Rathaus, che ora è completamente illuminato e pieno di gente che passeggia e beve punch per riscaldarsi. L’immagine del bellissimo palazzo e dei suoi giardini pieni di luce è incantevole, sembra di passeggiare in una fiaba. Facciamo un giro, poi decidiamo di raggiungere il Beim Czaak, un piccolo ristorante storico segnalato dalla Lonely Planet, per gustarci finalmente una meritata cenetta. Lo troviamo con facilità seguendo la cartina della guida, che lo descrive come una delle ultime vere Beisl rimaste nella Innere Stadt dove si possono trovare ancora piatti tipici originali. Il locale è piccolo e già affollato, ma ci trovano un tavolo in una stanza accogliente, e un cameriere “sbrigativo” se non proprio burbero poco dopo ci porta i piatti che abbiamo scelto, carne con funghi e formaggio avvolta in una panatura dorata per me e un cestino di pollo croccante e insalata fresca per Luca, accompagnati da un boccale di birra bionda abbastanza leggera. Prendiamo anche il caffè, bevibile tutto sommato, e restiamo un po’ lì a chiacchierare prima di uscire di nuovo nel gelo esterno. Un gelo elegante comunque, bisogna dirlo, perché passeggiare per quelle vie illuminate e ordinate, senza traffico soffocante né confusione di alcun tipo, è piacevole anche col freddo. Sarà la neve che rende tutto diverso, più ovattato e luminoso, ma sembra tutto così bello mentre camminiamo verso la U-bahn, e poi lungo il marciapiede ormai familiare che ci riporta al nostro hotel. Un’altra giornata intensa ci aspetta domani, e sarà già la terza. Il tempo scivola via troppo veloce, quando passa così piacevolmente.
Come ben sai noi siamo stati ad Amburgo per i mercati di Natale e pensa che anche noi per la prima volta abbiamo preso la metropolitana senza dover timbrare il biglietto. All’aeroporto Maria Luisa è tornata indietro per vedere se non ci fosse sfuggito qualcosa…immaginati in Italia (ma anche qui a Parigi)!
Comunque i mercati di Natale di Amburgo sono bellissimi, proprio come quelli che voi avete visto a Vienna.
Un abbraccio.
Anche a noi non sembrava possibile entrare così senza timbrare…. abbiamo pensato che forse c’era qualche congegno prima delle pensiline… invece no. Bello però, molto civile.
Spero di vedere presto qualche foto dei mercatini di Amburgo! Per l’anno prossimo a noi hanno consigliato Rothenburg e se ci riusciremo credo proprio che ci andremo… o almeno spero. Deve essere un posto fantastico a Natale e i suoi mercatini sono famosi in tutta Europa.
Un abbraccio e a presto ! :o)