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Sabato 19 e domenica 20 maggio 2012: Lisbona

Sabato 19 e domenica 20 maggio 2012: Lisbona

E alla fine ci siamo arrivati, là dove volevamo arrivare. Dopo un lento pellegrinaggio durato ben 8 giorni e oltre 1000 km, eccoci finalmente davanti a lei: Lisbona. La capitale-mito di questa terra antica e genuina, la città misteriosa e affascinante che era nei nostri sogni da sempre. Quella che farà da pietra di paragone per ogni bellezza appena ammirata, e per ogni altra già conosciuta altrove. Una capitale strettamente legata alla storia più antica del nostro continente che però se ne sta defilata sul bordo estremo d’Europa, come volontariamente appartata, voltata verso l’Oceano a dare le spalle a tutto il resto, a prendersi in faccia il vento di mare e scrutare fisso verso occidente. Perché chi stava qui lo sapeva, che laggiù c’era il resto del mondo da scoprire.
Gli dedichiamo due giorni, a questo luogo mitico, niente, in effetti, per un posto che non basterebbero due vite a conoscere, ma abbastanza per rimanerne stregati per sempre. Già l’arrivo è di quelli che non si dimenticano, attraverso il maestoso ponte di ferro XXV Aprile, immenso e rosso a cavallo dell’estuario del Tago. Un ponte che è il fratello minore del Golden Gate del Pacifico ma altrettanto bello, e anche lui a fare da porta d’ingresso a un Oceano smisurato.

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Dal ponte rosso si accede a una città insolita, unica, e bellissima. Una città piena di storia e di fascino, affacciata sul mare, spazzata dal vento e dalle nuvole più grandi che abbiamo mai visto. Palazzi eleganti, piazze enormi e accoglienti, una stazione dai decori unici, tracce di fasti lontani che ancora mandano bagliori di fascino.

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Tra le piazze più spettacolari, la Praça do Comércio, uno spazio di 170 metri per 170 circondato su tre lati da palazzi raffinati con splendidi porticati alla base, e con lo scenario immenso del Tago che si apre sul quarto lato. Al centro del lato opposto al fiume, un arco trionfale ottocentesco collega a un’altra piazza importante della città, il Rossio. In mezzo alla piazza si può ammirare un’imponente statua equestre in bronzo di Re Giuseppe I, monumento a uno dei grandi Re del Portogallo.

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Anche a Lisbona ritroviamo le meravigliose pavimentazioni geometriche di pietre bianche e nere che decorano gli spazi immensi riservati a piazze e marciapiedi: cerchi, onde, fiori, greche, tralci. Uno spettacolo extra che si aggiunge gratuitamente a tutta la bellezza che circonda chiunque decida di fare una delle cose migliori che si possano fare qui: una tranquilla passeggiata in giro.

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Una città fantastica e unica che, come non avevamo mai visto da nessun’altra parte, è divisa in due non in orizzontale ma in verticale, in cui la zona della Baixa affacciata sul Tago si contrappone al Bairro Alto, antico quartiere caratteristico arroccato in cima a una collina, dominato dalle nuvole e dal Fado. E per andare da una zona all’altra, basta prendere una vecchia funicolare che monta su ritta come quelle che scalano le vette alpine, oppure salire su uno di quegli sferraglianti tram gialli che si arrampicano su per le stradine contorte come enormi e lenti insetti, fatti di legno lucido e metallo scricchiolante, cavi dondolanti e campanelle allegre. Sali su e ti siedi, e il viaggio comincia.

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E se poi i tram e le funicolari che risalgono le viuzze ripide fino al Bairro Alto non bastassero, in questa sorprendente capitale si trova anche un altro mezzo di trasporto assolutamente unico, l’Elevador de Santa Justa. Progettato da un architetto francese alla fine dell’ottocento per celebrare l’arrivo del nuovo millennio, è di fatto un vero e proprio ascensore che collega la Baixa col Bairro Alto coprendo un dislivello di oltre 30 metri. Dal design raffinato, tutto in ferro in stile vagamente neogotico, si innalza a fianco di un palazzo in una piccola via laterale, ed è una delle attrazioni preferite dai turisti. Perché non capita spesso di poter dire che per andare in una certa zona della città non si è preso un taxi, né un bus, o un tram o una metro, ma un ascensore. E uno bellissimo, poi.

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Cuore storico, spirituale e artistico della città e monumento imperdibile per ogni persona che passi di qui, la Sé, posata in cima a una collina che si affaccia sul mare, è certo l’edificio più importante e rappresentativo di Lisbona. Una cattedrale-fortezza dall’aspetto potente e solido come un castello, con un enorme portale strombato sormontato da un bel rosone e affiancato da due torri gemelle ornate di merli. Cominciata nel 1150 per volere del re Alfonso I, ha subito diverse ricostruzioni a causa di danneggiamenti dovuti a guerre e terremoti che risultano in diverse sovrapposizioni stilistiche, dal romanico al barocco al manuelino, comunque mai fastidiose o disarmoniche.

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La navata di questa Sè è degna di una vera cattedrale di capitale, immensa, profonda, dalle volte altissime sorrette da colonne di pietra possenti e riccamente decorate. La luce entra dalle finestre a ogiva dalle vetrate istoriate creando un’atmosfera di grande fascino.

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Nel transetto, le tombe del re Alfonso I e della regina sua moglie, e sarcofagi medievali scolpiti come vere opere d’arte. Ma mentre il re riposa da antico guerriero, con la sua spada tra le mani, la regina se ne sta distesa con la testa appoggiata a un cuscino vestita di tutto punto, coi gioielli e la corona e tutto, e tiene tra le mani un libro di preghiere che è intenta a leggere devotamente, mentre i suoi fedeli cani sono distesi ai suoi piedi a farle compagnia per l’eternità. Magari il marmo sarà un materiale più nobile e sfarzoso, ma la pietra – non c’è nulla di più bello della pietra, per dare materia e colore a una tomba.

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Non lontano dalla magnifica Sé si trova la chiesa di Sant’Antonio, il Santo di Lisbona diventato poi famoso come Antonio da Padova e venerato in tutto il mondo come uno dei Dottori della Chiesa Cattolica. Antonio non poteva non avere un luogo sacro a lui dedicato nella sua città natale, proprio nel sito dove pare si trovasse la sua casa di famiglia. E’ una bella chiesa barocca, dalla facciata elegante, con una piccola piazzetta davanti dove è stata sistemata una statua in bronzo del Santo che, secondo l’iconografia più classica, porta in braccio il Bambino. Ci si potrebbe trovare in una qualunque piccola piazza del nord Italia, se non fosse per il blu sfacciato dell’Oceano disteso a poche decine di metri dalla chiesa, e per le enormi nuvole candide che si rincorrono nel cielo infinito.

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Posata sul bordo estremo dell’Oceano, terra di esploratori e naviganti, Lisbona non poteva non rendere omaggio ai suoi tanti eroi leggendari partiti da queste sponde a bordo delle loro caravelle con le croci templari dipinte sulle vele, pronti ad affrontare l’ignoto con coraggio smisurato e a sfidare l’orizzonte per aprire vie nuove verso l’Africa, l’America del sud, le Indie, e le acque e le terre mai conosciute prima. Così, per celebrare i 500 anni dalla morte di Enrico il Navigatore, che abbiamo visto riposare nel bellissimo monastero di Batalha, hanno costruito un monumento che è un’enorme caravella di pietra, e hanno pensato di metterlo proprio sulle rive del Tago, lì dove le sue acque dolci si mescolano con quelle salate del mare.

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E’ un monumento sorprendente, e bellissimo. Una vela di pietra gonfia di vento pronta a salpare per nuove terre, enorme, possente, e leggera. Ai suoi lati, due file discendenti di uomini si accalcano verso la prua curiosi, attenti, pronti a qualunque avventura. Sono navigatori, eroi, re, poeti, i migliori uomini del Portogallo che hanno contribuito a fare la grande storia di questa terra posata al confine con l’ignoto.

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Sul pavimento dello spiazzo che accoglie il Monumento alle Scoperte, una enorme rosa dei venti e una mappa ricordano i viaggi degli antichi navigatori. Nel cielo, nuvole immense corrono verso l’Oceano, spinte dallo stesso vento che 500 anni fa gonfiava le vele delle caravelle portoghesi verso nuovi mondi.

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Poco più avanti sul lungofiume spazioso, sorge un’altra testimonianza dell’orgoglio portoghese per i suoi esploratori, la magnifica Torre di Belèm, voluta dal re Giovanni II per commemorare l’apertura della rotta per le Indie da parte di Vasco de Gama e per proteggere la foce del Tago.

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Costruita agli inizi del 1500, è un’impressionante torre quadrata alta circa 30 metri, possente, un bastione in pietra a più piani decorato da torrette, colonnine, merli e finestre in stile tipicamente manuelino, elegante e solitaria, strano faro senza luce posato sul bordo estremo dell’acqua.

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Non lontano dalla Torre di Belèm facciamo un’altra scoperta straordinaria, in questa città che celebra ovunque i suoi famosi navigatori, il Monasteiro dos Jeronimos. Costruito sulla pianta della piccola chiesa nella quale Vasco de Gama e i suoi marinai pregarono prima di cominciare il loro avventuroso viaggio verso l’India, è diventato uno dei gioielli di Lisbona, un edificio inconfondibile progettato nel più evoluto stile manuelino, che oltre al monastero comprende la chiesa, il chiostro, la sacrestia e il refettorio.

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Se il monastero è bello, il chiostro è assolutamente meraviglioso, e certamente il più bello che abbiamo visto fin qui tra quelli costruiti in questo particolarissimo stile portoghese ricco di rilievi, riccioli, tortiglioni, foglie e figure inquietanti. Strutturato su due livelli ornati di diverse serie di archi, colonne e guglie, è un pizzo di pietra che racchiude un quadrato di pace assoluta. Un’oasi di silenzio e armonia, una doppia galleria ombrosa che apre i suoi archi dolci sulla luce prepotente del cielo spazzato da un vento che profuma di mare.

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Tra gli spazi più belli c’è decisamente il Refettorio, completamente rivestito di spettacolari Azulejos floreali dai toni azzurri e gialli di un’eleganza rinascimentale. E sotto il loggiato silenzioso, sacro nel sacro, la sepoltura di Vasco de Gama, l’eroe, e il semplice cippo che è la tomba di Fernando Pessoa, anima di questo paese e coscienza artistica di questa terra di uomini avventurosi che hanno i sogni già scritti nel DNA.

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La chiesa del Monastero è all’altezza del resto del complesso, e una delle più belle che abbiamo visto in tutto il Portogallo. Costruita in stile gotico manuelino, ha tre navate ampie tracciate da colonne altissime scolpite in maniera spettacolare, con una volta a nervature intrecciate che rende la pietra elegante come un pizzo e leggera come una ragnatela.

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Dal livello superiore del chiostro si ha accesso a una balconata interna che si affaccia sulla navata centrale della Chiesa, dalla quale si può godere di uno spettacolo privilegiato sulla straordinaria architettura di questo edificio incluso dall’Unesco tra i tesori Patrimonio dell’Umanità. Questo sito è anche Panteon, in quanto include le tombe di vari re e regine portoghesi compreso quel Manuele I che diede il nome a questo insolito stile decorativo. Un gioiello sorprendente che da solo vale il viaggio in questa affascinante capitale.

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Una città che regala arte e bellezza ad ogni angolo, che è musica e storia, ed è soprattutto poesia nella figura onnipresente del suo rappresentante più significativo, il grande autore Fernando Pessoa oggi come in passato seduto al suo tavolo del Cafè a Brasileira, nel vivace quartiere del Chiado.

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Una capitale magica, Lisbona, grande, aperta, arrampicata sulla costa ultima dell’Oceano, divisa su due livelli quasi fosse impossibile tollerare tutta la sua bellezza in una volta sola, quasi fosse un peccato imperdonabile non regalare ai suoi visitatori certi indimenticabili Miradouros belli da lasciare senza parole.

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Il tempo è poco ma la personalità di questa città è potente, e lascia una traccia indelebile in noi. Le piazze enormi e vive, i castelli e le chiese, le funicolari con i loro assurdi dislivelli, i navigatori celebrati ovunque, i ponti, il fiume immenso, la pietra, le nuvole, la musica, le parole – Alfama, Bairro, Chiado, Baixa, Rossio, Miradouro, elevador – che suonano dolci come un Fado. E l’aria, la luce, l’Oceano. Qui è la radice della Saudade, ed è questo strano sentimento che ci rimane appiccicato addosso quando ripartiamo, la nostalgia di questa città magnifica e la voglia di tornarci presto.

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