Eccoci alla domenica anche qui, che purtroppo comincia con un tempo più cupo del previsto. Facciamo colazione al b&b della signora meno socievole incontrata finora, mentre fuori è parecchio coperto e c’è un vento forte che spazza il cielo e nasconde il sole. Non fa freddo quando usciamo, non piove ancora ma il cielo non promette bene. In circa mezz’ora raggiungiamo la cittadina di Beaumaris, a sud-est dell’isola di Anglesey, parcheggiamo vicino al molo e cerchiamo il chiosco delle escursioni verso l’isola di Puffin che era prevista per oggi, e per la quale avevo già acquistato i biglietti online. Lo troviamo facilmente in mezzo agli altri chioschetti che organizzano attività per i vacanzieri di questa bella cittadina di mare, e purtroppo la signora conferma i nostri timori. Il tempo è avverso e le escursioni sono tutte annullate per ragioni di sicurezza.
Beh, posso vivere senza vedere le Puffin ma non posso vivere in fondo al mare….. quindi va bene così. Né in Scozia né in Irlanda alla fine eravamo riusciti a incontrarle, si vede che è destino che non riusciamo a vedere le simpatiche Puffin nel loro ambiente naturale. Riproveremo alla prossima occasione. La signora ci offre di spostare la prenotazione a domani ma noi abbiamo già altri progetti, per cui concordiamo per un refund da accreditare direttamente sulla mia carta. Semplice e veloce.
Visto che non possiamo fare l’escursione all’isola, ben visibile di fronte a noi nonostante una lieve foschia, passiamo subito alla seconda visita di oggi, Beaumaris Castle, che è proprio alle nostre spalle, a neanche 50 metri dal mare. Per raggiungerlo passiamo da una piazzetta del paese dove c’è un mercatino di oggetti di artigianato e dolci locali, e con mia somma gioia c’è anche un camioncino speciale del centro protezione rapaci dell’isola, con diversi esemplari di gufi e civette sistemati sui loro trespoli e un cartello che dice “Hold an Owl only 2£”. Due ragazzi volontari del centro spiegano che se si offrono 2£ si può tenere un rapace sul braccio e accarezzarlo quanto si vuole. Non è che me lo debbano ripetere due volte, son già qui con la mia moneta in mano.
Scelgo uno dei gufi di dimensione media, un adorabile furbetto dall’aria sonnacchiosa e dall’insolito nome di Cheeky Chops, che si lascia prendere con una certa coolness. Mi faccio aiutare a indossare il guanto di cuoio, e un momento dopo ho una creatura bellissima posata sulla mano, con gli occhioni tondi grandi come tazzine e lo sguardo curioso, leggero come un alito di vento, le piume striate soffici e lisce come la seta. Lo accarezzo piano piano ma non ha paura, si lascia toccare volentieri, mentre il volontario dell’associazione di salvataggio di questi uccelli bellissimi ci spiega un po’ le sue abitudini e le caratteristiche principali di questa specie di rapaci.
È leggero e delicato, bellissimo, non smetterei mai di accarezzarlo. Si fa toccare volentieri sulla testa, anzi pare proprio gradire quando lo grattiamo delicatamente, e socchiude i suoi occhioni luminosi. Mi ci affeziono in 5 minuti, chissà che darei per non doverlo restituire.
È una creatura fantastica, ma anche le altre lo sono, grandi e piccole, coccolate dai bambini che si sono avvicinati a frotte e dagli adulti che fingono di essere lì per i bimbi e invece poi vogliono tutti sentire quanto sono soffici quelle piume striate, così in contrasto con quei becchi adunchi e quegli artigli affilati da predatori. Alla fine lo devo rimettere al suo posto, a malincuore, ma è stato bellissimo aver avuto l’opportunità di avvicinarmi a delle creature tanto meravigliose.
All’ingresso del castello, che è lì vicino, ci mettiamo in fila dietro una famiglia di inglesi, e noto che il signore mostra alla cassa le sue tessere dell’English Heritage per avere diritto all’accesso gratuito. Sul sito non c’era scritto che il castello era convenzionato ma ci provo anch’io, e la cassiera mi conferma che visto che siamo membri possiamo entrare senza pagare. Very well then, let’s go!
Il castello è diroccato, ma è comunque bellissimo, uno dei più spettacolari ancora esistenti. Voluto anche questo da Edoardo I a fine 1200, fu progettato da un famoso architetto di castelli, James St. Georges, che questa volta aveva a disposizione una location perfetta e un budget spropositato per tirare su qualcosa di veramente speciale. E lui non si lasciò sfuggire l’occasione.
La pianta del castello è praticamente perfetta: un fossato d’acqua, un giro di mura esterne scandite da 12 torri di guardia, una striscia di terreno libero, e un secondo giro di mura completate da altre 6 torri dal disegno simmetrico, con porte serrate da inferriate, ponti levatoi, feritoie, merli, bastioni, camminamenti e scale. E al centro, un enorme spazio ormai occupato solo da un prato verdissimo e perfettamente rasato, sul quale si affaccia l’edificio principale con le sue file di finestre parallele e ormai vuote come orbite cieche.
Torri rotonde possenti, mura inaccessibili, spazi armonici, e una potenza indiscutibile mostrata con assoluta eleganza. Insieme ai castelli di Caernarfon, Conwy e Harlech costituisce un segmento di quello che fu chiamato “L’anello di Ferro”, una serie di 8 fortezze volute da Edoardo I per assicurarsi la vittoria durante la sua conquista dei territori del Galles, e dal 1987 è stato inserito nei beni Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Davvero un esempio magnifico di fortezza difensiva medievale.
E se è ancora così impressionante oggi che è diroccato, chissà come doveva apparire 700 anni fa a chi ci arrivava da fuori, dalla terra o dal mare, tutto addobbato e armato al meglio delle sue possibilità. Magnifico.
Dopo il castello andiamo in centro per una passeggiata, oltre che per cercare qualcosa da mangiare. Ci fermiamo in un locale molto antico, uno dei più vecchi della città, tutto costruito a graticcio dentro e fuori con magnifiche decorazioni in ottone sbalzato attaccate alle pareti e alle travi, con caminetti e tavoli rivestiti di lastre di rame. Un pub bellissimo dove mangiamo qualcosa e ci riposiamo prima di rimetterci in movimento.
Dopo mangiato andiamo di nuovo verso il molo a fare una passeggiata. Il vento si è fatto così forte e teso da rendere difficile camminare, anche se il mare non è particolarmente agitato. Il molo è pieno di gente che si gode l’aria profumata di salmastro, soprattutto famiglie con bambini felicissimi di poter scorrazzare a piacere tra le urla dei gabbiani impazziti e il vento che li soffia di qua e di là.
Alcuni gruppi sembrano impegnati a pescare giù dal parapetto del molo, anche se non so come facciano a lanciare l’amo con questo vento. Quando ci avviciniamo di più notiamo che tutti hanno dei secchielli pieni d’acqua e in realtà non stanno pescando pesci, ma granchi. E ci stanno riuscendo molto bene, a giudicare dal numero di prede di ogni dimensione ammonticchiate nei secchi. Stasera spaghetti al granchio per tutti!
Ripercorriamo il molo all’indietro diretti verso il parcheggio e già che ci siamo passiamo dalla spiaggia per andare a toccare l’acqua – non si può perdere l’occasione di toccare l’Oceano, quando capita – e quando arriviamo a uno scivolo per barche ci aspetta uno spettacolo imprevisto: un gruppetto di bimbi si agita intorno a un secchio, e poco dopo una cascata d’acqua scende giù per lo scivolo insieme a una massa informe e verdastra – i granchi! Il secchio è stato svuotato e dopo un momento di stupore decine di granchi di tutte le dimensioni corrono verso il mare, con quella loro andatura laterale buffa e altalenante. Il tempo di fare arrivare queste creature all’acqua ed ecco altri bimbi vocianti e altri secchi colmi, che vengono svuotati di colpo nel divertimento generale, mentre scie di granchi confusi e irritati corrono svelti verso il bagnasciuga sassoso. Al terzo giro, capiamo. Altro che spaghetti al granchio, qui si tratta di una specie di catch and release fatto giusto per divertimento, si pescano e si rilasciano per guardarli correre, deve essere una tradizione locale, chissà, e alla fine tutti sono contenti e soddisfatti, e più di tutti i granchi, ovviamente…
Visto che abbiamo ancora tempo perché non abbiamo fatto l’escursione dalle Puffin, decidiamo di fare un’altra sosta prima di tornare verso il nostro b&b di Holyhead. Lungo la strada stamani abbiamo visto dei cartelli indicatori per un misterioso Butterfly Palace, e decidiamo di andare a vedere. Lo ritroviamo facilmente sulla via del ritorno, a pochi minuti di strada da Beaumaris, vicino al Menai Bridge, e scopriamo che si tratta di un piccolo parco che comprende non solo la casa delle farfalle, ma anche altri animali.
Le farfalle sono magnifiche e molto numerose, è una delle case di farfalle migliori che abbiamo mai visitato, non solo per la quantità di esemplari ma anche per la loro varietà. Ci sono oltre 30 gradi dentro, che per noi che arriviamo dai 16 esterni è un bel salto, ma la visita è comunque piacevole. Alcune farfalle sono così brave a mimetizzarsi che è facile scambiarle per semplici foglie, finché di colpo spalancano le ali liberando colori fantastici e volano via leggere come piume.
Nei padiglioni vicini ci sono i rettili, gli insetti – con le formiche rosse che ritagliano via pezzetti di una grossa pianta spinosa e la portano centimetro per centimetro nel loro formicaio, pazienti, efficienti e testarde – i pappagalli che dicono Hello ai visitatori, e molte diverse specie di uccelli.
In un padiglione la signorina sta mostrando ai bambini alcune chiocciole giganti e un millepiedi africano enorme, nero e grosso come un serpentello ma con infinite gambine, lungo almeno 25 cm. Ci spiega un po’ di cose e si offre di farcelo accarezzare, e anche se all’inizio mi fa un po’ impressione la curiosità ha la meglio, e alla fine lo tocco. È liscio e innocuo, carino, anche se non vorrei mai e poi mai trovarmelo tra i piedi in giro….
Tra gli animali più simpatici vediamo i Meerkat (suricati) che hanno una bella area di gioco delimitata dai vetri, per cui riusciamo a vederli in ogni momento. Irresistibili. Sarà che la Disney ci ha influenzati per sempre ormai, ma dopo il Re Leone, per noi ogni esemplare si chiama Timon e ogni volta che ne incontriamo uno ci aspettiamo di vedere un facocero che spunta fuori da qualche parte. Invece questi sono John, Paul e George. Diversamente famosi, direi.
Facciamo il giro degli animali della fattoria accarezzando capre, pecore, ciuchini, conigli e porcellini d’India, e arriviamo fino al capanno nel bosco dove facciamo bird watching con i binocoli messi a disposizione dei visitatori, riuscendo a riconoscere varie specie di uccellini. Gli unici che non riusciamo ad avvicinare sono i lama nel recinto esterno, ma come dice Luca, meglio così, che quelli sputano..!
Quando usciamo torniamo verso il b&b, ma vista la serata brutta decidiamo di fermarci a mangiare qualcosa per poi rientrare e non uscire più fino a domani, sperando che il tempo si rimetta un po’. Mangiamo in un locale del centro, un pub carino e grande gestito da un signore molto gentile che sembra conoscere tutti i presenti, e che ci accoglie con grande cortesia e amicizia. Da lui mi faccio finalmente insegnare la parola gallese che più mi interessa imparare: ‘diolch yn fawr yawn’. Grazie.