Il mondo di Sally

L'importante non è cosa guardi, ma cosa vedi
 
Il mondo di Sally

Giovedì 21 agosto 2014: Cambridge

Sveglia presto stamani, perché la signora ci ha chiesto di fare colazione alle 8! Fuori c’è il sole finalmente e pare proprio che la giornata butti al bello stabile. La colazione è in una sala al pianterreno di questa grande casa, e piano piano vediamo scendere nella stanza accanto a quella dove mangiamo una serie di bellissimi bimbi biondi con le guance rosee, tutti tra i 2 ai 5 anni, che cominciano a giocare e a chiamare la nonna. La signora ci spiega che sono i suoi nipotini, ospiti da lei con i suoi figli per qualche giorno. Adesso sono in 6, ma in totale ne ha addirittura 9! Tutti maschi! Tra gli ospiti delle varie stanze da gestire e tutti quei figli e nipoti da accontentare… mi sa che avrà una giornata anche più piena della nostra.

Dopo colazione paghiamo e togliamo il disturbo, e in pochi minuti siamo alla stazione di Cambridge. Parcheggiamo e ci avviamo verso il centro a piedi, cercando di capire come orientarci per raggiungere i college che ci interessano di più. In effetti Cambridge è una cittadina piuttosto piccola, e tutti i college principali sono concentrati nella parte più vecchia vicino al fiume Cam, per cui è molto facile da girare. Di fatto, l’Università e la città sono la stessa cosa. Visitiamo subito un paio di belle chiese, di cui una cattolica, e poi raggiungiamo la zona più famosa nel cuore del centro storico dove troviamo l’ingresso del King’s College, uno dei collegi più importanti della città.

Vicino al prato ci ferma un ragazzone alto e simpatico, uno studente di economia, che offre ai visitatori la classica escursione di punting, un giro sul canale con una barchina di legno spinta da una pertica con una tecnica molto simile a quella dei gondolieri, che pare sia un’esperienza da non mancare per chi visita questa città. Anche la nostra guida LP la consiglia vivamente, quindi accettiamo volentieri di prenotare un giro. Contrattiamo un poco sul prezzo e alla fine il ragazzo ci fa il biglietto ridotto riservato agli studenti, perché in fondo non si finisce mai di imparare… Il giro comincia dopo una ventina di minuti, quindi facciamo una passeggiata nei dintorni prima di ritrovarci con altri partecipanti nel luogo prestabilito.

Andiamo tutti a piedi fino al canale, che è nella zona che corre dietro ai collegi, troviamo la barca, larga e piatta, bassa sull’acqua, e siamo accolti da un altro studente che ci farà da guida e da timoniere. Saliamo – o meglio scendiamo – nella barchina e ci sediamo sui cuscini imbottiti, divertiti e pronti a partire per questa insolita esperienza. La giornata è bellissima, è uscito un sole deciso, l’aria è calma e, dato che è abbastanza presto, non c’è ancora troppa confusione, le condizioni sono ideali. E infatti il giro si rivela piacevolissimo, davvero consigliato per chi capiti da queste parti. Un modo diverso e perfetto di vedere e vivere questo posto così eccezionale.

Il nostro timoniere è simpatico e mentre navighiamo ci racconta la storia dei college che si affacciano sul canale, la loro origine e i rapporti che esistono tra queste diverse, antichissime istituzioni. Gli studenti di Cambridge sono oggi circa 20.000 e ognuno sceglie presso quale college vuole stare, a prescindere da dove studia. Adesso è periodo di vacanza e la popolazione studentesca è quasi assente, ma nel periodo di lezione la città si ripopola e torna ad essere molto più vivace. Dal canale vediamo, in una prospettiva impossibile con una visita a piedi, il King’s College, il Queens’ College, il Trinity College, il Clare College e il Magdalen College, che è stato l’ultimo ad ammettere le donne come studenti, addirittura soltanto nel 1988.

Il Queens’ College è uno dei due collegi i cui edifici si trovano su entrambi i lati del canale Cam, che in questo caso sono collegati tra loro dal ponte più famoso della città, il Mathematical Bridge, o Ponte Matematico. La leggenda narra che questo ponte ad arco fatto tutto di piccole sezioni di legno incastrate tra loro fu progettato nientemeno che da Isaac Newton in maniera tale da poter essere montato senza l’ausilio di dadi né bulloni. Poi però, quando andarono a tirarlo su, i costruttori non furono in grado di farlo stare in piedi solo incastrando le tavole di legno e dovettero rassegnarsi a usare anche bulloni e dadi di ferro, e lo stesso dovettero fare quelli che lo smontarono e rimontarono un paio di volte nei secoli successivi, incapaci di mettere in pratica la misteriosa alchimia matematica del grande scienziato inglese.

Ovviamente, come molte altre leggende di questo tipo, anche questa è falsa. Il ponte fu costruito per la prima volta nel 1749, oltre due decenni dopo la morte di Newton, il cui genio matematico purtroppo non ha niente a che fare con questa inconsueta struttura che sembra un po’ un mix tra un antico ponte medievale e un Lego formato gigante. Mi pare comunque una storia molto bella, e un delizioso omaggio a uno dei Senior Fellow di Cambridge più importanti di sempre, che probabilmente rifletteva su come ribaltare definitivamente la visione della Scienza e del mondo che aveva intorno proprio passeggiando lungo le sponde erbose di questo placido canale d’acqua. Avrà pure pensato a qualcosa tipo un ponte, almeno una volta, mentre tornava verso il Trinity…

Dalla barchina che scivola lentamente sull’acqua liscia del canale godiamo anche di una vista privilegiata sul parco, sui giardini e sul bellissimo spazio verde che costeggia il Cam, tranquillo e silenzioso, con le barche che scivolano sull’acqua come grandi foglie leggere. Il giro dura circa 45 minuti, ed è un tempo veramente piacevole che ci farà ricordare questo posto in maniera speciale.

Alla fine scendiamo contenti e salutiamo la nostra guida augurandogli in bocca al lupo per il suo futuro. E certo il suo ha alte probabilità di essere un futuro molto fortunato, con in mano una Laurea presa in un’Università come questa che è tra le prime 3 del mondo, probabilmente la migliore in Europa, e che arriva da una tradizione straordinaria di studenti e insegnanti eccezionali. Fondato subito dopo quello di Oxford alla fine del 1200, nel 1441 il King’s fu definito nelle sue funzioni di collegio universitario da Re Enrico VI, che nel 1446 fece anche iniziare i lavori della famosa King’s College Chapel, completata poi da Enrico VIII e divenuta ben presto la vera punta di diamante di questa famosa istituzione.

La cappella, costruita in stile gotico perpendicolare, è grande e altissima, un lungo rettangolo a una sola navata che si regge in piedi grazie al sistema di pilastri a ventaglio più grande del mondo, con colonne portanti che dai lati si ramificano e si allargano verso il centro del soffitto come enormi ragnatele di pietra, creando una volta senza sostegni che sembra stare su quasi per magia, solo grazie alla forza della sua bellezza. Traforata come un pizzo, leggera come un velo, vertiginosamente lanciata verso il cielo, una vera meraviglia gotica.

La navata unica è circondata da 26 enormi finestre nei cui vetri colorati sono narrate le storie dei Santi, attraverso le quali la luce entra decisa illuminando le file di colonne e le mille incisioni, le infinite volute e le innumerevoli statue che abitano questo spazio incredibile. Un effetto straordinario e raro, che ricorda quell’esempio insuperabile di questo tipo di architettura a vetrate colorate che è la Sainte Chapelle di Parigi. Un impatto davvero impressionante. Persino Cromwell, che ovunque passasse spazzava via tutto senza pietà lasciando solo rovina e devastazione, la risparmiò, non trovando il coraggio – da ex studente di Cambridge – di distruggere un’opera tanto straordinaria.


Circa a metà della navata si incontra il magnifico tramezzo in quercia scolpita donato da Enrico VIII e Anna Bolena in occasione delle loro nozze e che sfoggia ancora le iniziali dei loro nomi reali sulle porte. Su questa possente struttura è sistemato il grande organo, che ancora oggi accompagna regolarmente i canti del coro della Cappella, molto famosi e frequentati dagli appassionati del genere.

Oltre il tramezzo troviamo un altro gioiello all’altezza della tanta magnificenza che ci circonda, un’Adorazione di Gesù Bambino di Rubens di una bellezza splendente, posata sull’altare maggiore come una gemma incastonata in una montatura preziosa. E se il soffitto di questa chiesa è unico al mondo, il pavimento in mattonelle di marmo bianche e nere sorprende per la sua composizione geometrica incredibilmente moderna e originale.

Dall’esterno la King’s Chapel non è meno impressionante che dall’interno, con le sue file di grandi finestre che corrono da un’estremità all’altra rendendo la struttura di pietra leggera come un merletto, le scansioni regolari di pinnacoli che paiono volerla innalzare sempre di più verso il cielo, e le quattro torri identiche agli angoli, sormontate da piccole cupole, che ne fanno una struttura perfettamente simmetrica ed equilibrata. La grazia più pura pare riempirla ed avvolgerla allo stesso tempo.

Quando usciamo ci ritroviamo nel grande prato che fiancheggia l’edificio, e dopo una breve passeggiata sul lato posteriore della cappella siamo di nuovo sulle rive del Cam, in un paradiso di tranquillità, pace e bellezza naturale. Attraversiamo un ponte, sotto il quale continuano a scorrere le barchette silenziose di chi si gode il punting in questa bella giornata estiva, e girovaghiamo in un bellissimo giardino fiorito che pare essere il preferito di molti degli insegnanti, oltre che degli studenti dei collegi qui intorno.

Il King’s College non è l’unico che vale la pena di visitare ovviamente, in effetti tutti i college qui sono pieni di fascino e di grande atmosfera, legata alla consapevolezza che l’università di Cambridge ha regalato al mondo personaggi straordinari in ogni campo, da quello artistico a quello scientifico. Qui studiò e lavorò Erasmo da Rotterdam, ma anche Francis Bacon, e qui fu tradotta la prima Bibbia dal latino all’inglese nel 1611, il cui manoscritto è ancora conservato presso la biblioteca del Trinity College. Studenti di Cambridge furono Darwin, che qui lavorò alla sua teoria dell’evoluzionismo, e qui il genio assoluto di Isaac Newton elaborò i principi della dinamica e della meccanica gravitazionale, oltre a tutti gli altri studi matematici, ottici e filosofici che dalla metà del 600 in poi contribuirono a cambiare il modo di concepire l’Universo stesso. Qui sono stati scoperti gli elettroni, i protoni, l’idrogeno, e la struttura del DNA. Qui Babbage gettò le basi del linguaggio matematico di programmazione del primo calcolatore meccanico della storia e, 100 anni dopo, un altro genio matematico locale, quello di Alan Turing, rese finalmente l’informatica una scienza reale. Qui insegna da 30 anni Stephen Hawking, Fellow del Caius College, che ci ha spiegato come è nato l’Universo, e che pare possedere l’unica mente al mondo in grado di confutare le sue stesse teorie sul Tempo e sullo Spazio. Da qui sono usciti musicisti, filosofi, economisti, scienziati, politici, teologi, scrittori, poeti tra i migliori di ogni secolo, da Marlowe e John Donne a Brooke e E.M. Forster, fino a A.A. Milne, imperdibile autore di ‘Winnie the Pooh’. Cambridge ha formato ben 89 premi Nobel nel corso della sua storia e chissà quanti e quali, tra gli studenti di adesso, lasceranno il loro segno nel mondo.

Dopo il giro di vari collegi, che purtroppo non comprende il famoso Trinity College temporaneamente chiuso per motivi tecnici, cerchiamo un posto dove mangiare qualcosa e scegliamo un locale caratteristico indicato dalla LP come da non perdere, situato poco fuori dal centro storico, il Clowns Café. Scopriamo che è gestito da una ragazza italiana insieme al marito spagnolo, che ci accolgono con calore e ci fanno sentire come a casa. Di solito lasciamo perdere la pasta quando siamo all’estero, quindi il cuoco ci prepara una tortilla di patate calda buonissima, e ci offre un’insalata col pane fresco mentre aspettiamo che sia pronta. E poi, visto che ha cucinato la pasta per sé e per sua moglie, ci porta comunque un piatto di spaghetti al pomodoro piccante, per farci sentire come li fa buoni, e si ferma a chiacchierare un po’ con noi. Alla fine prendiamo anche due caffè bassi e dal gusto intenso proprio all’italiana. Il locale è semplice e insolito, pieno di immagini e statuine di pagliacci un po’ buffi, i gestori sono davvero gentili e tutti quelli che entrano li salutano con affetto, devono essere clienti abituali che tornano qui volentieri per l’atmosfera amichevole oltre che per il buon cibo. Ci riposiamo un po’ in questo posto tranquillo, e al momento del conto abbiamo un’altra bella sorpresa: paghiamo solo la tortilla, la birra e il caffè, il resto è offerto da loro. Restiamo davvero colpiti da tanta cordialità e li ringraziamo di tutto cuore. Questa è stata un’ottima sosta, che non dimenticheremo. A volte basta solo fare bene il proprio lavoro per lasciare un segno, senza bisogno di vincere un Nobel.

Facciamo ancora un giro per le vie centrali di questa cittadina piena di storia e di fascino, alla ricerca di nuovi angoli da fotografare e di qualche souvenir da portare a casa, quindi torniamo verso il parcheggio. Dobbiamo affrontare una tappa abbastanza lunga, di una settantina di miglia, che ci riporta verso le Midlands occidentali. Poco dopo le 19 siamo al nostro Lodge di Rugby, la città natale dello sport omonimo, dove troviamo una bella stanza ad attenderci. Il ragazzo alla reception ci conferma che nell’edificio c’è anche un pub, dove ceniamo con buon cibo locale per concludere questa intensa giornata di visite in cui il bel tempo ci ha accompagnati fino a sera. In attesa delle bellezze di domani.

Mercoledì 20 agosto 2014: Kelmscott Manor – Oxford – Cambridge

Splende il sole stamani a Bourton, anche se l’aria è fresca. Visto che è l’ultima colazione che facciamo qui, ieri abbiamo ordinato a Bob uno special e lui ci porta un piatto con uova scrambled e ottimo salmone affumicato, insieme a tutto il solito ben di Dio: frutta fresca, cereali, yogurt, pane tostato con la marmellata, torta… un vero banchetto. Alla fine raccogliamo le nostre cose e salutiamo, è già ora di ripartire.

Questi giorni nelle Cotswolds sono volati, ma non sono troppo triste all’idea di spostarmi perché la prima tappa di oggi è un posto di quelli davvero speciali, che sogno di visitare da moltissimo tempo. Si tratta del magnifico Kelmscott Manor, a Lechlade, a poco più di una ventina di miglia di distanza da Bourton. Questa stupenda proprietà era nientemeno che la casa di campagna di William Morris, mitico fondatore del movimento Arts & Crafts, in cui l’artista scelse di vivere con la sua famiglia nel 1871 per allontanarsi dal già notevole caos metropolitano di Londra. Qui studiò e lavorò insieme alla moglie, alle figlie e agli amici Burne-Jones e Dante Gabriel Rossetti, cercando la sua ispirazione di disegnatore e poeta nella magnificenza della natura circostante. Non riesco a credere che entreremo davvero in casa sua.

Già arrivare nelle vicinanze del cottage è sufficiente per capire che aveva scelto un angolo di campagna davvero speciale. Il posto è incantevole, immerso nel verde, circondato di frutteti e fiori. La casa, che risale circa al 1600, è bellissima, rigorosamente in pietra locale, strutturata su tre piani con una stupenda facciata coperta di edera.

Il giardino non è molto grande ma è ben coltivato: rose, peonie e grandi fiori bianchi delicati ed eleganti, tanti alberi da frutto e, naturalmente, uno spettacolare melo carico di frutti rossi che sembra uscito direttamente da una delle classiche carte da parati di Morris.

Lungo il vialetto troviamo la siepe più originale che abbiamo visto fino ad ora, potata in modo da assomigliare a una grande balena verde con la coda sollevata che saluta i visitatori arrivati fin qui, adoranti come pellegrini giunti finalmente alla meta del loro cammino spirituale.

Facciamo il biglietto e, mentre aspettiamo l’orario d’ingresso, visitiamo brevemente lo shop dove, ad avere in tasca parecchi soldi e un biglietto aereo che comprende il trasporto di svariati bagagli da stiva, si possono acquistare manufatti molto particolari ispirati al lavoro di Morris. Devo fingere – con grande difficoltà – di non vedere almeno la metà delle cose esposte, per non cadere in tentazione, ma è una di quelle volte in cui questa ormai consueta operazione tattica mi risulta particolarmente difficile. Alla fine mi concedo un paio di sottobicchieri dipinti con il classico ‘Strawberry Thief’ e una mattonella di maiolica blu con un tralcio di fiori e una citazione poetica, da aggiungere alla collezione che decora la parete del nostro terrazzo. Ci starà perfettamente, già lo so.

Alla fine entriamo in casa (dove purtroppo è vietato fare foto), ed è come entrare in un mondo magico sul quale avevo sempre fantasticato ma che quasi non credevo potesse esistere davvero. Gli ambienti interni sono luminosi e spaziosi, e incredibilmente insoliti. Ovunque ci sono oggetti o tappezzerie disegnate da Morris in persona o da una delle sue figlie e poi realizzate a mano dalla moglie Jane o, in seguito, prodotte direttamente dalla ditta artigiana Morris&Co. Arazzi con scene in perfetto stile gotico, coperture di sedie e poltrone con meravigliose fiorature, pannelli ricamati con eteree dame medievali e boschi fatati, rivestimenti di caminetti in maioliche azzurre o ricoperte di disegni ispirati al mondo naturale. Siamo circondati da magnifici tessuti da parati dipinti a ramage e tralci con fiori e uccellini che creano atmosfere incantate, mobili scolpiti e scale in legno dal design così equilibrato e perfetto da essere vere opere d’arte in sé. Un universo lontano nel tempo rievocato con grandissima raffinatezza ed eleganza, e quel tocco personale d’artista che lo faceva vivo e nuovo per il XIX secolo.
Una delle stanze più belle è la camera da letto di Morris, con un grande letto a baldacchino in legno scolpito intorno alla cui sommità gira un pannello di tessuto alto circa 50cm sul quale è ricamata a caratteri gotici una poesia che lui aveva scritto proprio per questa stanza, che sua moglie Jane ricamò a mano personalmente per poterla poi sistemare qui. Sul letto c’è una coperta di seta ricamata con delicati tralci di fiori dai colori tenui, realizzata per lui da un disegno della figlia minore May, un altro elemento cardine di questa famiglia così piena di talento artistico.
Di fronte al letto ci sono alcuni gradini che portano a una grande stanza molto luminosa, che è quella che più di tutte desideravo vedere. Eccoci qua finalmente, proprio dentro al suo studio. C’è ancora il grande tavolo di legno sul quale lavorava, con sopra alcuni oggetti che usava al tempo in cui viveva qui, pennini, carta, una piccola tavolozza per i colori, e un intero piano di legno grezzo da poter utilizzare per mescolare direttamente le tinte e procedere a dipingere le sue incredibili creazioni. C’è anche un bel caminetto nella stanza, decorato con due grandi pavoni in ottone di provenienza orientale portati direttamente dalla casa di Londra, sulla cui superficie si notano ancora i forellini che venivano utilizzati per reggere i bastoncini di incenso da bruciare per profumare la stanza. Originali in una maniera che più esotica non si può.
Ma l’effetto maggiore lo regalano gli enormi arazzi che ricoprono buona parte delle pareti, ricamati sui toni del blu e del verde scuro, che raccontano scene della vita di Ercole. I colori sono un po’ alterati dalla carezza di quasi un secolo e mezzo di luce che ci si strofina contro quotidianamente, ma l’impatto visivo resta comunque molto forte.
Dunque, era qui che Morris lavorava. Qui, chino su questo grande tavolo grezzo, passava le ore a scrivere e a disegnare quelle trame fantastiche e delicatissime che neppure il tempo ha saputo più cancellare, in questo luogo raffinato e meraviglioso in cui doveva essere facile trovare ispirazione ed esprimere creatività e originalità. Da questa stanza, in cui passeggiamo muti e ammirati, partì una rivoluzione estetica e ideologica che non si sarebbe più fermata.
Anche il resto della casa è decorato in questo stile fantastico. La camera di Jane e i salottini destinati alle varie attività sono stati resi unici da oggetti e tessuti pieni di fascino legati alla professione di artigiani del bello di questa incredibile, talentuosa famiglia. Notevoli sono alcune sedie in legno con la spalliera scolpita, dalla linea così elegante da sembrare già Art Nouveau con diversi decenni di anticipo, e naturalmente le incredibili tappezzerie decorate a fiori e soggetti naturali, dai colori così vividi da sembrare appena tessute. E fantastica è anche la piccola scala in legno che porta al sottotetto, un raro esempio di rampa con i gradini divisi a metà e sfalsati, per cui per salire si appoggia un piede dopo l’altro ritrovandosi sempre a procedere su livelli differenti. Un design assolutamente moderno e primario al tempo stesso, bellissima. Fa immediatamente venire voglia di averne una in casa.
Tra i dipinti alle pareti, due spiccano su tutti gli altri: il famoso ritratto di Jane con indosso un abito di seta blu, eseguito da Rossetti, in cui lei appare come una meravigliosa creatura appartenente a un mondo magico, con i capelli scuri morbidamente ondulati, gli occhi languidi ed enigmatici e la bocca rossa e carnosa come una ciliegia matura. Morris diventerà geloso del modo estremamente sensuale in cui l’amico ritrae sempre sua moglie, e più di un pettegolezzo piccante sulla strana relazione tra questi tre artisti circolò sottovoce nei salotti vittoriani frequentati dalla buona società impegnata nel rito del tè pomeridiano…. Altri due disegni di Rossetti ritraggono le figlie dei Morris, May e Jenny, tramandandoci la loro incredibile somiglianza con la bellissima madre che posò per tutti i maggiori pittori della Confraternita dei Pre-Raffaelliti divenendone la vera musa ispiratrice.
In uno dei salotti scopriamo persino un gioiello inaspettato, un piccolo quadro appeso con nonchalance sopra al caminetto, così come se niente fosse, è che non sapevamo dove metterlo e lo abbiamo piazzato qui, ci sembrava un buon posto. Solo che non si tratta di un quadro qualsiasi, e non per la sua cornice dorata completamente fuori stile rispetto a tutto il resto, o per i soggetti raffigurati in maniera quasi naif: uomini e donne in abiti semplici, con attrezzi vari in mano, tutti al lavoro in un giardino dove piantano, seminano, puliscono, potano. L’atmosfera è tranquilla e dolce, quasi consolante, e la bellezza si spande nell’aria a ogni respiro. Gli abiti che questi personaggi indossano non sono ottocenteschi, e neppure medievali, e i tratti sono nientemeno che quelli inconfondibili di Bruegel il Giovane. Un universo incantato dentro un altro universo incantato, magicamente incastrati tra loro come scatole cinesi dentro le quali saltare trattenendo il respiro, per lasciarsi trascinare giù in una vertiginosa matriosca di emozioni.
Il giro si conclude, contrariamente al percorso consueto, nella parte più alta della casa, il sottotetto, un ambiente grande e arioso dove possenti travi di legno a vista delimitano in maniera spettacolare le altezze e i volumi di quest’ultimo piano, nel quale erano state ricavate le camerette delle due figlie. Piccoli letti di legno dipinto di verde, semplici arredi di uso quotidiano come librerie, cassapanche e specchi, mobiletti dal design lineare ed essenziale si armonizzano perfettamente ad un magnifico pavimento di assi grezze che richiama le travi portanti della struttura, creando un insieme così genuinamente bello da farci desiderare di non voler più andare via.
Alla fine usciamo passando attraverso una piccola porticina di forma irregolare, che fa tanto Alice nel Paese delle Meraviglie, e ci fermiamo nell’ultimo spazio da visitare dedicato alla storia delle tappezzerie e ai cataloghi dei disegni di tessuti e carte da parati ancora oggi prodotti dalla Morris&Co e disponibili alla vendita. Sono uno più bello dell’altro, ma certo danno veramente il meglio di sé quando vengono utilizzati per abbellire una casa già straordinariamente piena di fascino come questo Kelmscott Manor. L’uscita è attraverso una cupa scala interna (che ha tutta l’aria di essere un’aggiunta recente) che ci riporta fino all’ingresso iniziale. La visita è completata, dobbiamo proprio uscire e lasciare questo mondo magico dietro di noi. Un peccato. Anche se in realtà sento che un po’ di questa atmosfera incantata la porterò via con me, insieme al ricordo di questa visita che desideravo così tanto fare dopo aver letto pile di libri e biografie su questo luogo quasi mitologico. Questa è un’altra delle magie che i viaggi sanno fare. E che sa fare Luca, il mio dreamcatcher. Non lo ringrazierò mai abbastanza per avermi portata – anche – fino a qui.

Da Lechlade-on-Thames ci spostiamo a una mezz’ora di distanza per visitare un altro luogo assolutamente speciale: Oxford! Oh my God! Se non mi viene un attacco di cuore oggi… non mi viene più!

Lasciamo la macchina in un Parking sotterraneo dopo aver raggiunto il centro cittadino intasato di traffico e andiamo subito alla ricerca del primo College da visitare, il famosissimo Christ Church College, con la sua torre a cupola che svetta sulla città ed è ormai diventata il simbolo di questa istituzione culturale di fama internazionale. Ho già il cuore che corre a mille.

Facciamo il biglietto da una signora molto gentile e cominciamo il giro seguendo una specie di mappa stilizzata fornitaci insieme ai ticket, che è assai semplice da leggere. E ci ritroviamo subito nel famosissimo cortile quadrato, racchiuso in un giro di edifici eleganti di grande fascino. Siamo circondati dalla storia, e da un’atmosfera così tipicamente Old British da sentirci di colpo catapultati in uno spazio ritagliato fuori dal tempo, in un luogo fisso come una roccia e immutabile nel passare dei secoli. Un’emozione molto forte.

In effetti questo College esiste, sotto vari nomi, fin dalla fine del 1300, e ha preso il suo nome e la sua forma definitivi nel 1546 per volere di Enrico VIII. Il Re stesso innalzò la Cappella del Christ Church College a Cattedrale di Oxford, creando di fatto la più piccola cattedrale d’Inghilterra.

Magari è piccola, ma è davvero molto bella. La visitiamo con una guida locale, un volontario che ogni giorno accompagna i visitatori gratuitamente solo per il piacere di fornire un servizio ad un luogo a lui caro e rendere il giro più proficuo per chi arriva fino qui assetato di scoperte. E’ un signore simpatico e preparato che ci rivela molti dettagli sulla storia e l’architettura del luogo, ma anche molti aneddoti sulle tradizioni e sui personaggi che hanno studiato e lavorato qui nei vari secoli della sua esistenza.

Una storia in particolare è curiosa, e assolutamente affascinante. Su una parete di una navata laterale, in mezzo alle elegantissime vetrate istoriate create apposta per questa chiesa dai preraffaelliti, c’è un bel busto in marmo del giovane Leopold, uno dei figli della Regina Vittoria, anche lui studente del Christ Church College. Quando studiava qui cominciò a frequentare una giovane ragazza di nome Alice, che era la figlia minore del diacono del collegio, e i due si innamorarono perdutamente. Purtroppo però lui era un membro della famiglia reale mentre lei non era di estrazione nobile, quindi i due giovani non poterono sposarsi, e anzi Leopold fu allontanato dal collegio dietro vaghi pretesti di necessità politiche per interrompere questa relazione scomoda . Ma anche se furono tristemente separati da ragioni superiori, l’amore dei due giovani non fu mai cancellato. Quando Leopold, in seguito, si sposò ed ebbe una figlia la chiamò Alice, e quando lei si sposò ed ebbe un figlio lo chiamò Leopold. Sarebbe solo un curioso aneddoto amoroso come tanti, se non fosse che lei altri non era che Alice Liddell, la ragazza che, da bambina, aveva ispirato a Lewis Carroll (nome de plume di Charles Dodgson, docente di matematica qui a Oxford) la straordinaria storia di Alice nel Paese delle Meraviglie. “I found myself in Wonderland…”

Facciamo anche un immancabile giro alla Hall, affollata di giovani visitatori non solo perché è un refettorio medievale bellissimo e perfettamente conservato presieduto da un imponente ritratto di Enrico VIII, ma anche perché è l’originale che ha ispirato il refettorio scolastico inglese più famoso al mondo, quello di Hogwarts. Nei film della saga di ‘Harry Potter’ infatti, le scene in cui gli studenti dell’Accademia di Magia sono tutti riuniti per cena sono state girate in gran parte proprio qui. È’ più piccolo di quanto pensassi, ma ha un fascino straordinario: i vetri colorati delle bifore lasciano filtrare la luce morbida del pomeriggio inoltrato, una bellissima boiserie in legno di quercia gira tutto intorno al salone rivestendo le pareti, come a conferire solidità e perpetuità al luogo stesso, e una serie di ritratti di Decani e Presidi che hanno fatto la storia di questa istituzione scrutano dall’alto della loro posizione privilegiata i Dottori e gli Scienziati di domani.

I lunghissimi tavoli di legno scuro sono già pronti per la cena, apparecchiati con semplici stoviglie di vetro e porcellana bianca, illuminati da discrete abat-jour con lampade gemelle che rendono l’ambiente confortevole e calmo, una sorta di nicchia a sé stante ritagliata fuori dal resto del mondo. Qui si respira solidità, ci si nutre di cibo, cultura e tradizione. Si ha l’impressione che frequentare un posto così nei propri anni di formazione porti a credere di poter arrivare a fare qualunque cosa, realizzare qualunque potenzialità.

A poterci guardare, secondo me, si scoprirebbe che il destino di immortalità di questo Paese millenario è inciso direttamente nel DNA degli studenti passati di qui. Questo College ha dato all’Inghilterra 13 primi ministri, più di tutti gli altri collegi della città messi insieme (e sono quasi 40 in tutto….) e al mondo ben 9 premi Nobel, senza tralasciare artisti, scienziati e politici di grande fama che hanno contribuito a dare alla storia e al mondo la forma che hanno oggi. Essere studente in un posto come questo deve essere uno dei privilegi e delle soddisfazioni maggiori che possano capitare nella vita di un giovane essere umano.

Dal Christ Church passiamo nel cortile della vicina Bodleian Library, una delle maggiori biblioteche del mondo e la più grande di Oxford, con 188km di scaffali per oltre 7 milioni di volumi in archivio. Seconda solo alla British Library per quantità di opere possedute, custodisce tesori eccezionali che sono pietre miliari della storia dell’evoluzione della cultura umana: dai Codici Medievali ai Vangeli in copto, dalla Magna Charta alla Chanson de Roland, dai più antichi testi in Middle English miniati e dipinti a mano alla Bibbia di Gutenberg, dal Milione di marco Polo in antico francese a un rarissimo First Folio di Shakespeare, il tutto incastonato in un’architettura così raffinata e magnifica da lasciare senza fiato. Un paradiso di carta in terra.

Vicino c’è la Radcliffe Camera, che è parte della Bodleian, con la sua famosa struttura neoclassica a base rotonda e il tetto a cupola, un vero tempio della conoscenza.

Dopo il Christ Church visitiamo il secondo college più famoso della città, il Magdalen College, quello dove studiò anche Oscar Wilde e dove il suo talento per la poesia e la scrittura ricevettero i primi importanti riconoscimenti ufficiali – a dispetto del risentimento di molti insegnanti più strettamente tradizionalisti. Non è grande come il Christ Church, ma è bellissimo anche questo, forse anche più elegante, con palazzi in pietra color dell’oro, una torre merlata possente, un chiostro incantevole con un loggiato che affaccia direttamente su un prato verdissimo. Visitiamo la chiesa con belle finestre istoriate, che contiene un’importante copia del ‘700 dell’Ultima cena di Leonardo, un refettorio rivestito di legno di quercia, un parco dove, tra gli altri, venivano a passeggiare CS Lewis e Tolkien nelle ore libere dallo studio, e un prato dove pascola liberamente un branco di bellissimi daini.

Alla fine, stanchi e soddisfatti, ci fermiamo alla caffetteria a prendere un tè con due muffin enormi e buonissimi, e ci riposiamo seduti lungo un canale, lasciando sedimentare piano piano le tante emozioni di questa visita così intensa. Eppure, nonostante la grandezza simbolica di questo posto, qui le dimensioni sono relative, gli spazi vivibili, e l’atmosfera è austera senza essere intimidatoria. Un luogo ideale.

Dopo un ultimo giro per le antiche stradine acciottolate torniamo in centro e passeggiamo fino alla macchina, paghiamo un (salato) parcheggio e ripartiamo in direzione di Cambridge, verso est, dove abbiamo la stanza per la notte.

Impieghiamo circa 2 ore per arrivare, e la signora del B&B è un po’ meno carina delle precedenti, ma la stanza è pulita e comoda e la casa sembra bellissima. Usciamo a cercare qualcosa per cena, ma siamo in una zona un po’ isolata e gli unici due pub aperti ormai non danno più cibo (sono già le 20,30) così ci adattiamo alle circostanze e prendiamo una pizza a un Domino’s, e devo ammettere che tutto sommato è buona, sottile e con un buon condimento. Ma ad essere onesta, anche se fosse di cartone non me ne accorgerei stasera, la testa ancora completamente immersa in tutte le meraviglie in mezzo alle quali abbiamo camminato oggi.

Martedì 19 agosto 2014: Painswick Rococò Garden – Bibury – Tetbury – Minster Lovell

Seconda colazione alla nostra casetta di Bourton, dopo una notte silenziosissima in cui il paesino fuori dalla finestra pareva letteralmente scomparso. Invece lo troviamo ancora lì quando usciamo dal parcheggio del B&B, tranquillo e ordinato come ieri sera.

La prima tappa di oggi è Painswick, un piccolo borgo di 2000 anime anche questo tutto in pietra delle Cotswold, tanto sobrio da essere quasi quasi austero, di grande atmosfera. Questo paesino, noto per le sue bellezze architettoniche e naturali come tutti quelli dei dintorni, è anche il luogo di nascita del famoso Mr Thomas Twining, che dai primi anni del 1700 fornisce il miglior tè delle 5 alle tazze di tutto il mondo. Quando si dice una tradizione.

L’edificio più rilevante qui è la chiesa di St. Mary in stile gotico perpendicolare, con la possente torre a base quadrata risalente al XIV secolo sormontata da un’altissima guglia aggiunta solo nel ‘600.

Il classico prato del cimitero che circonda la chiesa è abbellito da una notevole quantità di grossi alberi di tasso molto vecchi e scuri, le cui forme contorte contribuiscono ad alimentare un’inquietante leggenda locale. Pare che qui intorno ci siano esattamente 99 alberi di tasso, e che se si pianterà anche il numero 100 il Diavolo in persona arriverà a farlo seccare. In effetti sono già stati contati 103 alberi nel cimitero, ma nessuno si è ancora fatto vivo a protestare…

Tra le attrazioni più gettonate della zona c’è il Painswick Rococò Garden, un antico giardino ornamentale settecentesco che in passato era andato quasi in rovina, ma che di recente è stato recuperato e riportato al suo antico splendore. Facciamo il biglietto ed entriamo, e siamo di nuovo in un altro tempo. In uno spazio molto ampio sono sistemati viali d’erba e aiuole abbellite da una varietà di fiori e bordure colorate, insieme a una bellissima collezione di alberi da frutto, specialmente meli e peri, sistemati intorno a una zona riservata all’orto più artistico che ci sia capitato di vedere.

C’è uno stagno con le ninfee, una grande vasca di pietra con una panchina davanti a un piccolo giardino secondario, e un Anniversary Maze, un labirinto composto da due percorsi diversi che si intersecano, uno di siepi verde scuro e uno di siepi verde chiaro. Quelle chiare, viste dall’alto, formano il numero 250, e furono piantate alcuni anni fa in occasione dei festeggiamenti dei 250 anni dalla creazione di questo giardino.

Qui troviamo anche alcuni edifici dall’architettura alquanto stravagante ispirati allo stile neogotico, che contribuiscono a rendere questo luogo un ritaglio di spazio che arriva da oltre 2 secoli addietro. Entriamo in una casetta rossa molto piccola, con le finestre a bifora e i vetri dipinti, e poi in una struttura rosa e bianca con smerli e torrette costruita sopra una sorta di grotta, chiamata l’Aquila. Ma uno degli elementi per i quali questo giardino è famoso è l’esedra in legno e metallo che si eleva leggera e candida come un pizzo proprio in cima alla collinetta principale, davanti a una fontana rotonda, e che è ormai divenuta il simbolo più riconoscibile di questo luogo. Un po’ settecentesca e un po’ medievale, insolita e molto affascinante.

Tutto intorno al giardino c’è un gran bosco in cui è stato organizzato un percorso che passa attraverso alcuni punti di riferimento fissi, tra cui la casa dei colombi, la struttura in bambù creata in onore del giubileo della Regina e una piccola alcova di pietra in stile gotico completa di panchina, per riposarsi dalla camminata lungo i sentieri non sempre agevoli del bosco.

Ci sono parecchi visitatori oggi nonostante il clima incerto, e molti sono venuti insieme ai loro cani. Incontriamo cani dappertutto qui, nei pub, nelle vie, nei parchi, nei locali, tutti al guinzaglio e ben educati, e davanti a molti negozi ci sono piccole ciotole d’acqua pulita a disposizione degli “amici a 4 zampe”. Le razze più gettonate sono il cocker e una delle mie preferite, il levriero, sia quello piccolo italiano che quello standard. Animali fantastici, eleganti e di gran classe, anche loro con quel portamento altolocato e distante che li fa sembrare creature uscite da un dipinto di Boucher. Un posto particolare questo Rococò Garden, un po’ insolito forse, ma molto bello.

Da qui ci spostiamo in uno dei villaggi più famosi di quest’area, così caratteristico che perfino l’Imperatore Hirohito in persona volle soggiornarvi durante un suo viaggio nel Regno Unito, e che fu definito da William Morris il più bel villaggio d’Inghilterra: Bibury.

Qui si trova Arlington Row, nota per essere la strada più fotografata d’Inghilterra. E con buona ragione, direi. Se quello che avevamo visto finora dei tanto decantati villaggi tipici della campagna inglese aveva già pienamente soddisfatto le nostre aspettative, qui hanno proprio voluto esagerare. Una fila perfetta di cottage color miele col tetto a scivolo forma una curva delicata lungo la via, tanto dolce e morbida da sembrare un sorriso, con finestrelle e porte immerse nei fiori colorati e in una grazia assoluta. Da non credere ai propri occhi. Viene voglia di toccare le pietre delle case per essere sicuri che non sia solo un dipinto, o magari il frutto di un qualche trucco cinematografico ben riuscito. Invece no, sono proprio vere. Chissà che effetto fa essere in giro da qualche parte e a un certo punto dire “beh, si è fatto tardi, devo proprio andare a casa”. E venire qui. Entrare per una di queste piccole porte immerse tra i fiori, e chiudere tutto il resto fuori.

Un tempo queste case erano gli alloggi dei lavoratori della manifattura tessile locale, e infatti c’è ancora un mulino in disuso trasformato in abitazione in fondo al paese, vicino al corso del fiume Coln. Oggi vivono in quest’area meno di 800 anime – lucky them – famiglie che crescono qui da generazioni, probabilmente ormai rassegnate all’idea di sapere le foto delle loro case collezionate negli album digitali di perfetti sconosciuti provenienti da ogni angolo del mondo. Imperatori compresi.

D’altra parte, non si può pretendere di essere così incantevoli e poi reclamare il diritto alla privacy.

Lasciato – a malincuore – il mondo fatato di Bibury ci dirigiamo nella vicina Tetbury, un villaggio elegante pieno di fiori e di bellissimi negozi d’antiquariato frequentati dai migliori esperti del settore di tutto il Paese, dove facciamo anche una veloce pausa pranzo con sandwich e frutta fresca. Oltre che per i numerosi premi vinti come miglior ville fleurie d’Inghilterra, questo borgo è famoso anche per la tradizionale corsa col sacco di lana a spalle, che si svolge nella via principale ogni anno a fine maggio, e per la sua elegante chiesa gerogiana dedicata alla Vergine Maria e a Santa Maddalena, con l’inconfondibile torre quadrata sormontata da un’altissima guglia.

Qui si trova anche uno dei punti vendita di Highgrove, la catena di negozi creata dal Principe Carlo nella quale sono in vendita i prodotti artigianali frutto delle attività dell’azienda agricola che ha sede proprio nella tenuta dove lui risiede, e dalla quale i punti vendita prendono il nome. E’ un negozio molto raffinato che offre bellissimi oggetti per la casa e il giardinaggio e cibi biologici molto interessanti, ma naturalmente tutti di fascia di prezzo piuttosto….regale. Approfittiamo di uno sconto speciale per regalarci alcuni pacchetti di dolciumi dall’aspetto molto goloso e due tovagliette da colazione di lino con su ricamati due uccellini colorati bellissimi, di cui mi sono innamorata a prima vista. Il resto sarà per un’altra volta.

Come ultima tappa del giorno sconfiniamo dalle Cotswold nel vicino Oxfordshire per visitare il delizioso villaggio di Minster Lovell, un minuscolo centro di neanche 1500 abitanti immerso nel verde di questa straordinaria campagna. Ancora pochi cottage di pietra sparsi lungo la via, riuniti in piccoli gruppi di case circondate di fiori, così tipici da sembrare usciti da una cartolina di cento anni fa.

Uno degli edifici più conosciuti del villaggio si trova su un angolo della via principale, è una vecchia locanda di pietra chiamata The Old Swan, con grandi finestre all’inglese di legno bianco e mura ricoperte di piante e fiori. Di fronte all’ingresso, un’insegna col nome della locanda è appesa a una bicicletta col cestino pieno di edere e gerani – il mezzo di trasporto ideale, qui – mentre su una sedia a sdraio verde è stampata la filosofia di vita che tutti sembrano aver ormai adottato da queste parti.

La chiesetta del villaggio, in fondo a una stradina da nulla che porta direttamente sul bordo estremo della campagna, è minuscola, e bellissima. La luce calda del pomeriggio entra a fiotti dalle vetrate colorate creando un’atmosfera incantevole. L’altare e la mini navata sono decorati da tralci di rose fresche che hanno impregnato l’ambiente di un profumo delicato. Sembra la scia sottile di una cerimonia appena conclusa, la cui traccia gioiosa resiste nell’aria come l’eco di una promessa.

È tutto così bello e perfetto da sembrare irreale: la chiesetta posata in mezzo al suo prato vellutato disseminato di vecchie lapidi di pietra, la campagna curatissima tutto intorno, colline violette e campi gialli di grano più in fondo, pecore sparse nei pascoli qua e là, e boschetti scuri di querce in lontananza, nuvole che ingrigiscono lentamente il cielo del tardo pomeriggio tagliando via pezzi di luce poco per volta. Questo è esattamente il setting idilliaco che siamo venuti a cercare fin quassù. E non ci stupiamo mai abbastanza di trovarcelo davvero.

Un pioggia sottile ha cominciato a cadere a tratti, la temperatura è calata e in serata scende fino a 12 gradi. Ceniamo ancora a Bourton, in un altro pub caratteristico, con zuppa di verdura calda per me e spezzatino di carne alla birra con verdure e tortino di sfoglia per Luca.

Rientriamo prima delle otto, e prepariamo tutto per la partenza di domattina. Purtroppo dovremo lasciare questo posto incantevole, ma sappiamo già che altre meraviglie ci aspettano non lontano da qui.