Il mondo di Sally

L'importante non è cosa guardi, ma cosa vedi
 
Il mondo di Sally

Venerdì 17 giugno 2011: spiaggia di Vlyha – Lindos

Questa è una cosa che mi ricordavo perfettamente, della Grecia. La luce arriva prestissimo e non c’è modo di fermarla, l’alba invade il cielo prepotente, sale veloce e dilaga ovunque in poco tempo, allagando inesorabilmente tutto quanto trova sul suo cammino. Compresa la piccola finestrella in alto sopra la nostra porta, che non è possibile oscurare in alcun modo, baluardo trasparente e inutile del nostro rifugio. C’è poco da fare, non sono neppure le 6,30 che sono sveglia, immersa nella luce intensa che ha già riempito la stanza. Se non altro la giornata si annuncia bellissima. Quando alla fine ci arrendiamo all’invasione e ci alziamo andiamo a fare colazione fuori, al tavolino della veranda, sulla tovaglietta stampata acquistata ieri sera al negozietto in centro. Fa già caldo, anche se è presto, e l’ombra scarseggia sotto le piante esili.

Sistemiamo tutto, ci rinfiliamo finalmente i costumi per la prima volta dall’anno scorso e andiamo alla ricerca di un Market, per acquistare un po’ di frutta e un po’ d’acqua da consumare nella giornata. Ci fermiamo solo una volta in un punto panoramico a scattare qualche foto di Lindos e della sua spettacolare Acropoli, ai cui piedi si estende la magnifica Baia di Pallade, una luna di ghiaia fine e chiara bagnata da acque turchesi e quasi immobili, una meraviglia.

Da lì arriviamo in fretta da Flora, un piccolo minimarket che sembra un bazar dove si possono acquistare generi alimentari ma anche giocattoli, costumi, accessori da spiaggia, cartoline, souvenir, biancheria e altro ancora. Prendiamo della frutta e poche altre cose per pranzo e riprendiamo la strada verso nord, che di lì a pochi minuti ci porta al bivio per la spiaggia di Vlyha.

Decidiamo che come primo assaggio del mare di Rodi può andare, vicina e molto bella a giudicare da quello che si vedeva dall’alto della strada. Lasciamo l’auto nel parcheggio (gratuito) al fresco di un albero e andiamo a dare un’occhiata più da vicino. Il posto sembra tranquillissimo e accogliente, molto pulito, perfetto per passarci una giornata piacevole. Così prendiamo le nostre cose dall’auto e paghiamo gli 8,00€ dovuti al signore del bar, che ci consegna le ricevute e ci dice di appenderle alla molletta dell’ombrellone, così lui potrà vedere che abbiamo già pagato ed eviterà di disturbarci ancora. La semplicità, la più efficace delle tecnologie. Scegliamo un ombrellone di bambù vicino all’acqua e ci sistemiamo sui comodissimi lettini dotati di materassino imbottito. L’aria è splendente e molto calda, la luce è intensa come solo qui sa essere, il mare scintilla sotto il sole potente, le rocce intorno fanno da cornice a una baia di acque incredibilmente trasparenti.

Peccato solo per la presenza alle nostre spalle di due grosse strutture turistiche a molti piani, tipo grossi condomini con assurde pretese di lusso, che si stenta a credere abbiano potuto costruire proprio qui, e che con la loro prepotente bruttezza tentano in tutti i modi di rovinare l’armonia del luogo. Ma basta non guardare indietro e continuare a fissare la meravigliosa baia turchese per renderle completamente inoffensive. Ci stendiamo al sole e finalmente, per la prima volta da quando siamo arrivati, cominciamo davvero a rilassarci.

C’è poca gente intorno e sembrano tutti tranquilli, così possiamo leggere e goderci il posto in santa pace. Stiamo un po’ distesi a riposare accarezzati dal venticello marino, ma avere quella meraviglia davanti agli occhi e resistere alla tentazione di entrarci dentro è davvero troppo difficile, così non passa molto tempo prima che decidiamo di provare a sentire com’è l’acqua. Per fare il bagno è consigliabile indossare degli scarpini di gomma perché la spiaggia e il fondale sono di sassolini tondeggianti colorati e scivolosi sui quali non è affatto facile camminare a piedi nudi, ma l’acqua è davvero meravigliosa, calda e limpidissima grazie all’assenza di sabbia, proprio come piace a me. E’ rinfrescante, e soprattutto molto invitante, con il caldo che fa, tanto che una volta dentro non vorrei più uscire.

Dopo il bagno ci asciughiamo al sole, che brucia davvero molto, e mangiamo la nostra frutta, ancora fresca nella borsa di stoffa. Dopo un lungo riposo all’ombra, per evitare scottature sotto questo sole rovente che la nostra pelle bianchissima teme parecchio, decidiamo di fare un altro bagno. L’acqua sembra più fredda lì per lì, ma solo perché siamo noi più caldi, e dopo pochi minuti si sta già benissimo di nuovo a mollo. Ci concediamo un altro lungo bagno ristoratore, che rigenera le nostre energie e lava via dai nostri corpi la stanchezza e lo stress come solo la carezza del mare sa fare. Quando ci stendiamo di nuovo ad asciugare vicino all’ombrellone l’aria si è fatta più fresca e piacevole, e la temperatura è finalmente perfetta. In genere non stiamo mai tutta una giornata nello stesso posto quando andiamo al mare, ma questo è solo il primo giorno e siamo ancora troppo stanchi per lasciarci prendere dalla frenesia della curiosità, così ci regaliamo un lungo momento di ozio totale in questo paradiso azzurro. Sono quasi le 6 quando raccogliamo le nostre cose e torniamo all’auto, ma prima di ripartire ci prendiamo un gelato al bar e ce lo mangiamo all’ombra fresca delle piante. Passiamo a prendere acqua e viveri per domani in un altro Minimarket prima di andare a casa, e pochi minuti dopo siamo di nuovo a Lindos. Ci sciacquiamo e sistemiamo, e verso le 19,30 scendiamo in centro a cercare un nuovo posto dove cenare. I negozi sono tutti aperti, c’è abbastanza gente a spasso per le viette di pietra ma non troppa, non riesco a immaginare cosa può essere qui in agosto, in queste stradine strette coperte da tende e alberi, quando la folla deve diventare davvero impressionante per un luogo così raccolto.

Alla fine decidiamo per il ristorante Byzantino, un locale caratteristico in pietra e legno con la terrazza sul tetto, come quasi tutti i locali qui, dove ci sediamo per gustare una cena greca nell’aria fresca della sera. Siamo serviti da camerieri giovani e gentilissimi che parlano in perfetto italiano e che ci consigliano volentieri sui piatti locali migliori, dopo aver verificato che non siamo affatto interessati alla pasta. Iniziamo con un antipasto di Pita e salsine tipiche, fresche e squisite, poi Luca sceglie un calamaro al forno ripieno di verdure e Feta mentre io opto decisamente per uno dei miei piatti tradizionali preferiti, Gyros Pita, al quale difficilmente so resistere.

E’ tutto ottimo, compreso il caffè, e quando stiamo per venire via accusiamo persino un po’ l’arietta fresca della tarda serata. E’ stata una buona cena dopo una buona giornata – anche se oggi era venerdì 17! – proprio quello che ci voleva per ricaricarsi di energie.

Da domani cominceremo a girare un po’ quest’isola che ancora non riesco a definire bene, brulla e accogliente insieme, calda e ventosa, spettacolare e sperduta. Ho proprio voglia di capirla meglio.

Rodi, isola Tsambika Giovedì 16 giugno 2011: Pisa – Rodi – Lindos

Siamo di nuovo in volo, 5 anni dopo quel giorno bellissimo, e ancora una volta la nostra meta è il mare. Più vicino questa volta, meno esotico, ma ugualmente anelato. Decolliamo dal Galilei di Pisa alle 10,15 con Ryanair in una mattinata di sole, e dopo circa 2,40 di lettura e musica, miei personali bodyguard contro la paura, anche questo volo si conclude liscio come si è svolto, e atterriamo all’International Diagoras Airport di Rodi alle 14,00 ora locale (+2 su Greenwich). Finalmente ci siamo, il cielo limpido e il caldo del sud ci accolgono, e nel momento stesso in cui poso i piedi sul suolo greco mi rendo conto di quanto intensamente abbia desiderato questa vacanza isolana. L’aeroporto è piccolo ma ben organizzato, ritiriamo velocemente il bagaglio e raggiungiamo lo sportello Hertz dove abbiamo prenotato l’auto per i prossimi giorni. Con una piccola differenza di costo sul preventivo ci assegnano una Suzuki Jimny, una specie di piccola gippettina color miele con la quale, a sentire il tipo del noleggio, potremo arrivare dappertutto. Spero che questo non significhi che le condizioni delle strade sono disastrate… La signora che ci consegna le chiavi è gentilissima, e mentre Luca carica i bagagli lei mi fa un sacco di complimenti per la mia Ugo Box, la borsina a forma di tasso per la macchina fotografica che ho fatto da me ai ferri.

Naturalmente ho preso la mappa dell’isola al bancone Hertz – non so resistere alle mappe, per me indicano tutte tesori nascosti – e con una breve occhiata ci rendiamo conto che spostarsi non sarà troppo difficile, anche senza navigatore. C’è un’unica via principale che gira tutta l’isola lungo la costa, dalla quale si diramano poche vie interne che tagliano per i monti permettendo di raggiungere il versante opposto senza fare il giro completo, solo con qualche curva in più, per distanze totali che raramente superano i 30 km. Ci immettiamo sulla via in direzione sud seguendo le indicazioni per Lindos, che è a neanche 50 km dall’aeroporto, all’incirca a metà del lato orientale della costa. La strada è larga ma un po’ trascurata, ci sono importanti lavori in corso poco fuori la zona dell’aeroporto che si prolungano per diversi chilometri, anche se non vediamo nessun operario al lavoro. Il panorama è abbastanza tipico, costoni rocciosi e vegetazione scarsa, soprattutto cespugliosa, pianure brulle e distese di olivi dappertutto. Attraversiamo alcuni centri abitati lungo la via, piccoli agglomerati di case e supermercati turistici poco interessanti ma forniti di tutto, e notiamo che i distributori di carburante sono abbastanza frequenti, anche se la benzina è molto cara, da 1,69 a 1,79€ al litro! Certo, non tutto è curato come ci si aspetterebbe, è vero che le isole sono più semplici e meno formali di altri luoghi, ma al primo impatto già s’intuisce che questo non è sicuramente un posto dove gli abitanti navigano nell’oro. Però gli scorci sul lato della costa sono bellissimi, nonostante il cielo sia in parte oscurato da nuvole cupe. Ma quando, dopo circa un’ora e un’ultima ampia curva, spuntiamo all’improvviso davanti alla baia di Lindos, con l’Acropoli in cima alla rocca e il paesino di case candide accovacciato ai suoi piedi, tra il mare e la strada, restiamo folgorati da quella visione tanto bella da sembrare finta. Se un pittore avesse dovuto inventarsela, la veduta di un paese di mare con anche le rocce e la baia e i resti di un’Acropoli antica in cima a tutto, non sarebbe mai stato capace di crearne una così straordinaria. E’ una visione tanto incantevole da lasciare senza parole, con la frase interrotta a metà e gli occhi incollati a quell’immagine stupefacente e inattesa. E’ bellissimo, e stiamo andando proprio lì.

Ci fermiamo nella piazzetta davanti al Bar Reception, all’ingresso del paese, telefoniamo a George come da accordi via email e lui arriva sul suo buffo scooter dopo pochi minuti, ci saluta con gentilezza, si carica il nostro bagaglio sulla pedanina del suo strano mezzo di trasporto e ci accompagna su per la salita che porta alla nostra casa, nel blocco degli Anastasia Apartments. Scopriamo un monolocale molto carino, pulitissimo e con arredi nuovi, una bella stanza ampia con letto grande e armadio a muro (più un divano letto extra) un angolo cottura completo di accessori, bagno con vasca e doccia, aria condizionata, Tv e una veranda con tanto di fiori e tavolino per la colazione con vista direttamente sull’Acropoli.

Dopo le indicazioni principali sui market, il parcheggio, le pulizie (che saranno fatte ogni giorno verso le 11) e simili George ci saluta e se ne va, mentre noi cominciamo a prendere possesso del luogo sistemando le nostre cose. Fa già molto caldo, per cui ci infiliamo abiti più adeguati e usciamo subito in esplorazione, per fare un po’ di spesa e cominciare a capire come muoverci. La casa è leggermente in alto rispetto al centro del paese, dove gode di maggiore ventilazione e tranquillità e di una vista spettacolare, ma una passeggiata di pochi minuti per stradine ripide e scalinate caratteristiche ci permette di raggiungere qualunque punto di Lindos, che è un villaggio esclusivamente pedonale.

Il primo impatto col centro è di grande effetto, il paese è incantevole, un groviglio di stradine e viuzze che si intersecano senza regola e senza soluzione di continuità, tra mura candide e cascate di buganvillee, oleandri rosa e gelsomini profumatissimi, scalette di pietra e gatti accovacciati, portoni incorniciati di pietra scolpita e pavimentazioni realizzate con la tecnica tipica detta “Hochlaki”, sassi tondeggianti bianchi e neri perfettamente sistemati in modo da formare un disegno tradizionale, che può essere un delfino, un fiore, un cervo, una sequenza geometrica, per un effetto finale elegantissimo e raffinato.

I ristoranti e i locali tipici sono a ogni angolo, adesso è tutto chiuso perché è presto ma da l’idea che qui, la sera, ci sia davvero un grande movimento di gente.

Moltissimi sono anche i negozi che vendono articoli di artigianato locale, alcuni decisamente turistici così al primo impatto, ma altri davvero interessanti.

Attraversiamo la via principale passando davanti a taverne, bar, pergolati, negozi nascosti dietro angoli di pietra deliziosi o affacciati su scalinate ombreggiate dal verde delle piante.

Oltrepassiamo anche la piccola chiesa del paese, purtroppo già chiusa, candida naturalmente, e affiancata da un campanile bellissimo in pietra a tre livelli di finestre ad arco alle quali fa da sfondo l’azzurro prepotente del cielo.

Girovaghiamo a caso approfittando del fatto che a quest’ora le viuzze sono libere dai turisti, e ogni nuovo angolo sembra incredibilmente più caratteristico e bello del precedente. Arriviamo fino alla Stazione degli Asinelli, la cui presenza è famosa e antica sull’isola, dove per 5,00€ a testa i noleggiatori locali trasformano i ciuchini in speciali Taxi che trasportano i turisti fino in cima all’Acropoli. In realtà non sembra così lontana da non poterci arrivare a piedi senza problemi, ma forse in un posto così piccolo ogni occasione deve essere colta per incrementare sia il fascino del luogo che l’economia…

In fondo alla piazza degli autobus giriamo e cominciamo a tornare indietro, prendendo stradine diverse da quelle prese per arrivare fin qui e scoprendo altri angoli incantevoli.

Raggiungiamo la creperia “Dolce Amaro” di proprietà di George ed entriamo a salutarlo, e lui ci accoglie con grandissima cortesia. Ci offre subito un caffè espresso al’italiana, molto buono, e visto che fa caldo, decidiamo di restare un po’ lì al fresco a chiacchierare con lui e a provare il suo gelato, che alla fine lui si rifiuta di farci pagare. Dopo la sosta ci fermiamo al Market a prendere qualcosa per la colazione di domattina, giusto l’essenziale per fare colazione, perché farsi tutta la salita con le buste della spesa è dura, il resto lo prenderemo domani con l’auto visto che il parcheggio è molto più vicino alla casa del resto del villaggio. Rientriamo attraversando la terrazza degli appartamenti Anastasia, sulla quale una enorme pianta di limone piena di frutti fa da sentinella profumata, e sistemiamo i nostri acquisti. Tutto sembra tranquillo e calmo, la maggior parte dei turisti dev’essere ancora sulle spiagge a godersi la giornata di mare.

Ci cambiamo e usciamo ancora a fare un po’ di foto, cominciamo a essere stanchi della lunga giornata e iniziamo a cercare un posto dove poter cenare. Adesso ci sono molte più persone di prima in giro, e naturalmente molti sono italiani, inconfondibili ovunque. Passeggiamo di nuovo per il centro mentre le luci si vanno via via accendendo, e sbirciamo i vari locali e i loro menu per capire cosa offrono di speciale. Ogni ristorante ha fuori un cameriere solerte che ci invita a entrare e ci illustra le prelibatezze gastronomiche del suo locale, ma non sono troppo insistenti e comunque sono tutti gentilissimi. Alla fine optiamo per Mythos, un locale molto carino dal lato della salita verso l’Acropoli, e saliamo su lungo una scaletta che porta sulla terrazza all’aperto dove sono sistemati i tavoli per i clienti, nell’aria fresca della sera e con una splendida vista panoramica sulla rocca. Ordiniamo pesce naturalmente, buono e abbondante, e poi Feta e Tzatziki, che per me è il sapore della Grecia, e che desideravo tanto gustare di nuovo.

Dopo cena facciamo un’ultima passeggiata per le stradine sempre più affollate e illuminate del centro, e poi torniamo di nuovo verso casa, contenti di come ci siamo sistemati. Una notte di riposo ci attende, la nostra vera vacanza di mare comincerà domani.

Domenica 2 gennaio 2011: – St Sebastian Friedhof – Kapuzinerberg – Steingasse – Candela – Christmas in Salzburg – Zum Mohr

Al risveglio stamattina apriamo le tende e scopriamo che il cielo ci regala una bella sorpresa, fuori nevica a fiocchi tanto grossi e fitti da non riuscire quasi a vedere la strada di fronte alla finestra. Ce l’aveva promessa tante volte, in questi giorni, una nevicata vera, ma poi era sempre finita in pochi fiocchetti sparsi, col grosso che cadeva durante la notte. Entusiasti della novità inaspettata ci prepariamo in fretta per affrontare questa giornata di camminate nella neve, invece, il tempo di fare colazione e uscire e scopriamo che sta già smettendo. Una delusione, anche se il cielo è bianco latte e la speranza che presto ricominci non è così vana.

Scendiamo a piedi lungo la Reinergasse e, già che è aperta, entriamo a dare un’occhiata alla St Andreas Kirche, proprio nella piazza che si trova di fronte all’ingresso dei giardini dello Schloss Mirabell. La chiesa è semplice, con due grosse torri dell’orologio a sezione quadrata ai lati e una scalinata che porta a un piccolo loggiato dal quale si ha accesso ai portali d’ingresso. Non c’è nessuno all’interno, non c’è neppure la musica, il silenzio è quello speciale che si sente solo dentro le chiese. Persino quello nevoso della città semiaddormentata ha un suono differente da questo, nel grande piazzale bianco e deserto che riattraversiamo poco dopo.

Lasciamo perdere il parco del Mirabell per oggi, e proseguiamo dritto fino a incrociare la Linzergasse, a metà circa della quale ritroviamo la St Sebastian Kirche con annesso il St Sebastian Friedhof, luogo di sepoltura di alcuni membri della famiglia Mozart. Stamani è aperto, lo conferma un cartello con su scritti gli orari invernali, nel quale si legge anche il monito ai visitatori di rispettare questo luogo evitando di fare chiasso e scattare fotografie. Spingo piano il portoncino d’ingresso sapendo già che stavolta trasgredirò in parte alle regole. Ci ritroviamo nell’angolo di un magnifico porticato barocco assai elaborato che si affaccia su un giardinetto nel quale sono visibili lapidi e croci sparse, sommerse da una coltre di neve. Al centro, un mausoleo a base rotonda sormontato da una cupola indica la sepoltura di uno dei Principi Vescovi che guidarono la città nel XVIII secolo.

Resto sorpresa da questo loggiato così raffinato color bianco e oro, sotto al quale cominciamo a passeggiare nel silenzio innevato. Non ci mettiamo molto a capire che queste eleganti arcate raccolgono le tombe dei personaggi più in vista della città, quelle delle famiglie economicamente più ricche che ai loro morti illustri hanno potuto dedicare sepolture elaborate e a volte quasi grandiose ornate da sculture e dipinti enormi, statue di angeli dolenti o scheletri minacciosi, e nessun fiore. Una di queste tombe, dalla forma di obelisco e sistemata nell’angolo vicino alla porta laterale della chiesa, è quella di Paracelso, scienziato rinascimentale precursore della medicina moderna che morì in questa città nel 1541.

Facciamo il giro osservando tutto con calma, mi aspettavo di trovare tra queste la tomba dei Mozart invece non è così, le nostre ricerche in questo senso non hanno alcun esito. Una volta completato il giro ci inoltriamo nel Camposanto all’aperto, dove le tombe sono molto più semplici, segnate solo da croci di metallo o di pietra, ricoperte da un mantello bianco che pare proteggerle dal resto del mondo e conservare per loro il silenzio clemente della morte fino al giorno del disgelo. Facciamo pochi passi in direzione del mausoleo centrale del Principe Vescovo, incuriositi da tanta grandiosità, e d’un tratto, ora che non la stiamo cercando, la tomba di Constantia appare alla nostra sinistra, vicino agli alberi. E’ composta da un semplice cippo in pietra sul quale si legge il nome dei Mozart a caratteri dorati, più sotto Weber, il suo cognome da nubile, e poi Wissen, il nome di famiglia del suo secondo marito sposato quasi vent’anni dopo la morte del genio della musica.

In questa stessa tomba riposano anche le spoglie di Leopold Mozart, famoso violinista e padre di Wolfgang, e soprattutto colui che fece conoscere a tutto il mondo il talento suo e quello di sua sorella Nannerl. Le due persone che più influenzarono la vita del grande compositore, forse quelle che lui amò di più in assoluto, condividono qui l’eternità della loro fama riflessa. Fa tenerezza pensare che proprio qui sotto c’è la vera Constantia, la donna che vide con i propri occhi Mozart scrivere la sua musica e dirigere le sue opere, che gli diede dei figli, che rimase vedova non ancora trentenne senza avere neanche una tomba dove andare a posare un fiore. Perché per quanto strano possa sembrare, se oggi qui, e a Vienna, e in tutta l’Austria il genio di Mozart è vivo e presente come e più dei tempi in cui lui camminava per queste strade e abitava queste case, non c’è nessun luogo dove possa riposare in pace. Il suo funerale fu quello dei più poveri della città, la sua ultima dimora una fossa comune, i suoi resti terreni gettati via nell’indifferenza totale dei potenti del tempo, incapaci di riconoscere lo straordinario privilegio che era stato concesso loro di vivere – essere i primi ad ascoltare quella musica immortale. Qualunque tomba commemorativa che in seguito è stata eretta non è che una scatola vuota, un misero tentativo ritardatario di rimediare a una disattenzione imperdonabile – aver smarrito una scheggia di divino. Salutiamo in Constantia e Leopold gli unici segni tangibili rimasti dell’avventura umana del genio di Salisburgo, e ci dirigiamo verso l’uscita.
Lungo la Linzergasse, andando al cimitero, abbiamo visto un cartello che indicava un Viewpoint della città dall’alto del Kapuzinerberg così, appena arriviamo di nuovo all’altezza dell’Arco che da accesso alla salita, ci infiliamo sotto e cominciamo la nostra scalata di questa collina che sorge proprio di fronte alla rocca sulla quale è stata costruita la Festung Hohensalzburg.

La prima parte è ripida ma facile, e il sentiero è reso interessante dalla presenza lungo la via di una serie di cappelle settecentesche a forma di nicchia, chiuse da grate, all’interno delle quali sono custodite statue che rappresentano scene della passione di Gesù.

In cima alla strada troviamo la Chiesa dei Capuccini, che però è chiusa, e il punto panoramico promesso. Pur non trovandoci troppo in alto, l’effetto della vista sulla città è davvero notevole. Vista da qui, Salisburgo è tutta dorata e bianca, elegantemente raccolta di là dal fiume, tranquilla e silenziosa, con la sua rocca più candida della neve a proteggergli le spalle. Una visione da cartolina.

Proprio sul lato opposto della piazzola panoramica notiamo una specie di piccolo tempio recintato, alla fine di una scala ripida, nel quale, sotto ad un altare in legno, sono disposte alcune statue che rappresentano in maniera sobria e potente insieme la scena della Crocifissione.

Ci avviciniamo per vedere meglio questa composizione particolare, e scopriamo che le tre croci di Gesù e dei ladroni, alte e finemente scolpite, sono completate dalle due statue in pietra di Maria e della Maddalena immobili ai loro piedi.


Nel silenzio innevato del bosco osserviamo da vicino le statue di queste due donne che sono tutte le donne e tutte le madri, pietrificate dal dolore nel momento più lacerante della loro esistenza, con la testa reclinata, le braccia aperte, immerse nelle vesti ampie e pesanti che sembrano farle affondare in una verità insostenibile cui neanche il Cielo può più porre rimedio. Due donne cristallizzate in una sofferenza eterna, e però bellissime, con i volti dolcissimi accarezzati dal tocco delicato e muto della neve.

Continuiamo a gironzolare per i sentieri del bosco del Kapuzinerberg immersi nel silenzio, lungo tutto il perimetro della cinta muraria che si affaccia su Salisburgo e sulla sua fortezza, su quel panorama imbiancato intatto e nuovo come il nuovo anno appena cominciato.


Siamo praticamente soli su questa piccola montagna cittadina, incrociamo solo un paio di persone che scendono dal bosco spuntando tra gli alberi come per magia, provenienti dal nulla che si perde nel bianco della salita alle loro spalle.

Saliamo scale, costeggiamo muretti e panorami, oltrepassiamo siepi e aiuole che in estate devono regalare colori a volontà nell’ombra di questi alberi altissimi e ogni tanto ci fermiamo a riposare gambe e occhi sulle panchine sparse lungo i sentieri, perfettamente tracciati anche dopo la nevicata.

Raggiungiamo una piazzola particolarmente curata dove troviamo l’ennesimo busto dedicato a Mozart, uno bello finalmente, e dove affrontiamo un bivio che richiede una decisione definitiva: tornare giù verso la città o proseguire in su verso il convento dei Cappuccini, ovunque questo si trovi in mezzo al bosco?

Una scelta facile in realtà, basta guardarsi intorno. Come si può lasciare tutta questa bellezza?

Imbocchiamo la salita e continuiamo a esplorare sentieri e scalinate, risaliamo dossi e disegniamo curve, ci lasciamo incantare dal candore che ci circonda tutt’intorno e dai cristalli di ghiaccio che scintillano sui rami.

Scopriamo rari cartelli che indicano la strada per il convento e il ristorante, ma proseguiamo più che altro a naso, vagando tra gli alberi spogli, scivolando a tratti sul terreno gelato, respirando l’odore bianco e freddo della neve. Ci mettiamo fatica e risate ad arrivare in cima, e ogni foto è una buona scusa per una piccola sosta.

Alla fine, dopo oltre un chilometro di passi girovaghi, raggiungiamo la vetta del Kapuzinerberg dove, in uno spiazzo aperto su un belvedere, sorge un bell’edificio che somiglia a un piccolo castello fortificato, con tanto di feritoie e mura squadrate. Una specie di ponticello di legno conduce a un portone in legno massiccio sormontato da un grande bassorilievo nel quale è raffigurato San Francesco in ginocchiato, con sulle mani già i segni della sua santità.

Tutto è silenzioso e tranquillo intorno, c’è solo un’altra coppia di persone che ammira il belvedere ma così a prima vista non sembra proprio di essere arrivati ad un ristorante. Forse oggi è chiuso, o forse in inverno non lavora. Mi avvicino di più e noto, all’inizio del ponte e seminascosta nella neve, una lavagnetta con indicazioni di orari e menu del giorno. Sembra un buon segno, ammesso che non stia lì dall’estate scorsa… Arrivo al portone e ascolto, non un suono proviene dall’interno, ma quando provo a spingere la maniglia sento che cede, e la porta si apre. All’interno non c’è nessuno. Chiamo Luca e riproviamo, e anche i signori che erano sulla piazzetta si avvicinano interessati, forse anche loro pensavano che fosse tutto chiuso. Entriamo dentro e ci troviamo in una stanza illuminata solo dalla luce che entra da una grande portafinestra che dà sull’altro lato del giardino, nella penombra scorgiamo un albero di natale decorato con semplicità, un pianoforte a mezza coda sistemato in un angolo, e un grande lampadario di ferro battuto in stile medievale, spento. Nell’angolo a destra dell’ingresso una stretta scala a chiocciola porta giù, verso uno spazio dal quale provengono luce e suoni di voci umane. Scendiamo. L’ambiente è caldo e accogliente, tutti i 5 o 6 tavolini sono occupati da gente intenta a mangiare e chiacchierare, mentre una cameriera ci passa velocemente davanti portando piatti fumanti in direzione di in’altra stanza. Appena torna ci saluta e ci fa accomodare proprio nella stanza dalla quale è appena uscita, all’ultimo tavolo libero dei 4 disponibili. C’è anche una tavolata di austriaci che festeggiano qualcosa, sembrano una grande famiglia o forse un gruppo di una ventina di amici di varie età, tutti a chiacchierare e mangiare in allegria e soprattutto a bere, a giudicare dalla quantità di boccali vuoti sparsi sui tavoli. La stanza è semplice e bella, mura bianche e rifiniture in legno, piccole decorazioni di corna di animali alle pareti e un bel lampadario a bracci in ferro battuto dal quale pendono nastri rossi infilati in grandi biscotti natalizi dalle forme di renne e cuori. Anche le finestrelle che danno sul giardino imbiancato di neve hanno tendine appese a bastoncini di ferro dai quali scendono cuori ed animali di biscotto appesi ai nastri, che creano un’atmosfera molto familiare.

Il contrasto tra il calore interno e il freddo esterno è notevole in effetti, e in pochi minuti ci liberiamo di giacconi e maglioni sentendoci finalmente le mani ritornare calde per la prima volta in tutta la mattinata. Ordiniamo zuppa e carne e due boccali di birra da bere, e ci rilassiamo sfogliando uno dei libri illustrati a disposizione dei clienti mentre aspettiamo che ci portino il nostro pranzo. Le zuppe arrivano in enormi scodelle di metallo smaltate, così belle che me le porterei a casa, e sono decisamente gustose. La carne è presentata nei tradizionali padellini di ferro, un bello spezzatino speziato il mio, mentre lo spiedino di Luca è arrotolato come una buffa salsiccia-lecca-lecca, ma a dispetto della foggia stravagante si rivela molto buono insieme alle patate e le verdure che lo accompagnano.

Mangiamo con calma per gustare tutto e approfittare di un po’ di tempo per rilassarci, e Luca gioca con i funghetti portafortuna sparsi sul tavolo mentre io finisco il mio caffè. Si sta così bene qui, al caldo e tranquilli, che è difficile decidersi ad andare via. La tavolata di amici si è già svuotata da un po’, il tavolino vicino al nostro ha cambiato già due diverse coppie di ospiti e ora è di nuovo vuoto, la cameriera ci sorride mentre sparecchia come per chiedere se abbiamo bisogno di altro o se può portare il conto, così ci decidiamo ad alzarci. Paghiamo e usciamo a dare un’occhiata al giardino posteriore, raccolto intorno a pochi alberi e affacciato sul bosco che scende giù sul pendio del monte. E’ tutto così silenzioso e bello che pare di essere entrati in un altro mondo, e perfino lo sguardo curioso che ci lancia il piccolo cucciolo di drago accovacciato sulla soglia della porta non ci sorprende più di tanto. Risaliamo la scala a chiocciola, attraversiamo la stanza del pianoforte e usciamo di nuovo nel gelo esterno.

Sta cominciando a nevicare a fiocchi, l’aria è così bianca da sembrare violetta, tutto è immobile sotto la neve che scende lenta. Ci incamminiamo lungo il sentiero, giù per le discese ghiacciate e le scale – mai scale mi sono sembrate così fuori posto come in mezzo a un bosco – e mai così utili. Nevica piano ma non sentiamo freddo, scendiamo lentamente lungo sentieri diversi da quelli percorsi per salire su, scoprendo nuovi scorci sul bosco e sulla città che ci aspetta ai piedi della montagna.

Quando arriviamo in fondo non nevica più, tutto è bianco e luminoso, è quasi strano ritrovare tanta luce uscendo dagli alberi. Passiamo di nuovo accanto a Mozart, alla chiesa dei Cappuccini, alla piazzetta panoramica, e ridiscendiamo il Calvario al contrario fino alla nicchia dell’Annunciazione, spuntando infine fuori dall’arco che immette sulla Linzergasse. C’è molta più gente a passeggio adesso, i negozi sono aperti e anche i suoni sono tornati.

Abbiamo voglia di camminare ancora, il bosco ci ha dato energia, così decidiamo di andare a dare un’occhiata alla famosa Steingasse, che corre tra i piedi della collina del Kapuzinerberg e il fiume Salzach, un’antica strada aperta addirittura dai romani e famosa per essere la via lungo la quale nel medioevo veniva trasportato il famoso sale delle miniere che danno il nome alla città. E’ una via molto bella, non molto larga ma fiancheggiata da edifici alti ed eleganti tra i quali s’intravedono molti giardini, grazie alla vicinanza dell’acqua del fiume che in passato ne facilitava la cura. Fu anche chiusa ai lati da due porte per un lungo periodo, per difenderla dalle frequenti piene del fiume che ne allagava case e strade. Qui, in un edificio in fondo alla via sopra una stretta scala, si trova la casa natale di Joseph Mohr, che nel settecento compose le parole della famosissima canzone di Natale “Stille Nacht”. Ci sono anche un paio di edifici particolari le cui lanterne rosse di carta di riso appese all’esterno attirano decisamente l’attenzione, ma per una ragione ben diversa. Sono di fatto antichi bordelli, legali e ufficiali in città e attivi ancora oggi, anche se per il momento tutto sembra deserto e silenzioso.

Torniamo indietro lentamente e quando arriviamo in fondo alla via continuiamo oltre il ponte, e di nuovo verso il centro della città vecchia. La Getreidegasse è affollata e i negozi sono aperti sotto le loro bellissime insegne di ferro battuto, ancora una volta m’incanto di fronte alle vetrine di Trachten Stassny dove sono esposti in bella mostra splendidi abiti tradizionali, lunghe gonne in taffetà di seta e grembiuli ricamati dai colori cangianti, lilla, viola, verde, ocra, giallo acido, sfumature magnifiche per abiti tipici elegantissimi. Mi piacerebbe moltissimo indossare uno di questi vestiti per vedere che effetto fa trovarcisi dentro, ma i prezzi esorbitanti che leggo nelle vetrine mi convincono subito che stavolta questo dovrà restare un sogno…

Un altro dei negozi tipici è “Perfect”, conosciuto da tutti i turisti, dove si possono trovare decorazioni per la casa e oggetti da regalo davvero particolari, soprattutto in questo periodo natalizio. Ghirlande di fiori e nastri, cuscini e borsette a forma di animali, sciarpe e guanti di lana colorata, fermaporte di metallo dalle fogge più strane, statuine di cervi antropomorfi di tutte le altezze curatissime in ogni minimo dettaglio e assolutamente spettacolari, ma anche portafoto, alberelli, portacandele, bicchieri e oggetti in vetro e cristallo colorato a formare un bric-à-brac di oggetti assurdo e incredibilmente divertente. Mi va bene che è già chiuso, o qualcosa da acquistare lo avrei trovato certamente, qui.

In fondo alla via visitiamo la Sk Blaise Kirche, l’unica chiesa gotica ancora originale della città, con la facciata altissima e appuntita e il portone di legno bugnato. All’interno si sta svolgendo la messa, così aspettiamo di poter fare la nostra visita seduti sulle panche in fondo alla chiesa, al di qua del cancello di ferro lavorato che separa la navata dal fondo. L’interno è tipicamente gotico, pietra nuda e colonne sottili e altissime a innalzare sguardi e anime verso Dio. La navata centrale è larga quanto quelle laterali, occupata da file di semplici panche di legno perfette per l’ambiente sobrio. Dopo la fine della messa facciamo un giro fino all’altare, raccolto tra due colonne e decorato da statue di marmo di bella fattura. L’atmosfera è intima e raccolta nonostante la dimensione ampia dell’ambiente, forse sono i fiori e gli alberi decorati di lucine a rendere tutto più accogliente.

Quando usciamo dalla chiesa l’aria è scura e fredda, ma il centro brilla delle mille luci dei negozi e dei locali dove poter entrare per riscaldarsi un po’. Facciamo un giro per le viette interne, tra i passaggi coperti e le piazzette illuminate, e resto incantata davanti ad un negozio di decorazioni natalizie fatte di fiori secchi e nastri. Decine di ghirlande affollano il bancone e le pareti del piccolo negozio, che ha parte della sua esposizione anche all’esterno su un carrettino di legno protetto da un ombrellone. Ci sono ghirlande decorate da frutti e bacche, nastri e fiori che sono semplicemente meravigliose, ne comprerei almeno 3 o 4 se non avessero dei prezzi tanto proibitivi. Sono fatte alla perfezione, e capaci di creare da sole una bella atmosfera di festa in casa, ma sono decisamente troppo costose, quindi mi limito a fotografarle.

Arriviamo anche dal mitico “Candela”, nel portico sotto la Mozart Gebursthaus, dove, in un negozietto stretto e lungo, è stipata una quantità di decorazioni natalizie assolutamente impressionante: palline, angeli, campanelli, babbi sulla slitta, cuccioli di animali, frutti…. c’è di tutto, e tutto in quantità esagerata! Le vetrine esterne sono bacheche che contengono oggetti di ogni dimensione, dai minuscoli ciondoli di metallo smaltato a scene della natività grandi abbastanza per stare ai piedi di un altare, ci sono le loro famosissime palline a forma di frutta e verdura, perfettamente identiche a vere carote, melanzane, cetrioli, limoni, pere o fette di cocomero, coloratissime e divertentissime, ma anche più classici angeli di mille tipi e misure. C’è una varietà impensabile di campanelle portafortuna, e soprattutto ci sono le palline di vetro soffiato trasparenti appese ai nastri di raso, sulle quali sono state dipinte a mano semplici scene natalizie. Un angelo, una chiesetta, un albero di Natale, un bambinello, una cometa, un ciuffo di fiori rossi, c’è di tutto, e sono tutte decorazioni bellissime. Il negozio è così piccolo e pieno di oggetti che bisogna fare assolutamente attenzione a non urtare nulla per non causare disastri, ma è impossibile restare fuori senza andare a curiosare in tutte quelle ceste di meraviglie. Alla fine scelgo un piccolo angelo per la collezione di mia mamma, e Luca mi regala una bellissima pallina trasparente dalla forma particolare, rotonda e piatta come un medaglione, con su un lato l’immagine dipinta della Stille Nacht Kirche. Avrei voluto prenderne molte altre, e portarne alcune a casa in regalo ai nostri familiari, ma purtroppo questo non è il negozio giusto dove fare shopping in quantità…
Quasi in fondo alla Getreidegasse, verso Mozart Platz, raggiungiamo anche “Christmas in Salzburg”, probabilmente il negozio di decorazioni natalizie più famoso della città e tra i più famosi di tutta l’Austria, e naturalmente entriamo a fare un giro anche qui. Al contrario di “Candela” questo negozio è molto grande e spazioso, e anche questo è pieno zeppo di decorazioni di tutti i tipi e tutte le forme, un vero paradiso per gli amanti del genere come me.

Qui, oltre a un’infinità di palline luccicanti e coloratissime, angeli di vetro e di metallo, alberi di filo dorato e renne di tutte le misure, ritroviamo le uova decorate che avevamo visto a Innsbruck, ma in una quantità sbalorditiva! Ci sono interi scaffali, tavoli, ceste, alberi di queste uova, ce ne sono persino appese a grossi rami che pendono dal soffitto, tutte dipinte con motivi differenti e tutte una più bella dell’altra, rosse, blu, argentate, dorate, con i lustrini, gli strass, i nastri, i fiocchi…. una meraviglia per gli occhi.


Sono molte le persone che gironzolano per le grandi stanze del negozio con in mano i cestini dove riporre le palline scelte, ma l’ambiente è tranquillo e piacevole. Le stanze sono divise in macroreparti, c’è quello delle palline in vetro soffiato dipinte a mano, bellissime e carissime, quello degli angeli in vetro e dei decori color argento, la zona delle decorazioni rosse, quelle fatte di fili metallici dorati e anche la stanza degli ornamenti tradizionali tirolesi in paglia intrecciata abbelliti da semplici fiocchetti rossi.


E’ tutto così bello e luccicante che incanta, e quando finalmente ci decidiamo a cominciare a scegliere qualcosa si è fatta l’ora di chiusura, e dobbiamo uscire. Vorrà dire che domattina verremo qui, come ultima tappa prima di lasciare la città, a comprare qualche regalo da portare ai nostri familiari, tanto per addolcire la tristezza della fine del viaggio. Anche gli altri negozi della Getreidegasse stanno via via preparandosi alla chiusura, così torniamo verso Mozart Platz e cominciamo a pensare alla scelta di un ristorante dove gustare la nostra ultima cena austriaca. Proviamo a raggiungere il “Wilde Mann”, un po’ nascosto ma consigliato dalla guida, che però è chiuso la domenica, così torniamo lentamente verso il centro. Sono le sette e mezzo passate quando arriviamo di nuovo alla Judengasse, nel quartiere ebraico, e decidiamo di scendere le scale che portano da “Zum Mohren”, locale storico della città dove anche Mozart e Schubert in persona amavano venire a cena, e che è facilmente individuabile per la statua del Moro che regge l’insegna posta sopra all’ingresso. L’interno sembra tranquillo, l’illuminazione è discreta e la zona dove ci sistemano è poco affollata, vicino a una grossa stufa di maiolica arancione tradizionale. I modi di fare dei camerieri sono quelli un po’ bruschi e distaccati tipici dell’Austria, ma ormai ci stiamo abituando anche a questo e non ci facciamo troppo caso. In compenso il cibo è buono, in particolare la mia zuppa di zucca, ma anche la minestra a base di carne di Luca ha un ottimo sapore, e il cestino del pane permette di scegliere tra una grande varietà di formati e gusti diversi, una cosa che mi piace sempre molto. Anche il pesce con le patate è buono, accompagnato da una scelta di salse e verdure in agrodolce davvero sfiziose che gustiamo con piacere.

Mentre mangiamo le nostre portate vedo passare su un vassoio un piatto di tortellini pericolosamente pallidi sul punto di annegare in un laghetto di panna liquida, e ringrazio la nostra curiosità e adattabilità che ci fanno sempre scampare questo tipo di pericoli. Visto che è l’ultima sera qui, ci concediamo anche il dessert per festeggiare e tenere alto il morale, una classica Sacher con panna per Luca e un buonissimo strudel tiepido con marmellata e gelato per me, entrambi deliziosi. La tiriamo in lunga finché possiamo mangiando e chiacchierando, ma alla fine ci dobbiamo arrendere, e chiediamo il conto.

Quando usciamo è tardi e fa freddo, ma il centro è ancora illuminato. Solo nel tratto di strada più vicino all’hotel le vie sono più buie, ma il traffico è davvero scarsissimo e passeggiamo senza problemi. Vicino alla rotonda che porta al nostro albergo incontriamo due ragazze dai tratti orientali che trascinano le loro valigie con un’aria smarrita, e che ci fermano per chiedere indicazioni. Sono appena arrivate dalla stazione e stanno cercando il loro hotel, ma è buio, non conoscono affatto la zona e non hanno una cartina da poter consultare per orientarsi. Apriamo subito la nostra guida e la piccola mappa della città che mi porto dietro da giorni e tutti insieme cerchiamo di capire dove siamo e quanto dista la via che devono raggiungere. Veniamo a capo della cosa in pochi minuti di consultazioni e scopriamo che devono camminare ancora neanche cento metri per arrivare finalmente a destinazione. Le ragazze ci ringraziano più volte e sembrano molto contente di aver trovato aiuto a quest’ora di sera in questa zona semideserta, e anche noi siamo felici di poter essere stati utili a quelle giovani giapponesi per le quali la vacanza salisburghese sta solo cominciando. E’ come se stessimo passando loro il testimone di questo viaggio che loro proseguiranno al posto nostro, meravigliandosi di tutto quello che ha meravigliato noi e riempiendosi gli occhi di questa bellezza austera che ci ha lentamente conquistati.
E’ una bella sensazione, che rende meno triste e definitiva la nostra partenza. La vacanza è finita e tra poco riprenderemo la routine quotidiana, ma di certo conserveremo bellissimi ricordi di queste città illuminate da migliaia di luci e del loro fascino antico. E soprattutto, porteremo con noi la magia dello spettacolo della neve, con la speranza che sotto questa magnifica coltre candida covi un anno pieno di cose buone.