Il mondo di Sally

L'importante non è cosa guardi, ma cosa vedi
 
Il mondo di Sally

Sabato 1 gennaio 2011: Festung Hohensalzburg – centro – concerto al Mirabell Schloss

Un nuovo anno comincia, e vogliamo cominciarlo dall’alto. Così di prima mattina, dopo una colazione lenta tra facce assonnate, ci incamminiamo verso la famosa Festung Hohensalzburg, forse la principale attrazione della città. Dobbiamo ripercorrere tutto il tratto che porta in centro, ma stamani le auto in giro sono pochissime e i passanti ancora meno. Il cielo è un telo bianco senza il minimo spiraglio di azzurro, gli alberi sono innevati, e sui marciapiedi tappi di sughero e rare bottiglie testimoniano la baldoria della notte appena passata.

In centro è incredibilmente già tutto pulito, non c’è quasi traccia della marea di gente che ha ballato e brindato qui fino all’alba, eppure era davvero una folla. Sono sinceramente stupita da tanta efficienza, sono già spariti sia i segni della festa che coloro che li hanno cancellati così abilmente, e non sono ancora le dieci. Percorriamo la Getreidegasse per tutta la sua lunghezza, i negozi sono chiusi e il silenzio è disturbato solo dal fruscio degli scarponi di pochi altri mattinieri come noi.

Le bellissime insegne in ferro battuto tipiche del centro storico decorano le facciate dei palazzi segnalando ristoranti e negozi, e facendo di questa antica via una delle più famose di tutta l’Austria.

E’ bello vedere come il nuovo ha saputo integrarsi perfettamente con l’antico in queste insegne elaborate tipiche di un altro tempo, in cui botteghe artigiane o Biesl ottocenteschi si alternano a Zara o McDonald’s nel pieno rispetto dell’atmosfera salisburghese più classica.

Arriviamo lentamente fino a Mozartplatz e la superiamo, diretti alla stazione della teleferica che porta in cima alla famosa rocca. Per raggiungerla attraversiamo il Petersfriedhof, un piccolo cimitero antichissimo e molto conosciuto, luogo di sepoltura noto da oltre un millennio dove si trovano anche una serie di catacombe paleocristiane scavate nella roccia che purtroppo oggi sono chiuse. La chiesetta di St. Peter se ne sta lì da una parte, muta e chiusa anche lei, a guardia di piccoli gruppi di tombe sparsi qua e là in quello che in estate dev’essere un giardino, ma che ora non è altro che un tappeto di silenzio bianco steso sopra alle pietre. Non è il primo cimitero coperto di neve che vedo, ma ogni volta l’effetto è lo stesso. La mente corre al racconto di Gabriel e alla sua neve redentrice che cade su tutti, e la sensazione è sempre quella: pace, protezione, salvezza. Se potessi sapere che un giorno non sarò ricoperta di terra scura ma di neve invece, bianchissima e lieve, mi sembrerebbe tutto molto meno terribile. Piccole coperte soffici vestono le pietre tombali di uno strato candido come un piumone, lasciando libere solo croci sottili, cippi, ornamenti in ferro battuto abbelliti da fregi dorati e nomi scritti in vecchie calligrafie svolazzanti. Nella neve pochi lumini spenti, e mucchietti di rami stesi a proteggere i morti dal gelo. Su alcune tombe ci sono perfino mini alberelli di Natale decorati di fiocchetti rossi, perché ogni luogo ha il suo modo di dimostrare che chi è ricordato non se n’è mai andato. Da una parte, a lato del vialetto, qualche bambino ha messo su una specie di pupazzo di neve grasso e buffo, con dei rami sottili per braccia e una grande bocca sorridente. Lo guardo e mi piace trovarlo qui, secondo me non dispiace neppure ai morti la compagnia di quest’omino che ride. Per non dimenticare che tanto, alla fine, la vita stravince, c’è poco da fare, bastano dei bimbi e un mucchietto di neve fresca per dimostrarlo.

All’uscita dal silenzio del cimitero saliamo fino alla stazione della funivia che porta alla Fortezza, e notiamo subito che c’è più gente qui, compresi molti italiani. Facciamo i biglietti (10,50€ a testa per l’ingresso e il trenino andata e ritorno fin lassù), e mi diverto a passare in giro il mio happy new year ogni volta che mi capita. La teleferica di fatto è un treno a vagoncini molto moderno che s’inerpica per la ripidissima salita in pochi minuti, portandoci agilmente in cima alla rocca che domina la città. Lì per lì fa un po’ impressione questo viaggio ritto e veloce, ma appena scesi comprendiamo che vale assolutamente la pena affrontarlo. Affacciarsi dagli spalti delle mura è come trovarsi di fronte ad un quadro immenso che raffigura Salisburgo in ogni suo minimo dettaglio – un Canaletto nordico con la neve al posto dell’acqua – con la sola differenza che qui è tutto vero. I tetti a punta delle chiese, la cupola verde del Duomo, la miriade di finestrelle che si aprono sulle facciate dei palazzi, i ciuffi di alberi spogli, i nastri grigi delle strade che s’incrociano, e il serpente addormentato del fiume, in fondo, placido e vivo nell’aria nevosa. Uno spettacolo bellissimo, che per un po’ riesce a farci dimenticare anche del freddo pungente.

Giriamo gli spalti salendo fino a un terrazzino che è un punto panoramico imperdibile per tutti i visitatori e facciamo un po’ di foto, quindi raggiungiamo il gruppo di persone che sta facendo la fila per ricevere le audioguide e cominciare la visita dell’interno della fortezza. C’è molta gente e si entra a gruppi, quindi dobbiamo aspettare un po’, ma alla fine riceviamo il nostro apparecchietto e seguiamo diligenti il ragazzo che si occuperà di noi. Che in realtà non farà nulla di più che aprire e chiudere le porte delle varie stanze dei bastioni che visitiamo con le chiavi che custodisce in una strana valigetta, e controllare che nessuno tocchi nulla o rimanga indietro. Il resto lo fa la voce dell’audioguida, che ci fornisce dettagli storici, tecnici e aneddotici su tutto quello che vediamo. Camminamenti, magazzini, celle, stanze della tortura, torrette di avvistamento esterne che regalano una vista sulla città assolutamente strepitosa.

La parte forse più interessante è quella del museo del reggimento dove si ripercorre la storia delle truppe che hanno occupato questa fortezza nel corso dei secoli, con un’ottima esposizione di lance, spade, fucili, tamburi e bandiere.

In una sala è stata ricostruita in maniera molto suggestiva la scena di un’antica battaglia, con i soldati impersonati da manichini di metallo che impugnano lance, scudi ed elmi, presi dalla furia del combattimento e pronti a tutto per difendere la loro postazione.

Da questi soldati stilizzati si risale nel tempo a reggimenti più vicini alla nostra storia, comprese le truppe che hanno combattuto nella Grande Guerra, con i loro fucili originali, gli elmetti, le attrezzature da campo e i primi strumenti per le comunicazioni via radio.

Attraversiamo anche alcune sale dove sono conservati bellissimi pezzi di mobilia antica che arredavano le stanze dei soldati più alti in grado, tra cui una grossa stufa minuziosamente decorata e un letto a baldacchino in legno scolpito davvero sorprendente.

Da qui passiamo in una zona un po’ impressionante riservata agli strumenti di tortura, da quelli medievali a quelli più recenti, dove, in eleganti teche di vetro illuminate come quelle delle gioiellerie, fanno mostra di sé oggetti spaventosi: maschere di ferro luccicanti dall’interno chiodato, pinze metalliche, spaccaossa, macchine di legno per mettere i prigionieri alla gogna, sedie da tortura e perfino alcune cinture di castità di ferro battuto incredibilmente lavorate. Davvero inquietante.

All’ultimo piano visitiamo la parte più famosa e preziosa della rocca, le sale di rappresentanza dei Vescovi Principi che hanno avuto qui la loro base politica e amministrativa per molti secoli. E a giudicare dalla ricchezza e dalla bellezza delle decorazioni degli ambienti, si comprende quanto grande e potente dovesse essere l’influenza di questi Vescovi nel periodo della loro dominazione. Le sale sono completamente rivestite il legno prezioso, con massicce colonne tortili, stufe decorate in maniera straordinariamente ricca, soffitti a cassettoni dipinti di turchese e punteggiati di stelle dorate, per un effetto finale davvero notevole.

Nell’ultima sezione vediamo la ricostruzione di una cucina con tutti gli accessori d’epoca, un enorme caminetto per cuocere i cibi, attrezzature in ferro, legno e coccio, pentole di rame, otri per il vino, e un tavolo intagliato con le sue sedie originali veramente stupendo.

All’uscita ripercorriamo i corridoi interni che portano alle feritoie, ognuna delle quali ospita un cannone originale puntato sulla città a difesa della roccaforte, e arriviamo fino all’ingresso del Museo delle Marionette, la cui visita è compresa nel prezzo del biglietto. Si tratta di un piccolo museo situato in ambienti scavati direttamente nella pietra delle mura della fortezza, dove, in piccole teche di vetro, sono esposte antiche marionette che raffigurano vari personaggi protagonisti delle più famose opere mozartiane, dalle damine ai servitori, dai diavoli ai cherubini, dai cavalieri alle creature fantastiche del Flauto Magico. Una mostra davvero interessante, e soprattutto un allestimento reso affascinante dall’ambiente e dalla musica che ci accompagna in sottofondo.

Alla fine usciamo di nuovo fuori, nell’aria gelida che si è fatta ancora più bianca. Facciamo un ultimo giro prima di deciderci a scendere, e restiamo un po’ ad ammirare la vista di Salisburgo dagli spalti. La Fortezza ci è piaciuta dopo tutto, l’ingresso è un po’ costoso ma lo spettacolare panorama che si gode da qui vale da solo il prezzo del biglietto. Riprendiamo il trenino che ci riporta giù e in pochi minuti siamo di nuovo in città, tra il Duomo e la via principale. Giriamo un po’ per il centro, ci sono molti più turisti per le strade adesso, pare che voglia nevicare ma non si decide.

Ci accorgiamo solo ora che si è fatto tardi, e abbiamo fame. Qui non è facile trovare da mangiare qualcosa di più di una fetta di torta e una tazza di cioccolata calda fuori dall’ora canonica di pranzo, per cui alla fine ci pieghiamo all’opportunità più semplice che incontriamo sulla nostra via ed entriamo da McDonald’s. Ci capita di farlo almeno due o tre volte l’anno, vuol dire che in questo 2011 ci siamo già messi avanti con la media. Mangiamo e soprattutto ci riscaldiamo un po’ cercando l’itinerario da fare dopo, mentre tutto intorno a noi un viavai di turisti porta un frullo di sciarpe e cappelli fuori e dentro dal locale. Cerchiamo sulla mappa della città il percorso da seguire per raggiungere il cimitero di St. Sebastian accanto alla omonima chiesa, dove si trovano le tombe dei familiari di Mozart, e scopriamo che è in una zona che non abbiamo ancora visitato, così decidiamo di provare ad andarci subito. Attraversiamo il fiume e percorriamo la Linzergasse fino alla piccola chiesa, facilmente riconoscibile, ma quando arriviamo all’ingresso del cimitero scopriamo che è già chiuso per via dell’orario invernale, così decidiamo di riprovare domattina. Torniamo indietro passeggiando lungo questa via nuova fino allo Schloss Mirabell, ma anche per il concerto è ancora troppo presto, così seguiamo le indicazioni della brochure e andiamo fino all’Hotel Sheraton a chiedere se hanno dei biglietti disponibili per stasera. Entriamo nella Hall decorata da grandi alberi di natale e pacchi luccicanti posati sui tappeti e chiediamo informazioni alla signorina della Reception, mostrandole quanto indicato nel nostro volantino. Lei sembra non sapere nulla di questa possibilità di prenotazione, ma prende gentilmente la brochure e fa subito una telefonata scoprendo che c’è ancora disponibilità di posti per stasera e che potremo fare il nostro acquisto direttamente al Castello prima dell’inizio del concerto. La ringraziamo rincuorati e usciamo di nuovo nel buio della sera, che è calata in fretta. Visto che abbiamo tempo decidiamo di andare a mangiare qualcosa nei dintorni dello Schloss, e troviamo un piccolo ristorante tipico proprio dall’altro lato della strada dove hanno già cominciato a servire la cena. I gestori sono molto gentili e ci portano in fretta le nostre ordinazioni, zuppe calde, pane ai semi misti, spezzatino di carne e knödel con verdure, un ben di Dio esagerato che non ci aspettavamo in queste quantità e che gustiamo con piacere in attesa dell’orario di apertura della biglietteria.

Quando usciamo dal Mundenhamer sono quasi le 7 e mezzo, e finalmente c’è movimento all’ingresso del Castello. Saliamo nuovamente la splendida Scala degli Angeli, e questa volta la porta d’accesso alla sala che fa da anticamera e guardaroba alla Marmorsaal è aperta. Molte persone stanno cambiando le loro prenotazioni in biglietti e altre li stanno acquistando adesso, proprio come facciamo noi pochi minuti dopo (29,00€ cad). Il programma di stasera comprende tra le altre musiche di Mozart, Paganini, Dvoràk e Strauss figlio che saranno eseguite dai musicisti del gruppo Salzburger Solisten , giovani virtuosi maestri di violino e violoncello accompagnati dal flautista italiano Sergio Zampetti. Quando finalmente entriamo nella Marmorsaal, comprendiamo il perché della sua fama. Più piccola di quanto mi aspettassi, è comunque una sala splendente di marmi rosa e stucchi dorati, fregi, riccioli, colonne capitelli e putti, tutto illuminato da una pioggia di luce che scende da grandi lampadari di cristallo. Una sala elegantissima, contenitore perfetto per la musica luminosa che accoglie tra le sue mura da oltre due secoli.

La platea di sedie imbottite si riempie in fretta di spettatori arrivati da ogni parte del mondo per godersi questo primo concerto dell’anno, l’atmosfera è intensa e carica quanto basta – ad avere gli abiti giusti e un’acconciatura un po’ alta, ci si potrebbe persino aspettare che entro pochi minuti le porte dorate si apriranno e Leopold Mozart entrerà orgoglioso accompagnando i suoi piccoli geni a regalar prodigi al pubblico adorante, come del resto è accaduto più volte in questa sala. Non è Leopold che entra stavolta ma delle giovani musiciste invece, ragazze molto giovani e molto belle, che con energia e talento straordinari cominciano a regalarci quella stessa antica magia, rimasta intatta a distanza di 200 anni. Suonano tutte in maniera impeccabile e coinvolgente, guidate da un primo violino che potrebbe essere una modella per grazia ed eleganza e accompagnate dal fuoco di una violoncellista che disegna con le sue note profonde il binario perfetto sul quale seguire con la massima esattezza anche le volute più arricciolate dei ghirigori di quei pentagrammi. Quando poi tocca a Zampetti, col suo assolo di flauto traverso, la Marmorsaal sembra trasformarsi al suono dorato delle sue note in una bolla di musica lievissima che riempie magicamente le pareti, facendole via via dilatare e gonfiare come il tessuto di una mongolfiera, fino a colmarla, e tenderla, e sollevarla da terra con tutto il suo pubblico, facendola volare via in un soffio leggero. Sembra fatta apposta per il flauto, la musica del settecento, guizzante d’oro lucido e vivace, leggera e svelta come una fata, densa di sfumature e incantevole come solo Mozart sapeva renderla. Meraviglia pura, e Zampetti ci mette tutto il suo talento per farcela gustare fino in fondo. La seconda parte del concerto si apre con Paganini omaggiato dai violini perfetti di due ragazze fantastiche, per proseguire poi con i valzer, immancabili in ogni serata di Primo dell’anno che si rispetti, trascinanti, briosi, energici, allegri, tanto potenti e belli da riuscire a farti girar la testa anche da seduta. Alla fine è un trionfo per i musicisti tutti, le ragazze sono chiamate più volte a prendersi il loro meritatissimo applauso e ci regalano gli immancabili bis prima di salutarci definitivamente.

Che cosa meravigliosa avere un talento e la capacità di metterlo a frutto, faticando anche molto magari, ma riuscendo poi a raccoglierne i frutti preziosi: vivere della propria passione, fare dono della bellezza a chi vuole goderne, avere la consapevolezza di essere stati capaci di farlo. La notte è buia e lucida di gelo fuori dallo Schloss Mirabell, ma il calore e la luce della musica che ha appena danzato davanti ai nostri occhi ci accompagnano dolcemente fino all’Hotel. E’ stata una bellissima serata di emozioni questa, di quelle che ricorderemo socchiudendo gli occhi in un piccolo sorriso. Speriamo che, in questa notte per noi doppiamente speciale, questa sia stata la maniera giusta per cominciare un anno nuovo di zecca. Auguri. Vale per tutto.

Venerdì 31 dicembre 2010: Mirabell Schloss – case di Mozart – St. Jakob Dom – Residenz Franziskaner Kirche – capodanno in piazza

La notte scivola gelida e silenziosa al di là dei vetri della nostra stanza. Facciamo colazione a buffet nella sala del Hohenstauffen, ha nevicato ancora ma adesso è solo un po’ grigio e non dovrebbe peggiorare. Poi decidiamo di uscire a piedi, il ragazzo di ieri sera ci conferma che anche se qui non siamo proprio nella Alte Stadt, arrivarci è semplice, una passeggiata di 10 minuti, e ci convince che non vale la pena cercare un autobus. E poi camminando si sente meno il freddo… così infiliamo cappelli e guanti e ci avviamo. Oltrepassiamo una rotonda, passiamo sotto ad un cavalcavia, costeggiamo la strada fino al Palazzo dei Congressi e ci ritroviamo nel parco, al Mirabellgarten, il giardino dello Schloss Mirabell, il grandioso castello cittadino costruito nel XVII secolo. Questo è certamente uno dei giardini più famosi d’Austria e forse d’Europa per l’eleganza delle molte statue e fontane sistemate lungo i vialetti e per la bellezza delle aiuole solitamente fiorite. Ma oggi il suo incanto è dovuto ad altro, l’unico colore visibile è il bianco candido della neve che ricopre tutto come un lenzuolo steso a proteggere dalla polvere, in attesa che la Primavera torni a spalancare le finestre e a riportare luce e colori a questi giardini.

Entriamo sotto il portico del palazzo e saliamo su fino al primo piano lungo la Scala degli Angeli, una scalinata di marmo decorata da bellissimi putti scolpiti che conduce alla Marmorsaal, 1 la sala da ricevimento più fastosa dello Schloss dove da sempre si tengono feste e concerti e dove ancora oggi si fa musica regolarmente. Una locandina ci informa che anche domani sera, primo dell’Anno, ci sarà un concerto per archi e flauto con giovani musicisti di fama internazionale, così decidiamo di andare subito a cercare i biglietti presso la biglietteria della Mozart Wohnhaus, non molto distante, approfittandone per visitare anche la casa, che in realtà è la casa dove la famiglia Mozart si spostò nel momento in cui la casa natale del compositore divenne troppo scomoda perché potessero viverci tutti insieme in maniera decente. E’ conosciuta anche come la Casa del Maestro di Danza, situata vicino al Landestheater, perché prima di diventare un’abitazione privata i locali erano utilizzati da un maestro di ballo per tenere le lezioni ai suoi allievi, e solo dopo che lui si ritirò da questa attività divenne la casa dei Mozart.

Facciamo il biglietto (7,00€ a testa) che comprende un’audioguida in italiano e cominciamo la nostra visita attraverso i vari ambienti, ricostruiti completamente dopo che furono bombardati nel 1944. Si tratta di una serie di sale che contengono teche con esposti oggetti appartenuti alla famiglia Mozart e al genio della musica in persona, libri di musica, lettere al padre, spartiti (purtroppo tutti in copia), c’è perfino una prima edizione del manuale di violino scritto da Leopold Mozart e divenuto famoso all’epoca come uno dei migliori manuali per l’insegnamento di questo strumento. Ci sono ritratti di Wolfgang e della sorella Nannerl al tempo in cui giravano l’Europa dando concerti presso le maggiori casate reali, e la ricostruzione dettagliata degli innumerevoli viaggi che il padre fece con i suoi due piccoli prodigi. Le sale sono molto belle e ben curate, e anche se in realtà Mozart ha viaggiato per oltre un terzo della sua breve vita soggiornando praticamente ovunque tra l’Inghilterra e l’Ungheria e tra l’Italia e la Germania, questa raccolta aiuta a farsi un’idea di come poteva essere l’atmosfera delle sue giornate a Salisburgo. La visita termina con una proiezione di circa mezzora che ricostruisce tutta la vita e i successi del grande compositore, accompagnata in sottofondo da alcune delle sue più meravigliose arie d’opera. Purtroppo non abbiamo potuto acquistare i biglietti per il concerto alla Marmorsaal perché oggi è un giorno festivo e la cassa è chiusa, ma dovremmo trovarli domani sera presso la sala stessa poco prima dell’inizio dello spettacolo. All’uscita dalla casa di Mozart proseguiamo verso il centro e passiamo davanti all’Hotel Sacher, uno dei più conosciuti ed eleganti della città, che sfoggia nelle sue vetrine meravigliose confezioni della più famosa torta al cioccolato del mondo, infiocchettate e decorate come piccoli gioielli. Abbiamo provato l’anno scorso a Vienna la vellutata squisitezza di questo dolce nella sua versione originale, e non la potremo mai dimenticare.

Poco più avanti troviamo finalmente il ponte pedonale che attraversa il fiume Salzach e porta dritto alla Alte Stadt, il cuore della città vecchia, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1996.

Entriamo in centro all’altezza della Rathaus e da lì scendiamo lungo la Getreidegasse, la via principale, dove si trovano i palazzi più importanti e i negozi più belli, e notiamo subito che questa è anche la via più affollata dai turisti. Circa a metà, all’altezza del civico numero 9, si trova la famosa Mozart Geburtshaus, la casa natale del compositore che nacque qui nel gennaio del 1756, e ci mettiamo in fila per fare il biglietto.

Chi ha già visitato anche l’altra casa ha diritto a fare il combi-ticket, e pagare solo 5,00€ invece di 7,00€. C’è parecchia gente, ed è inevitabile se si considera che da qui passano circa 400.000 appassionati di musica classica ogni anno. Moltissimi sono gli italiani e i giapponesi, ma in effetti i visitatori arrivano da ogni parte del mondo a tenere in vita la leggenda mozartiana a distanza di oltre 250 anni. Questa casa è più piccola dell’altra ma anche più intima, ci sono molti aggetti originali appartenuti alla famiglia e l’atmosfera è veramente suggestiva. Fa uno strano effetto vedere la minuscola cucina dove si preparavano i pasti, tutta di mattoni a vista e attrezzata solo di poveri accessori, e poi le stanze con i pavimenti irregolari e i semplici mobili. Nella semioscurità delle stanze solo le teche in vetro sono illuminate per esporre con più risalto semplici effetti personali, come piccoli gioielli e ciocche di capelli. Spicca tra le altre cose una meravigliosa giacca redingote di seta rosa un po’ consunta, dalla quale s’intuisce la corporatura minuta di Mozart e la sua passione per gli abiti raffinati, ma anche un piccolo borsello a scomparti di seta ricamata, molto liso, che pare lui portasse con sé anche il giorno della sua morte. Ci sono famosi dipinti in cui Wolfgang e la sorella sono ritratti in vari momenti della loro carriera di musicisti, libri, lettere e diversi strumenti originali sui quali il piccolo Mozart componeva la sua musica fin dall’età di 3 anni. Il minuscolo violino appeso con fili invisibili in un cilindro di vetro è di una bellezza commovente, pensare che le sue dita bambine hanno tratto una musica nuova da quello strumento oltre due secoli fa lascia incantati. Ci sono anche curiose ricostruzioni delle scenografie di alcune rappresentazioni delle sue opere più famose, complete di bozzetti, costumi, quinte e musiche in sottofondo. Ma il pezzo più bello lo troviamo proprio alla fine del nostro giro, nell’ultima sala, dove, vicino alla parete di fondo, è sistemato un antico clavicordo, lineare, elegante, semplicissimo, e soprattutto: originale. Questo è lo strumento vero sul quale Mozart ha composto alcune delle sue opere maggiori, tra cui Le nozze di Figaro e Il flauto magico. Da questi tasti col silenziatore sono nate le melodie immortali che ancora oggi stregano il pubblico di tutto il mondo, su questo piccolo strumento domestico il più grande genio della musica classica chinava gli occhi e lasciava scivolare le dita ispirate da chissà quale misterioso talento per creare la sua bellezza eterna. Non mi sembra possibile essere così vicina a questa meraviglia e non poterla neppure sfiorare, essere a un passo da un pezzo di storia della cultura umana e dovermi fermare senza poterlo raggiungere. Non posso neppure scattare una foto, niente foto all’interno della casa, una signora con tanto di divisa e borsetta sulle ginocchia siede vigile nei pressi del clavicordo per assicurarsi che nessuno osi trasgredire alla sacra regola. Lo avrei fatto volentieri invece, avei decisamente trasgredito in questa occasione, e mai come questa volta mi dispiace che il controllo sia così efficiente. Ma in fondo, non importa. Anche solo poter vedere questo strumento da vicino è un’emozione straordinaria che lascerà la sua traccia in me, insieme a mille domande. Chissà quando è stata l’ultima volta che delle dita esperte sono scivolate su questa piccola tastiera per trarne la stessa voce un tempo evocata dal tocco magico di Mozart, e chissà se la sera, quando tutti i visitatori se ne vanno, qualcuno suona ancora su questi tasti qualche volta, liberando le sue note antiche nella pace delle stanze finalmente vuote. Spero di sì. Sarebbe un vero peccato, se questo fosse ormai uno strumento ridotto a un infinito silenzio.
Per uscire dalla casa passiamo attraverso il piccolo shop, dove turisti di tutto il mondo curiosano tra carillon che suonano Eine Kleine Nachtmusik e scatole rosse di Mozartkugeln, e acquistiamo un piccolo orsetto in abiti settecenteschi, alto solo pochi centimetri ma incantevole. Avevamo visto questo stesso pupazzetto a Vienna l’anno scorso ma nello shop dove era esposto non era in vendita, così avevamo dovuto rinunciare. Ritrovarlo qui ora ci regala la possibilità di approfittare della nostra seconda chance, e non ce la facciamo scappare. Quando usciamo fa freddo, ma c’è molta gente in giro. Passeggiamo ancora per il centro e torniamo verso la Collegiata, la chiesa dell’Università, una bella chiesa barocca dalla facciata curva fiancheggiata da due torri sormontate da cupole, veramente elegante. L’interno è spazioso e luminoso, e scopriamo che in questi giorni lo spazio centrale al di sotto della grande cupola è sede di un’installazione molto particolare. Sul pavimento è stato steso un grande cerchio di sabbia sul quale calano dall’alto centinaia di sottilissimi fili quasi invisibili, ognuno dei quali sembra essere collegato a un piccolo mucchietto di sabbia che si solleva leggermente nel punto in cui il filo lo tocca, quasi che il filo lo avesse agganciato e lo stesse tirando su. L’effetto di questi piccoli mucchietti che si sollevano, ripetuto per centinaia di volte, crea un’impressione generale di leggerezza che contrasta con la possente struttura barocca della grande chiesa, senza però risultare sgradevole.

L’impressione è quella che danno sempre due cose molto diverse quando vengono messe vicine, un piccolo senso di smarrimento, come di qualcosa che sia stata persa nel posto sbagliato e nessuno se n’è accorto, però si vede bene che quel qualcosa non c’entra niente lì, non è che una cosa sia più bella e una meno, è solo che sono proprio cose diverse, c’è poco da fare, e messe vicine riescono solo a sovrapporsi, ma non ad assomigliarsi. Fa un effetto strano, questo piccolo deserto nella cattedrale, dà l’impressione che lo spazio interno sia ancora più vuoto di quanto non sia in realtà. All’uscita attraversiamo il mercatino di dolciumi e maialini portafortuna e raggiungiamo di nuovo il Duomo, che visto da vicino appare imponente. Al centro della piazza antistante c’è un monumento del quale non riusciamo a vedere i dettagli, perché è stato chiuso dentro una piramide di vetro che lo protegge dal gelo. Non è la prima statua in serra che vediamo qui, segno che il freddo da queste parti fa sul serio e costringe gli abitanti a prendere provvedimenti efficaci per preservare i propri tesori artistici.

La Cattedrale, alta e sobria nonostante l’origine barocca, mostra una facciata molto ampia sulla quale si aprono ben tre portali gemelli, ed è fiancheggiata da due torri altissime, dritte e rigide come sentinelle, su ognuna delle quali è fissato un grande orologio proprio al disopra della seconda finestra. Sui tre portali sono inscritte tre date, a rappresentare i tre momenti salienti della storia di questa chiesa che nell’arco dei secoli ha subito danni gravissimi che l’hanno ridotta in macerie, costringendo i salisburghesi a ricostruirla ogni volta da capo. Se il 764 del portale di sinistra, anno della prima fondazione, rende l’idea dell’importanza storica e spirituale di questo sito, e il 1628 del portale centrale ricorda la ricostruzione dopo la distruzione causata dall’incendio appiccato dalle truppe di Barbarossa, sorprende leggere la data 1959 sul portale di destra, una data così vicina a noi su un edificio ultra millenario, che sta lì a ricordare la fine dei lavori di restauro dopo i pesanti bombardamenti subiti dalla chiesa durante la seconda guerra mondiale. Mi piace, questa fila di date di bronzo avvitate sulla pietra a scandire una storia di eterna distruzione e rinascita, testimoni della caparbietà e della forza di questa cattedrale che non accetta sconfitte da nessun tempo. L’interno è ampio e più luminoso del previsto, la navata porta a un altare imponente circondato da decorazioni elaborate che stridono con la linearità della struttura dell’edificio. Tra gli elementi presenti all’interno spicca il grande organo a canne, uno dei più grandi organi da musica polifonica barocca d’Europa, ancora utilizzato in occasione dei concerti sacri che si tengono regolarmente in questa città pervasa dalla musica in ogni angolo. La cupola, dalla struttura geometrica, è decorata da affreschi dipinti con colori vivaci che ne ammorbidiscono le linee austere e la rendono leggera, tanto che, a guardarla, ci si sente sollevare facilmente fino ai suoi oltre 30 metri di altezza. Completiamo il giro delle cappelle laterali e alla fine troviamo un altro dei pezzi imperdibili di questo luogo, un antico fonte battesimale di straordinaria bellezza che è lo stesso al quale fu battezzato Mozart. Si tratta di un fonte dalla forma classica di bacile profondo, in bronzo scolpito, decorato sul bordo da un motivo a onda che lo fa assomigliare a una corona medievale, poggiato su quattro leoni distesi. Un pezzo straordinario nella sua essenziale semplicità, uno dei più belli che mi sia capitato di vedere.

Dopo la visita al Duomo ci prendiamo un dolce fritto gigante tipo ciambella zuccherata e un bicchiere di Gluhwein in piazza per scaldarci un po’, quindi decidiamo di visitare anche il vicino palazzo della Alte Residenz, sulla Residenzplatz, dove già si cominciano a preparare bancarelle di cibi e bevande calde e un palco per i festeggiamenti di questa notte. Non c’è coda alla biglietteria (7,50€ a testa compresa audioguida) e possiamo fare il giro delle stanze in tutta tranquillità. Questo era il palazzo di rappresentanza dei Principi Vescovi della città prima che Salisburgo fosse definitivamente annessa all’Austria, e aveva il ruolo di accogliere gli ospiti diplomatici di più alto prestigio invitati dai potenti locali. Per quanto non immenso come i palazzi imperiali di Vienna, la Residenz è decisamente un gioiello per la cura e la raffinatezza dei suoi saloni, tutti splendenti di decorazioni pittoriche grandiose, pavimenti in legni preziosi, arazzi, tessuti di broccato, arredi fastosi, stufe, ritratti e sculture. I saloni di udienza sono particolarmente impressionanti, mentre nel salone da musica, dove un piccolo Mozart tenne il suo primo concerto all’età di soli 6 anni, si stanno allestendo strumenti e sedie per il concerto di stanotte.

Oltre al fasto delle sue stanze, la Residenz è famosa anche per la sua ricca galleria d’arte, che comprende una vasta collezione di opere di pittori europei realizzate tra il 1500 e il 1800. Giriamo nelle stanze insieme a pochi altri visitatori, colpiti dalla quantità e dalla qualità dei dipinti raccolti in questa collezione privata. Ritratti, marine, nature morte, scene religiose, paesaggi, c’è veramente di tutto tra i soggetti, ma tra tutti, scelgo di portare idealmente con me un quadro piccolo e grandioso, che nonostante la dimensione minuta risplende come un faro di luce. E’ la “Vecchia in preghiera” di Rembrandt, il ritratto di una donna molto anziana con il capo coperto da un velo color porpora che si staglia a malapena sullo sfondo buio, e le mani giunte in preghiera. Il volto è l’unica parte in luce, una luce che pare emanare da lei come la fiamma di una candela, attraverso quella pelle di cera sulla quale la vita ha inciso una mappa infinita di segni. Lo sguardo cade basso dalle orbite infossate, la bocca socchiusa s’intravede ormai sdentata, il mento è cadente, eppure la luce che scende dal volto disfatto sulle mani rugose è una luce di dolcezza. Le mani sono giunte in un gesto di un’ingenuità assolutamente infantile che contrasta con i segni che il tempo ha lasciato sulla pelle vizza, e l’effetto che ne risulta è quello di un’infinita tenerezza, una perfetta purezza di cuore che diventa l’origine e il fulcro da cui emana la luce che illumina questa umile preghiera. Una piccola immagine veramente commovente, in cui si mescolano vita e morte, oscurità e luce, semplicità e ignoto. Bellissima. Quando usciamo è scuro, e fa freddo. Un palco è stato montato dietro al Duomo, dal quale musicisti e cantanti intratterranno il pubblico durante il veglione di stanotte. Camminiamo ancora verso la Getreidegasse, e poi verso la Franziskanerkirche. La chiesa si affaccia su una piazzetta intima e raccolta che sul fondo è molto animata, un ristorante tradizionale ha messo su un piccolo ritrovo all’aperto decorato di rami di abeti, lucine, e renne infiocchettate, con al centro un bancone dove si possono acquistare vin brulé, birra o piccoli snack che saranno l’aperitivo per l’imminente cenone. C’è molta gente che chiacchiera e ride, e tutti scattano foto alla slitta natalizia carica di pacchetti lucenti, l’atmosfera è di festa e si comincia a sentire nettamente che la serata che si prepara è una di quelle speciali. La Franziskanerkirche è uno degli edifici più antichi della città ed è bella già dall’esterno, con il tetto a punta e il campanile sottile ritto al suo fianco, con la neve tutt’intorno e le luci natalizie in giro somiglia a una di quelle piccole chiesette che si vedono nei presepi classici. Ma prima di poter visitare l’interno dobbiamo aspettare un po’, si sta svolgendo la messa e nella chiesa c’è una folla notevole che assiste al rito. Restiamo in disparte cercando di ripararci dal freddo esterno senza disturbare, ma l’attesa si fa più lunga del previsto quando, alla fine della funzione, la gente comincia a uscire riversandosi nella piazzetta. Scopriamo che l’interno deve essere molto più grande di quanto sembri da fuori, a giudicare dalla quantità di persone che sciamano dal portone. Una vera folla, un fiume umano infagottato in cappotti, sciarpe e cappelli di tutti i colori che sembra non smettere più di uscire dal grande portone di ferro. Alla fine riusciamo a entrare anche noi, e scopriamo che valeva la pena aspettare per dare un’occhiata all’interno, dove stili successivi si sovrappongono e si armonizzano in maniera piacevole. Spicca su tutto il grande altare barocco che contiene la statua della Madonna col bambino, un altare sfarzoso che fa un bell’effetto scenico proprio perché si discosta decisamente dalla semplicità della navata e delle colonne sottili. Tra gli elementi più belli c’è il coro gotico, in cui l’alternarsi di luce e ombra crea un’atmosfera di grande spiritualità tipica delle chiese francescane, ma anche il decoro complicato della volta attira lo sguardo per la sua originalità. Alla fine del giro delle cappelle laterali usciamo nell’aria fredda e torniamo verso il centro, camminando fino a Mozart Platz. Qui è stata allestita una piccola pista di pattinaggio su ghiaccio, proprio di fronte alla statua di Mozart, e molti bambini la stanno già affollando divertendosi a scivolare sulle loro lame in uno svolazzio di sciarpe e guance arrossate. I palazzi intorno hanno le vetrine illuminate a festa e molti caffè sono ancora aperti per offrire dolciumi e ristoro ai turisti infreddoliti, l’aria è gelida e il terreno è ricoperto da uno strato di neve ghiacciata che disegna un tappeto candido su tutta la piazza. La statua di Mozart, sul suo cippo circondato di aiuole, è l’unica cosa che non mi piace qui, sarà per il corpo massiccio che non mi pare assomigli al fisico minuto del genio della musica, o per la posa un po’ troppo pretenziosa, non lo so, ma non mi pare proprio che questo omaggio renda giustizia al grande Maestro. Comunque, pare che qui l’importante sia ricordarlo ad ogni angolo di strada.

Lasciamo la piazza ai bambini e gironzoliamo per un po’ nelle vie principali alla ricerca di un posto dove possiamo cenare in tranquillità nonostante la festa, e alla fine, manco a dirlo, scegliamo il Caffè Mozart, sulla Getreidegasse, che offre una cena semplice a un prezzo giusto, e soprattutto un locale confortevole dove riscaldarci dopo tanti passi al freddo. Ci sistemiamo a un piccolo tavolo d’angolo, sono poco più delle sette e c’è solo un altro tavolo occupato nella saletta, e finalmente ci possiamo rilassare un po’. Un cameriere ci porta il menu del cenone e poi via via le varie portate previste, ma lo fa un po’ all’italiana, senza nessuna fretta e lasciandoci tutto il tempo di gustare i cibi e chiacchierare a lungo, mentre fuori già si sentono i primi botti che preparano la serata. Mangiamo antipasti ornati di verdure e pesce con contorni colorati, ci godiamo il dolce morbido e il vino, ci portano persino un caffè espresso che sembra vero, e intanto parliamo dell’effetto che ci ha fatto questa città, scriviamo cartoline, mandiamo auguri a casa e sbirciamo le foto sul display della macchina digitale per vedere se hanno davvero catturato le nostre impressioni di questo posto. Il tempo scorre piacevolmente, altri tavoli si riempiono di voci e poi si svuotano di nuovo, ma solo alle 11 passate decidiamo anche noi che è ora di andare ad aspettare l’arrivo del nuovo anno nella piazza del Duomo, con tutti gli altri che già si stanno radunando lì. Stiamo bene, siamo scaldati e riposati, e abbiamo evitato il caos tipico di questa ricorrenza: l’ultima cena dell’anno non avrebbe potuto essere migliore di così.

L’aria all’esterno è gelida in confronto al tepore del locale, ma d’un tratto abbiamo voglia di stare fuori in mezzo alla gente, e mescolarci a quella folla imbottita di giacche colorate per farci contagiare dall’entusiasmo della festa. Tutti camminano in direzione del Duomo, i ragazzini si scatenano nel lancio di petardi e botti e qualche luce colorata già illumina il nero stellato del cielo. Nella Residenzplatz la folla è molto aumentata, soprattutto intorno ai banchetti che vendono vino e liquori, e davanti al palco si è radunata una certa folla che sembra muoversi in modo strano. Quando arriviamo lì scopriamo il perché: un presentatore sta parlando al microfono mentre la musica suona, e vicino a lui una coppia di istruttori mostra i movimenti base del valzer viennese che la gente in piazza cerca di ripetere. E’ una lezione di ballo di gruppo! La musica parte e poi si ferma, e tutti cercano di imitare i due insegnanti che contano i passi, tra ondulamenti di cappelli di lana e inciampi di scarponi da neve. Il presentatore spiega in più lingue perché tutti, da dovunque arrivino, possano capire come eseguire i movimenti base, perché poco prima della mezzanotte dal palco partirà la musica trascinante del valzer e tutti quelli che saranno lì cominceranno a ballare insieme, per salutare definitivamente l’anno vecchio e cominciare quello nuovo danzando. Personalmente, mi pare un’idea magnifica. Dopo aver curiosato un po’ tra i progressi dei danzatori infagottati proseguiamo passando sotto l’arco e arriviamo nella piazza a fianco, già piena di gente. Qui lo spettacolo è diverso, e grandioso a modo suo. Sul lato della grande chiesa sono già sistemate file di persone pronte a godersi lo spettacolo dei fuochi d’artificio che partiranno dalla Festung Hohensalzburg, la grande fortezza simbolo della città arroccata sulla vetta del Festungsberg, in splendida mostra davanti a noi nel suo abito candido illuminato dalle luci della festa. Una struttura potente ed elegante, con torri, merli e mura massicce eppure leggera allo sguardo, sollevata com’è al di sopra di tutto il resto, e bianca come un castello di zucchero. Il trenino della funicolare continua eccezionalmente a portare gente su e giù dalla cima del monte, e una fila di piccole luci disegna la via lungo la quale le auto si arrampicano per andare a godersi lo spettacolo dei fuochi dalla cima delle mura. Botti e fuochi sparati da terra si stanno intensificando sempre più, si sentono voci parlare in molte lingue diverse ma tutte con accenti festosi, mentre al freddo della notte ci si oppone con vino caldo, abbracci e baci. Lampi di flash si mescolano alle scintille delle fontanelle di fuoco, tutti finiscono nelle foto di tutti, inevitabilmente, nel tentativo di far stare la bellezza della piazza gremita e quella della fortezza illuminata in un unico scatto. Non deve mancare molto ormai, l’atmosfera è di grande attesa e le luci si moltiplicano dappertutto insieme ai botti. Non mi piace mai quando un anno finisce, se non fosse che questa è una notte speciale per noi non ci troverei molto da festeggiare, ma stasera la vibrazione che mi arriva è buona, e non c’è malinconia in questo scintillare festoso. Mi piace essere qui in questo momento, insieme a Luca e a questa gente partita da tanti posti diversi per ritrovarsi in questa stessa piazza a salutare l’arrivo del nuovo anno.

Dato che non ci sono orologi in giro cominciamo a chiederci come faremo a capire il momento esatto in cui scoccherà la mezzanotte, quando a un tratto, potente e improvviso come un tuono, il rintocco profondo della campana del Duomo spezza l’aria della notte facendo sobbalzare la piazza intera – e dopo un attimo di sorpresa generale la festa dilaga. Baci, abbracci, canti, brindisi, la gioia divampa all’improvviso tra la gente come un incendio appiccato da un’unica scintilla. Il momento tanto atteso è arrivato finalmente e tutti salutano il nuovo anno con entusiasmo, mentre la campana del Duomo batte per l’ennesima volta i suoi antichi rintocchi di bronzo e il cielo si accende delle straordinarie luci dei fuochi d’artificio lanciati dagli spalti della Fortezza. Il 2010 è finito, il nuovo anno comincia. Che il suo tempo sia lieve, e da ricordare con nostalgia.

Sun Bear

A volte non è la volontà che manca, ma l’occasione. Si farebbero molte più cose se solo ci capitasse l’occasione giusta, cose buone intendo, per questo ogni volta che se ne incontra una è importante non lasciarsela sfuggire. Io adoro gli animali, tutti, ma diciamocelo, non avrei proprio saputo da che parte cominciare per provare a dare il mio piccolissimo contributo a chi ha scelto di dedicare il suo tempo e le sue energie ad aiutare a preservare i meravigliosi Bornean Sun Bears, i piccoli Orsi del Sole dell’Asia, in pericolo, come al solito, a causa della scelleratezza del comportamento umano.
Poi ho trovato il post sul blog di A knitting bear, ed ecco che la mia occasione mi è venuta incontro sorridendo. Non avrei mai potuto ignorarla è ovvio, le buone occasioni e il tempo sono le uniche cose che non bisogna mai sprecare.
Ho fatto la mia piccola donazione all’Ursa Freedom Project secondo le gentilissime istruzioni ricevute via e-mail, e non solo ho avuto l’opportunità di lasciar cadere la mia goccia in quello che spero sia un mare di solidarietà che circonda queste creature bellissime, ma ho addirittura ricevuto in cambio un dono. Un piccolo regalo speciale, confezionato in un pacchettino e accompagnato da un biglietto di ringraziamenti così delizioso che parlava da solo per la passione e la generosità di A Knitting Bear nei confronti di questi orsi.

Un orsetto bellissimo, lavorato alla perfezione in ogni minimo dettaglio, somigliante in maniera incredibile ad un vero Sun Bear e ugualmente adorabile. La lana è soffice, l’imbottitura morbida ed elastica, le cuciture – ma ci sono..? – praticamente invisibili, ma la cosa più bella è il muso, con gli occhietti lucidi e l’espressione simpatica e furbetta tipica di tutti i cuccioli, che ti fa venire quella voglia immediata di abbracciarli. Una meraviglia.

L’ho messo subito insieme ai nostri amici della colazione, ed è stato amore a prima vista anche per loro.

Conserverò questa piccola creatura con grandissima cura, con la speranza che ci sia sempre qualcuno tanto generoso da dedicare il proprio tempo a prendersi quotidianamente cura dei veri piccoli Sun Bears in difficoltà.

Grazie ancora ad Annalisa, per la deliziosa creazione così generosamente donata e per avermi offerto l’occasione preziosa di poter fare una piccola cosa buona.