Stavolta, anche se l’hotel è carino e lo staff abbastanza gentile, la notte a Aberystwyth è la peggiore che abbiamo passato in Galles, e forse una delle peggiori di sempre. Un forte rumore di motore simile a una ventola gigante viene dal corridoio e non smette mai per tutta la notte. Il fatto che abbiamo trovato dei tappi per le orecchie sul comodino non è stato incoraggiante, e infatti verso le 4 del mattino devo cedere e usarli, anche se non è che risolvano davvero il problema, lo mitigano solo un po’. Un vero disagio, per me che odio i rumori e amo il silenzio totale della notte. A colazione poi il sevizio è lento e la cameriera ci porta un solo ordine dei due richiesti, e io devo aspettare venti minuti per avere la mia full Welsh (si chiama così, è appurato). Meno male che qui avevo prenotato una sola notte, ma mi è dispiaciuto fare questa brutta esperienza. Speriamo resti l’unica.
Dopo il check-out prendiamo la macchina e andiamo a New Quay, a visitare il più grande centro di apicoltura di tutto il Galles. Abbiamo trovato un folder all’ufficio informazioni di Aberystwyth ieri, e abbiamo deciso subito di venite a vedere, visto che è sul percorso da fare verso la nostra prossima tappa. Ci arriviamo in meno di un’ora di strada in mezzo a un paesaggio verde pieno di pecore, campi e alberi, con sullo sfondo il mare.
La fattoria delle api ha sede al piano superiore di una vecchia cappella sconsacrata, dove sono state sistemate delle teche in vetro che permettono di vedere le api al lavoro senza pericolo di essere punti e senza disturbarle. Ci sono diversi alveari in mostra con migliaia di piccole operaie indaffarate nei loro compiti, e c’è un tunnel in vetro sul fondo di ogni teca che la collega direttamente con l’esterno, così che le api possono andare fuori a cercare il polline e poi tornare dalla loro regina.
Alcuni cartelloni mostrano abitudini e strumenti usati dagli apicoltori della fattoria, e in una stanza in fondo uno schermo mostra un filmato sul comportamento sociale di queste incredibili comunità di insetti. Davvero straordinarie, queste piccolette.
Prendiamo un barattolo di miele nello shop, e quando lo useremo a casa, ci ricorderemo di questa visita così interessante. Luca sarebbe bravissimo con le api…
Proseguiamo ancora verso sud e attraversiamo Fishguard, dove torneremo domani, fino a St Davids, uno dei centri che attira più turisti in quest’area bellissima del Pembrokeshire grazie alla sua famosa cattedrale dedicata appunto a St David, che è il santo patrono del Galles. Le sue reliquie sono sepolte qui da molti secoli, il che fa di questa chiesa un punto di riferimento molto importante per i pellegrini britannici.
In effetti, nonostante il paesino sia molto piccolo e ci siano solo 1800 abitanti circa, la presenza della cattedrale ha innalzato il paese al grado di città, e ora questa è la città più piccola del Galles e anche di tutto il Regno Unito. Un altro record da ricordare.
Arriviamo alla cattedrale verso le 14,15 e dopo un quarto d’ora comincia la visita guidata gratuita che stavamo aspettando. Un volontario del posto, molto simpatico e bravo, porta il nostro gruppo in giro per la chiesa, dentro e fuori, e ci svela un po’ dei suoi segreti. La cattedrale originale risaliva al XII secolo, costruita su resti di un monastero attivo oltre 500 anni prima, ai tempi di David in persona, che non fu un martire ma che compiva comunque miracoli. David era nato qui vicino e fu destinato a portare e diffondere il cristianesimo in Galles. Il suo nome antico era Dewi, poi divenuto David dopo l’arrivo dei normanni, e ha dato origine anche alla parola Dove (colomba della pace), ragion per cui nell’iconografia cattolica David è sempre rappresentato con un uccellino sulla spalla.
Nei secoli l’edificio originale subì molti danneggiamenti, a causa di guerre e assalti militari ma anche a causa di eventi naturali, come il terremoto che lo distrusse parzialmente alla metà del XIII secolo. Molti architetti lavorarono alla sua ricostruzione in epoche diverse, e la sovrapposizione di stili è evidente fin dall’esterno, ma i rimaneggiamenti più pesanti risalgono al 1500, al 1800 e al 1900, quando furono fatti grandi lavori di stabilizzazione e restauro della chiesa allo scopo di renderla accessibile al pubblico senza rischi.
Parte delle mura basse e del coro sono originali ma il resto è tutto successivo, aggiunto tra il trecento e il novecento, compresa la parte superiore della grossa torre quadrata che sta sopra al transetto, e l’organo che è addirittura del 2012.
Tra le particolarità di questa chiesa ce ne sono alcune davvero insolite: il pavimento è a scivolo e degrada dall’altare verso il portale anteriore, e in effetti camminando si percepisce nettamente che il terreno non è in piano ma tende a scendere verso l’esterno; le colonne che fiancheggiano la navata centrale, collegate da archi normanni, non sono perfettamente verticali ma pendono verso destra di almeno 2 gradi (‘like the Leaning Tower’ dice la nostra guida, al che noi ci facciamo vivi e gli spieghiamo che, da veri Pisani, gli possiamo garantire che il grado di pendenza dei 57 metri della Leaning Tower è praticamente il doppio di quella di queste belle colonne… ma insomma, la coincidenza è simpatica); c’è un buco a forma di fiore su una parete tra il coro e una cappella di fondo, che nessuno ha mai capito a cosa servisse; il sepolcro di St David, così venerato dai pellegrini per le reliquie che racchiude, si è scoperto poi non contenere effettivamente i resti originali del santo fondatore della cattedrale e principale promotore della diffusione del cristianesimo in Galles; davanti all’altare maggiore si trova la tomba di Edward Tudor, nonno di Enrico VIII, sepolto qui per salvaguardare l’edificio dagli sconquassi della Riforma, stratagemma astuto che di fatto funzionò, visto che Enrico impedì che la chiesa venisse completamente devastata da Cromwell, nonostante fosse cattolica, proprio perché suo nonno riposava al suo interno; in un angolo c’è una bella cappella cinquecentesca in stile gotico perpendicolare, con un interessante soffitto a ventagli che pare abbia in parte ispirato i creatori del meraviglioso soffitto della King’s College Chapel di Cambridge; le decorazioni dei pavimenti e delle finestre istoriate sono in puro stile vittoriano, e le figure hanno l’aria un po’ vaga di pellegrini smarriti, arrivati chissà come in questo ambiente di atmosfera medievale.
Insomma, un bel miscuglio di epoche caratterizza questa cattedrale, che ha almeno due elementi bellissimi che mi ricorderò: il soffitto della navata centrale, a cassettoni in legno di quercia irlandese grezza, originale del 1500 e rarissimo, straordinariamente bello nella sua nuda semplicità, solido, imperituro, e con un che di sacro che risalta immediatamente. E la facciata antica sulla quale si apre il portale principale, fatta di una pietra viola locale mai vista prima, e incredibilmente suggestiva.
Secondo la tradizione medievale che regolava la cancellazione dei peccati, Papa Callisto II stabilì che due pellegrinaggi a St Davids valevano come uno a Roma. Beh, il primo lo abbiamo fatto.
Facciamo un giro nello shop, che è dentro alla cattedrale stessa, per alcuni piccoli acquisti, quindi ci fermiamo alla caffetteria, un ambiente stretto e lungo in stile moderno aggiunto di recente, e ci gustiamo un meritato (e ottimo) cream tea. Gli scone qui sono insolitamente spolverizzati di zucchero, mai visti prima in questa versione, e quando li tagliamo per spalmarli di crema e marmellata sembrano un po’ duri, ‘originali del medioevo’ come dice Luca, invece poi si rivelano molto gustosi e friabili. Ci voleva proprio, una pausa di dolcezza.
All’uscita diamo un’occhiata al vicino palazzo del vescovo, o a quel che resta dell’edificio del trecento, e a giudicare dalle rovine intuiamo che doveva essere molto elegante e prezioso. L’elemento che ci colpisce di più è il cancello che ne delimita l’accesso, un’incredibile opera di artigianato a tema naturale che ci lascia incantati. Sia i due battenti che la ringhiera che corre intorno al confine del palazzo sono decorati da fiori, piante, foglie, tralci e piccole creature in ferro battuto create dalla mano di un artista locale, che ha realizzato davvero un’opera straordinaria. Ciuffi di foglie, ghiande, rami, fronde, ma anche ragnatele con il ragno all’opera, piccoli insetti, lumache, funghi, bruchi, farfalle, tutto tridimensionale e con un effetto realistico incredibile, un vero capolavoro di scultura in ferro. Mi piacerebbe moltissimo avere un cancello così attraverso il quale passare per entrare in casa. Vorrà dire che ci faremo ispirare da questa meraviglia, quando verrà il momento.
Alla fine della visita risaliamo su lungo una scalinata che porta in cima alla collina e facciamo una passeggiata nella piccola città di pietra, elegante e piena di fori. Negozi e locali hanno nomi ispirati al mare e alla nautica, i turisti vestono in pantaloni corti e infradito e portano al braccio borse da spiaggia, dalle vetrine fanno capolino ciambelle di gomma e ombrelloni colorati, tavole da surf e costumi, e allora ci ricordiamo che in effetti questa dovrebbe essere una delle più esclusive località balneari del Galles, ma dovunque proviamo a guardare, non c’è traccia d’acqua. Un posto di mare senza il mare, che ci lascia un po’ straniti e divertiti. Alla fine scopriamo che effettivamente la costa c’è, ma è a circa tre chilometri dal paese, e si intravede solo da alcuni punti più elevati lungo la strada. Fin qui, arriva solo il vento profumato di salmastro.
Passiamo all’agenzia dove abbiamo prenotato da casa l’escursione in barca di domattina e confermiamo la nostra prenotazione con una signora molto gentile, quindi facciamo un giro in auto fino al molo per vedere dove dovremo trovarci domani entro le 11,45.
Quando è tutto sistemato raggiungiamo il b&b di stasera, a una decina di chilometri dal paese, in un posto magnifico in mezzo al nulla di Roch, circondato solo da campi verdi e vento. Finalmente stanotte non ci saranno rumori molesti a infastidirci. I proprietari sono molto gentili, ci accolgono con calore e ci assegnano una bellissima stanza nella mansarda, con un grande letto soffice, una zona salotto, un bagno molto spazioso e una vista spettacolare sulla campagna circostante che corre piatta fino al mare. Scopriamo che i padroni di casa viaggiano molto in Europa e anche in Italia con il loro camper, e conoscono piuttosto bene il nostro paese. Ci suggeriscono un pub qui vicino dove andare a cena (in auto però, non a piedi, dato che qui intorno non c’è altro che verde e vento nel raggio di diverse miglia), e accettiamo volentieri il consiglio. The Duke of Edinburgh si rivela un locale molto carino, semplice e alla mano, con una bella atmosfera amichevole e diversi clienti già intenti a gustare la loro cena. Ci sediamo a un tavolo grande, l’ultimo libero, che poco dopo accettiamo volentieri di dividere con un un signore e una signora stranieri con cui facciamo un po’ di conversazione in misto inglese e francese, mentre ci gustiamo la nostra cena. Tornati in stanza ci facciamo un caffè e ce ne andiamo a letto presto a riposare un po’, visto che domani sarà un’altra giornata impegnativa.
Hanno sempre molte cose da fare, i pellegrini.