Il mondo di Sally

L'importante non è cosa guardi, ma cosa vedi
 
Il mondo di Sally

Magic Lolly

Fare questa mi è piaciuto proprio tanto. Perché adoro lavorare i bellissimi pattern di Alan Dart, perché in parte me la sono un po’ inventata dato che quello che volevo fare non l’ho trovato neppure sul mitico sito di Ravelry, e soprattutto perché l’ho fatta per una delle persone più gentili che ho conosciuto negli ultimi tempi, e che ormai mi piace considerare una mia amica. Per questo per lei volevo fare una creatura speciale che ricordasse la sua dolcezza e il suo carattere allegro e luminoso, e naturalmente anche la sua passione per tutto ciò che è magico.

Non so bene perché, ma fin dal momento in cui ho deciso di realizzare questo topolino ho avuto chiaro in mente che avrei dovuto utilizzare lana celeste e azzurra, come se solo questi colori mi potessero garantire l’effetto finale che desideravo ottenere. Per fare il corpo ho utilizzato lo schema base della Regina di Yore, lavorando con lana color celeste cielo e ferri di 3,5mm per la gonna e passando poi all’azzurro chiaro per il corpetto e le maniche. Zampette, piedi, muso, orecchie e coda sono fatti con lana color beige rosato, delicato come si conveniva allo scopo, mentre per il cappello a cono ho usato il pattern del cappello della dama di corte, ma personalizzato nei colori e nel piccolo velo. Una volta assemblati e imbottiti il corpo, le braccia e la testa, decorata dalla cuffia azzurra, ho ricamato gli occhi neri e la bocca e il naso rosa, e ho fissato il velo sulla spalla con una pietra celeste cielo per dare un affetto di particolare eleganza.

Ma questa topolina doveva essere magica, non solo elegante, dunque avevo bisogno di qualcosa di più speciale, dovevo trovare un modo perché la sua magia saltasse immediatamente agli occhi fin dal primo sguardo. E cosa c’è di più magico del luccichio ? Ho tirato fuori le mie bustine di decorazioni, ho scelto le paillettes e i corallini più brillanti che avevo e ho cominciato ad applicarne un giro tutto intorno alla vita della topolina, per crearle una specie di cintura luminosa. Quindi, visto che l’effetto mi pareva buono, ho continuato ad applicare paillettes argentate qua e là su tutta la gonna, e poi anche sul cono del cappello fatato, finché mi è parso che fossero sufficienti ad ottenere l’effetto che volevo.

A questo punto ero molto vicina a quella che era la mia idea iniziale, ma le mancava ancora un dettaglio fondamentale senza il quale non poteva essere completa: una bacchetta magica. Per realizzarla sono partita da un semplice stuzzicadenti di legno che ho rivestito accuratamente con della carta di alluminio, cercando di nascondere il più possibile le attaccature. In cima ho incollato due piccole stelle di stoffa di quelle che si applicano come decorazioni dei vestitini dei bambini, che avevo acquistato in merceria, e per rifinire tutto nel migliore dei modi ho passato un paio di strati di smalto trasparente con i brillantini d’argento su tutta la bacchetta, tanto per fermare bene le varie parti e dare un aspetto più luminoso al tutto.

Quando l’ho messa sul tavolo, lì in piedi davanti a me, con la sua gonna tutta luccicante, il cappello col velo e la bacchetta d’argento in mano ho avuto la sensazione di essere riuscita a fare proprio quello che volevo, e sono stata molto soddisfatta per la buona riuscita di questo progetto. La mia Lolly è dolce e adorabile come speravo, e magica quanto volevo che fosse. E’ stata dura salutarla e separarmene, ma so che l’amica che la riceverà ne avrà grandissima cura, e per questo gliel’ho mandata con tutto il cuore. E se servirà a regalarle anche solo un piccolo sorriso ogni tanto, il mio non sarà stato un lavoro vano.
Certe magie, a volte, sono più semplici di quanto non si creda.

Coco-coniglietta

E’ che a volte le cose ti parlano, le senti chiaramente, e alla fine non puoi fare altro che ascoltarle. E’ successo così anche con questo progetto. Appena l’ho visto, la prima cosa che ho pensato è stata: questa la devo fare per Serena. Ero perfettamente consapevole che avevo già moltissimi progetti in ballo, tra cui 2 scialli da cominciare, diversi animali da completare e i miei ultimi diari di viaggio da rivedere, quindi la cosa più semplice da fare sarebbe stata rimandare il tutto a tempi più propizi e meno fitti di impegni. Ma ogni volta che tornavo su Ravelry, questo pattern continuava a chiamarmi con la sua dolcezza e a sfidarmi con la sua complessità, e avevo già capito come sarebbe andata a finire. Dopo qualche misero tentativo di resistere al suo richiamo, ho lasciato perdere quello che mi suggeriva la ragione per seguire il mio istinto, e ho contattato la designer spagnola che ha creato questo progetto, la gentilissima Loly Fuertes di HandMadeAwards per acquistare le istruzioni da ricevere in PDF via e-mail. Dopo neppure 10 minuti che lo avevo stampato ero già lì che lo studiavo cercando di capire come era strutturato, che punti utilizzava, da dove cominciava a realizzare le varie parti e se prevedeva tecniche nuove che potevano essere particolarmente interessanti, mentre la solita piccola frenesia di quando devo cominciare un nuovo progetto già mi solleticava le dita.

Ho scelto le lane dalle mie scatole di gomitoli con grande cura, operazione che mi piace sempre moltissimo, e visto che in questo caso i colori non rappresentavano un problema particolare mi sono concentrata soprattutto sul filato, che doveva essere morbido e soffice ma anche compatto per evitare il rischio che una volta lavorato lasciasse intravedere l’ovatta dell’imbottitura interna. Una volta decisi i filati e i ferri (3mm per il corpo e 2,5 mm per gli abiti) ho cominciato a lavorare con la lana grigia le gambe della coniglietta, come consigliato dal pattern. Le istruzioni sono tradotte dallo spagnolo e risultano un po’ diverse da quelle dei designer di madrelingua inglese, ma mi sono abituata in fretta al linguaggio tecnico di Loly e non ho avuto problemi a seguire le varie fasi della lavorazione. Avrei solo preferito trovare maggiori dettagli sulle fasi della cucitura delle diverse parti, tanto per essere sicura di procedere nella maniera giusta, ma alla fine ce l’ho fatta anche da sola nonostante le indicazioni generiche.

Una volta fatti i piedi tondeggianti e le gambe, in cui la lavorazione è diversa per il lato destro e quello sinistro, ho realizzato le due braccia identiche e poi il corpo con l’apertura al centro dietro, per terminare con la testa ovale e le lunghe orecchie cucite doppie sul bordo del lato interno e piegate in mezzo alla base. Assemblare il corpo è stato più semplice del previsto, e il risultato finale è stato decisamente incoraggiante.

Il vestito è stato il pezzo successivo, si lavorano il davanti e il dietro separatamente e poi si cuciono insieme sulle spalle e sui fianchi. Il giacchino è stato più complicato, con il dietro intero, un davanti destro e uno sinistro e le maniche dal taglio raglan. La parte più difficoltosa, una volta cuciti insieme i vari pezzi, sono le rifiniture in lana nera, con il collo, i polsini, le tasche e il profilo dei bordi da lavorare a parte e applicare a punti nascosti sul piccolo indumento – un lavoro certosino che non presenta particolari difficoltà tranne per il fatto che tutto deve essere realizzato con minuziosa precisione per ottenere un effetto finale pulito e accurato.

Fare le culottes – che nel progetto originale erano azzurre ma che secondo me non potevano che essere rosa per questa coniglietta – e la borsetta rossa con le CC ricamate è stato assolutamente divertente e anche semplice, e mi ha dato quella soddisfazione speciale che si ricava dalla riuscita di quei piccoli dettagli che riescono a rendere davvero perfetto un progetto complesso.

Una volta fatto indossare il vestito alla coniglietta, ho finalmente ricamato anche il suo musino, un’operazione che generalmente lascio per ultima quando realizzo i miei animali, e che ha dato definitivamente vita a questa deliziosa e scicchissima creatura.

Alla fine restavano solo da sistemare le catene dorate e le perle intorno al collo, per un effetto finale Chanel-style che era proprio quello che aveva attirato la mia attenzione fin dall’inizio e che ha fatto scattare la molla del mio desiderio di realizzare questo progetto.

Le perle ce le avevo in una delle mie scatoline di cianfrusaglie miste, messe lì un po’ alla rinfusa che però conservo perché non-si-sa-mai-un-giorno-potrebbero-servire, e che infatti si sono rivelate perfette. Per le catene è stato meno semplice perché non avevo nulla di simile in casa, e quel che è peggio non avevo neppure idea di dove andarle a cercare. In merceria hanno catenelle molto più sottili, mentre nei negozi per il Fai-da-te hanno cose molto più grossolane e pesanti. Mi ha salvato una ferramenta molto fornita della zona che aveva queste piccole catenelle dorate a maglie larghe lunghe solo 25cm, di quelle che servono per fermare la corsa di certi sportelli di ribaltine quando si aprono, e che però hanno ai due lati un fermo con due fori che permette di avvitarle al legno dello sportello da un lato e a quello del mobile dall’altro. Quando ho spiegato che mi servivano solo le catenelle senza nessun fermo il negoziante mi ha chiesto come avrei fatto poi ad avvitarle al mobile, e a quel punto ho dovuto spiegargli a quale scopo mi sarebbero servite in realtà… Lui non si è scomposto più di tanto, ha solo sorriso e, benché un po’ dispiaciuto, ha tolto via i 4 finali con una tronchese, in modo da rendere le catenelle adatte al loro utilizzo speciale. Al posto dei fermi ho passato un nastrino sottile di raso bianco e ho legato le catene al collo della coniglietta con un piccolo fiocco. Et voilà, Coco era pronta, dopo neanche troppi giorni di lavoro e un po’ di semplice ingegno.

Sono molto soddisfatta di come è venuta alla fine, e sono contenta di aver dato retta al mio istinto e aver lasciato perdere tutto il resto per dedicarmi a questo progetto. Era molto importante per me che questa coniglietta venisse perfetta perché, come Violetta, era destinata ad una persona molto molto speciale che sa riconoscere la vera classe a colpo d’occhio, e non avrei mai voluto deluderla. Ci tenevo soprattutto che avesse quell’aria francese e très chic che un abito Chanel è capace di dare a qualunque donna – perfino a una con i piedi paffuti e le orecchie lunghe – e direi che Mademoiselle Coco ha dimostrato la grandezza del suo talento anche in questa occasione.

Toy Story 3

Aspettavo questo film con un misto di impazienza e timore, come quando non si vede l’ora di rivedere dei vecchi amici che si ha molta voglia di riabbracciare e che allo stesso tempo si ha paura di non riconoscere più, irrimediabilmente cambiati da tutto quello che è successo negli anni che ci hanno tenuti lontani. Il fatto è che sapevo che questa sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo incontrati e non avrei sopportato l’idea di una separazione deludente dopo tanta gioia – sarebbe stato semplicemente intollerabile. Loro rappresentarono, ormai 15 anni fa, l’avverarsi del mio sogno di bambina: giocattoli che si animano di vita propria quando nessuno li vede, e che non hanno altro desiderio che appartenerti e giocare con te ogni momento. Una magia che ho riconosciuto all’istante, e che si è rinnovata intatta con la seconda avventura del 1999. Così, quando mi sono seduta nuovamente nel buio della sala per l’ultimo atto di questa saga speciale e ho infilato i miei occhiali 3D – segno della straordinaria evoluzione del digitale alla quale proprio loro dettero il via – il cuore mi batteva veloce per l’emozione.
Poi il film è cominciato, e in una manciata di minuti ogni mio timore è svanito lasciando spazio alla meraviglia pura. In pochi istanti ho ritrovato gli amici che conoscevo, ognuno col suo carattere distintivo, le sue piccole manie e il suo immenso cuore, ed è stato come ritornare a casa. Woody, Buzz, Jessie, Rex, Slinky, Bullseye, Mr e Mrs Potato, Hamm, gli alieni di Pizza Planet, tutti lì pronti a dare inizio a una nuova grande avventura, che poi è sempre la stessa che ognuno di noi vive ogni giorno, giocare a imparare a diventare grandi.
Dopo aver visto “UP!” ero sicura che non sarebbe stato possibile fare un altro film di animazione con un inizio altrettanto straordinariamente commovente e poetico, ma questa è la Pixar, e io mi sono ritrovata ancora una volta lì, con gli occhi lucidi, a guardare scorrere sullo schermo le immagini familiari del piccolo Andy impegnato in un gioco infinito con i suoi amici di sempre, catapultata con lui in un passato in cui il tempo e lo spazio sono come la fantasia li inventa attimo dopo attimo e tutto è possibile e nulla assurdo.
Poi il lento ritorno al presente, Andy è cresciuto e deve partire per il college mentre i suoi vecchi giocattoli sono chiusi nel baule a interrogarsi sul loro futuro incerto, diviso tra la misera speranza di essere mandati in soffitta a giocare da soli e la paura di finire dritti nella spazzatura. La svolta della storia arriva sottoforma di un banale equivoco a causa del quale i nostri eroi si ritrovano a vivere una serie di incredibili avventure per riuscire a fuggire da un asilo-lager guidato dal terribile Lotso, un orsacchiotto fucsia che, contrariamente al cliché classico di pupazzo adorabile, ha l’anima più nera di una notte senza luna. Suo fedele braccio destro è l’inquietante bambolotto Bimbo, che il trauma dell’abbandono ha trasformato in una specie di zombie triste pronto ad obbedire ciecamente agli ordini del suo capo profumato alla fragola. Con loro ci sono dinosauri di gomma, telefoni parlanti, piselli nel baccello, unicorni e polpi di peluche, un clown cinico protagonista del più straordinario episodio di flashback animato che mi sia mai capitato di vedere e una strepitosa coppia Barbie-Ken che sarà assolutamente impossibile dimenticare.
La storia della grande fuga scorre tra un colpo di scena e l’altro, si passa dalle risate per l’imprevedibile trasformazione di Buzz – forse il mio preferito – in un ballerino di Flamenco che parla spagnolo, alle lacrime per la drammatica fine che sembrano destinati a fare tutti insieme nell’inceneritore della discarica dei rifiuti, in un crescendo tecnicamente ed emotivamente così perfetto e coinvolgente come non era mai successo prima neanche in questa incredibile trilogia. Una trama complessa e articolata che nelle varie fasi della rocambolesca avventura permette a ognuno dei giocattoli di tirare fuori il meglio delle emozioni che ha nel cuore: paura e speranza, coraggio e dolore, senso di colpa e solidarietà, e devozione assoluta al bambino al quale appartiene. In questo Woody è protagonista su tutti, e ancora una volta il suo profondo senso dell’amicizia sarà la chiave per risolvere ogni problema e riuscire a riportare tutti a casa sani e salvi.
Alla fine è lo stesso Woody a suggerire a Andy quella lezione che sembrava troppo dura da accettare perfino per lui: per un bambino che ormai è cresciuto, ne esistono molti altri pronti a passare ore e ore a inventare mondi fantastici insieme ai loro giocattoli. Per questo, per quanto triste possa sembrare, l’unica cosa giusta che Andy può fare è donare i suoi compagni di tante avventure ad un’altra bambina, Bonnie, perché da quel momento in poi sia lei a gioire della loro compagnia e del loro amore totale ed esclusivo, e perché la loro esistenza continui ad avere un senso e uno scopo.
Ed è proprio quello che Andy farà, non prima però di aver giocato con loro per un’ultima volta come un tempo, per ringraziare i suoi vecchi amici di tutte le ore felici passate insieme. Le immagini finali di Andy e Bonnie che giocano con Woody, Rex e gli altri della gang sono tra le più commoventi di tutta la trilogia, perfettamente capaci di intrecciare in pochi meravigliosi minuti la felicità bambina di Bonnie con la dolce malinconia di Andy, consapevole che quella sarà la sua ultima occasione di giocare ancora con i suoi amati compagni prima di dire loro addio per sempre. La magia sta nel fatto che comunque, mentre giocano insieme, Andy e Bonnie vanno al di là di qualunque età e di qualunque tempo, condividendo l’emozione pura del piacere di creare nuovi fantastici mondi dove essere protagonisti con i loro giocattoli.
Se c’è una lezione che il bambino che è in ognuno di noi può imparare da questo meraviglioso film forse è proprio questa: crescere non deve per forza significare perdere la capacità di giocare – e di sognare. Perché l’affetto e l’amicizia superano qualunque barriera, e qualunque sia la nostra età, è sempre là che ci può portare la nostra fantasia, “verso l’Infinito – e oltre ! ”.
Grazie, ragazzi. Non vi dimenticherò.